deambula records Tag Archive

Was – New Place Soon Old

Written by Recensioni

A tre anni di distanza dall’album di esordio After Dinner (Canebagnato 2010), il singer-songwriter Andrea Cherchi, in arte Was, torna con il suo secondo lavoro in studio intitolato New Place Soon Old edito per Deambula Records. Dopo l’ottima opera prima acclamata da pubblico e critica, i rischi di cadere nel banale e ripetersi erano tanti. Il giovane cantautore sardo, invece, devia leggermente il suo percorso artistico distaccandosi da quelle atmosfere notturne di un Folk moderno che ci ricordavano alla lontana il mostro sacro Nick Drake mischiato con l’originalità di Sparklehorse per abbracciare, con la sua placida voce sempre più identificabile e riconoscibile, una dimensione Pop-Psichedelica senza perdere l’inclinazione Lo-Fi.

Un lavoro di minor impatto, ma decisamente più maturo e completo grazie soprattutto all’ottimo nugolo di musicisti che lo accompagnano e che regalano all’album un atmosfera disincantata ed onirica. Nonostante i ritmi a tratti più vivaci come nella canzone di apertura “In The Spring” o nella ritmata “Plastic Man”, con un sound fatto di toy board, mellotron ed echi di smandolinate (vedi “Cold Song”) Was, nelle nove canzoni che compongono l’album, non abbandona la sua attitudine artistica malinconica e nostalgica. Una condizione di malessere e di solitudine veleggia sempre all’interno album, anche se, per una volta, l’isolamento vissuto  come momento positivo di cui godere, “I lay here, i’m feeling very fine”, canta in “In a Cloud”, non solo dunque come condizione obbligata per il disagio sentimentale come nella dolce “Alpaca”.

Sebbene i testi siano più articolati rispetto al passato, usa la sua voce concentrandosi più sulla melodia che sul messaggio, non cerca di comunicare nulla di importante al mondo esterno, i nove pezzi rappresentano una dimensione  intima fatta di sogni, episodi surreali ed emozioni che cerca di descrivere con l’aiuto di un sound evocativo. Ognuno sarà comunque libero di percepire ciò che vuole dai turbamenti e dalle emozioni della sua musica, anche perché Was non proverà certamente spiegarvele, “There is no time to explain and i dont mind “ recita in “Fallen Stars”.

Read More

Ulan Bator – En France/En Transe

Written by Recensioni

Forse non sarà un caso se Michael Gira degli Swans ha definito gli Ulan Bator una delle migliori band francesi degli ultimi trecento anni, forse ne sarà contento il mentore tutto fare Amaury Cambuzat, forse dobbiamo essere contenti un pochino tutti quanti quando questi francesi decidono di entrare in studio di registrazione. Lo hanno fatto ancora e questa volta il loro disco En France/En Transe stravolge completamente le regole del suono caricando pericolosamente a morte una molla pronta a schizzarti sulla faccia. Si sente molto la ricerca del suono e la mano del (anche) produttore Cambuzat non lascia mai niente al caso, minuziose ricerche sonore per garantire un effetto suggestivo e innaturale. En France/En Transe è un lavoro decisamente non umano, uno stravolgimento surreale della realtà, maniacale cura delle piccole sfaccettature dove il diavolo riesce a nascondersi per dare quel tocco “bastardo” al sound del disco. Perché diciamo pure sinceramente che le band che riescono ad avere quei “suoni” sono veramente poche, una dote che distingue nettamente gli Ulan Bator da tutto il resto, loro ne sono consapevoli e sfoggiano questa loro grandezza ad ogni produzione. Questo album in particolare è un vortice irrequieto di sensazioni forti, lo stomaco stringe forte per tutta la sua durata non lasciando mai spazio alla tranquillità, un totale stato di agitazione dalla quale non si riesce ad uscire con le proprie forze. Già dal primo pezzo “Take Off” la sensazione di soffocamento è fortissima, nel seguire del disco le chitarre sono rovinosamente belle e la ritmica è talmente sporca da piacere all’infinito, un concept quasi interamente strumentale con gorgheggi vocali ai limiti della normalità.

E’ sempre bello avere a che fare con dischi di questo livello, è sempre particolarmente bello ascoltare le opere di musicisti di indiscusso talento continuare a scrivere pezzi di questa caratura nonostante tantissimi anni di musica sulle spalle (li ricordo in tour con i CSI tantissimo tempo fa), la voglia di rimettersi continuamente in discussione sembra essere il patto che gli Ulan Bator hanno stretto con il demonio, lo stesso che rende diabolici i brani di En France/En Transe. Il paradiso è tutta un’altra cosa, la musica rock non gli appartiene, a questa band piace scaldarsi tra le fiamme rosse della passione. Lasciamoci conquistare dalla musica degli Ulan Bator buttandoci nell’ascolto di questo disco in completo abbandono e con l’intenzione seria di farsi del male, una mantide pronta a sferrare un colpo mortale, una band da ammirare e portare alta tra le glorie della musica moderna. Gli Ulan Bator dimostrano di essere più vivi che mai registrando un disco superlativo sotto ogni punto di vista,  En France/En Transe supera tutti i concetti di sperimentazione, provatelo e rimarrete schiacciati. Se cercate ancora qualcosa di emozionante nella musica questa è l’occasione che non potete lasciarvi scappare, c’è veramente tanto da imparare da questi maledetti francesi.

Read More

Les élites en flammes il video tratto dal nuovissimo album degli Oslo Tapes

Written by Senza categoria

Les élites en flammes – video tratto dal nuovissimo album degli Oslo Tapes intitolato “Oslo Tapes (un cuore in pasto a pesci con teste di cane)”
2013, DeAmbula Records, Dischi Bervisti, Acid Cobra Records, DreamingGorillaRec, Overdrive, Atelier Sonique.
Le riprese del video sono state effettuate ad Oslo (la capitale che ha ispirato il progetto) e montate successivamente secondo lo spirito che contraddistingue la band e i suoi elementi…semplicemente DIY.
OT
Prodotto da Amaury Cambuzat degli Ulan Bator/Faust il disco vede la collaborazione di musicisti come Nicola Manzan meglio conosciuto con il progetto Bologna Violenta.

Read More

Oslo Tapes – un cuore in pasto a pesci con teste di cane

Written by Recensioni

Nella musica uno degli elementi fondamentali è emozionare l’ascoltatore, non importa il tipo di emozione provata, l’importante è emozionarsi. Ognuno di noi deve farlo per sentire viva quella parte intima che altrimenti rischierebbe di soffocare.

Ed ecco che Marco Campitelli (The Marigold e Deambula Records) incontra l’estro passionale del sempre attivo Amaury Cambuzat per dare vita al progetto Oslo Tapes  (un cuore in pasto a pesci con teste di cane), atmosfere cariche di nuvole pesanti sopra un cielo rumoroso di quasi primavera. Non c’è molto da rivendicare se pensiamo ad un disco ricco di spunti melodicamente sporchi e pieni di significato, non credo tanto nella banale categorizzazione del semplice rock italiano, qui abbiamo tanto nord Europa dentro picchiato a forza dalle chitarre comandate come fossero angioletti cornificati dall’esperienza di Cambuzat. Campitelli sorride come un diavolo quando può avvalersi della complicità artistica di musicisti come Nicola Manzan e Giole Valenti (solo per citarne alcuni), il prodotto finale assume uno spessore rilevante al quale bisogna in ogni caso rendere omaggio, la differenza si sente. Impercettibili vibrazioni mandano in affanno il cervello.

Oslo Tapes al contrario di una tradizione passata adottata dalle produzioni vicine a Campitelli che voleva solo liriche in inglese inizia una sperimentazione dei testi (se pur brevi) in italiano, possiamo considerare questa scelta molto importante ai fini della divulgazione nei circuiti indipendenti italiani che non vedono di buon occhio lo sperperare della lingua britannica ai soli fini d’esportazione e musicalità. Insomma, siamo Italiani e nonostante tutto ci piacciono anche i pezzi cantati in italiano. Oslo Tapes (un cuore in pasto a pesci con teste di cane) racchiude undici brani diversi ma con un percorso molto concettuale, situazioni mistiche in ambienti prevalentementi cupi, la new wave indirettamente trova il proprio spazio all’interno del disco, ascoltare brani come Distanze e Attraversando per farsene un idea precisa. La vita non lascia certezze a cui aggrapparsi, meglio perdersi in infinite spirali senza fine (Nove Illusioni e Tremo) per dimenticare di essere sovrastati da un sistema brutto e decisamente pesante. Il finale viene affidato ad una ballata profonda (Crux Privèe) alla quale il progetto Oslo Tapes decide di affidare la firma dell’intero lavoro senza nessuna remissione di peccato.

Era tanto tempo che non mi caricavo di tanta fragilità mentale, Oslo Tapes suona come un ipnotico
gioco di prestigio in una serata di pioggia, un progetto molto importante per la sperimentazione musicale tricolore, qualcosa che riesce a smuovere le menti della gente.
Qualcosa di tendenzialmente bello e importante. Il disco uscirà il 12 Marzo, nel frattempo qui sotto vi lasciamo un assaggino.

Read More

Oslo Tapes – intervista a pesci con testa di cane

Written by Interviste

Oslo Tapes (un cuore in pasto a pesci con teste di cane) è il progetto di Marco Campitelli dei Marigold prodotto e suonato (anche) da Amaury Cambuzat. Il 12 Marzo l’uscita ufficiale del disco. Cerchiamo di capirne qualcosa in anteprima, tra il cinema di Tarkovsky e le prestigiose collaborazioni della musica italiana presenti nel disco.

La musica di Oslo Tapes sembra essere perfetta per una colonna sonora, una musica che vuole essere vissuta, sbaglio?
Penso di sì, un pò in tutto quello che compongo si possono ritrovare delle “visioni”,  alcune personali, altre volte influenzate dal cinema (il cinema di Tarkovsky per quanto riguarda il disco degli Oslo Tapes)

Cosa spinge Marco Campitelli a creare questo progetto?
E’ da molto tempo che nel mio” studio” orbitano delle idee, pensieri e brani che non sempre trovavano collocazione adatta nei Marigold. Da qualche anno ho deciso di  dedicarmi in modo più sistematico alla cosa iniziando a “scomporre ” brani e organizzare le parole intorno ad essi.

Amaury Cambuzat suona e produce il disco, cerca di spiegare l’importanza di questo personaggio all’interno del disco?
Amaury da molti anni a questa parte ha sempre sostenuto le mie idee producendo i dischi dei Marigold…e mai come questa volta si è rivelata la persona più indicata per dirigere il lavoro nel suo complesso. La maggior parte del disco è stato registrato e composto da me e da lui in circa 4 giorni, solo con lui sarei riuscito a far tutto in modo così diretto. Amaury oltre ad essere un grande musicista è un bravissimo arrangiatore…e sa aiutarti a farti diventare un “vettore”, un mezzo per cui far passare la musica.

Musicisti eccellenti nelle collaborazioni, ne vogliamo parlare?
Volevo realizzare/arrangiare dei brani con persone che stimo stilisticamente e con il quale sto bene sul piano umano. Sono davvero molti quelli hanno contribuito alla riuscita del disco e tutti sono degni di nota. A partire dagli amici ed ottimi musicisti Valerio Anichini, Mauro Spada e Luca Di Bucchianico, Wassilij Kropotkin (La duma e King of the Opera) e Andrea Angelucci (Zenerswoon) con la loro versatilità e capacità compositiva, la precisione e la cura di Stefano Venturini e Alessia Castellano (Werner), Irene Antonelli  e Ferruccio Persichini (TV Lumieré) con i quali condivido un certo immaginario e scelte musicali, Gioele Valenti (Herself) fraterno amico e grande musicista che mi offre spesso utili consigli e intuizioni e infine Nicola Manzan (Bologna Violenta) musicista e arrangiatore di altissimo livello. Il tutto amalgamato e supervisionato dall’immancabile Amaury Cambuzat. Come sempre poi l’artwork del disco è sempre curato da Kain Malcovich, disegnatore e scrittore che ruota intorno al mondo della DeAmbula Rec.

Oslo Tapes ( un cuore in pasto a pesci con teste di cane )  titolo molto teatrale ad effetto, perché?
Il titolo dell’album è uscito fuori all’ultimo momento, doveva essere un omonimo, ma come ci insegna il buon Gioele Valenti, è l’ album a “reclamare” il suo titolo, OT ha reclamato il suo sottotitolo poco prima di andare in stampa. Si stratta degli ultimi versi cantati nel disco “un cuore in pasto a pesci con teste di cane” (in Crecefissione Privée) più che teatrale è un riferimento alle “visioni” che ho citato prima.

Un disco molto compatto ed emotivo, la gente apprezzerà? O pubblico di nicchia?
Mi suggerisci la risposta: per un pubblico emotivo, ma sicuramente appassionato di sonorità sperimentali.

Dopo l’uscita si parte per il tour promozionale del disco, novità nell’esecuzione live, tappe del tour, insomma, anticipaci qualcosa?
Il tour verrà realizzato in solo, ma non in veste “soft-cantautorale” i brani verranno suonati con un carattere molto sperimentale, mi alternerò fra chitarre, synth, loop a bassa definizione e qualche tamburo. In alcune tappe mi accompagneranno Ferruccio e Irene dei TV Lumiére, o Francesco e Andrea. Non mancheranno qualche incursione di Cambuzat e Manzan.

Il disco sarà distribuito soltanto in Italia? Sotto quali etichette/distribuzioni?
Il disco è stato prodotto da diverse label tra cui la mia DeAmbula Records, la Acid Cobra Records di Amaury Cambuzat che curerà la distribuzione francese, la Dischi Bervisti di Nicola (Manzan) e Nunzia, Atelier Sonique del caro amico Bonfo, gli instancabili ragazzi di Dreaming Gorilla Records e Overdrive Records. La distribuzione in Italia sarà curata da Audioglobe che si è interessata al progetto con entusiasmo.

Ho avuto la fortuna di ascoltare il disco in anteprima e i miei giudizi non possono che essere molto positivi, vuoi parlarci del disco menzionando qualcosa a cui tieni?
Sono felice che ti piaccia

Grazie Marco, in bocca al lupo!
Grazie a te Riccardo per la cortesia e l’attenzione che rivolgi alle nostre produzioni.

 

Read More

Herself – Herself

Written by Recensioni

Tutto sta a capire cosa uno si aspetta  dalle proprie canzoni. Se uno si prefigge, con i propri suoni e musica, di portare novità o innovazioni importanti o, più semplicemente, di scrivere belle canzoni, magari nella speranza, neanche troppo segreta, che restino nel tempo. Gioele Valenti, in arte Herself, vive nella seconda ipotesi, vive, galleggia e fa galleggiare in un sogno musicale e poetico che punta all’eternità delle piccole cose per cui ascoltare musica è beatitudine e privilegio assoluto; un musicista folkly delicato, alto, un musico a tutto tondo che si candida a lasciare segni profondi nei nostri ascolti.

Questo nuovo ed omonimo disco dell’artista siciliano è un cento per cento di foschia e grazia lo-fi, una commuovente precisione di creazioni mid-acustiche che, tra un impianto classico di cantautorato inglese e le forme d’arte che solo l’intimità riflessa può disegnare, dimostrano una peculiarità ricca di dettagli e passioni come in certi allunaggi poetici di Sparklehorse “Funny creatures”, Paul SimonTempus fugit” con il violoncello di Aldo Ammirata, Nick Talbot e Third Eye Foundation Here we are”, quelle quadrature suadenti pop che collimano e si strusciano con un post-rock vellutato, ballate di divina flemma oziosa “The river”, “Tempus fugit #2”, e tutti gli armamentari che portano l’ascolto sulla vetta di un’intesa splendida quanto immaginifica.

Un piccolo Paradiso in un tondo di plastica? Sicuramente, tredici tracce di dolce malinconia tutta Inglese che si tagliano con un soffio d’aria, un qualcosa che gira e che quest’artista mette in ordine come un abbecedario di poesia cristallina da sentire e non toccare, il caracollare soffice “Passed away”, il vuoto espressionista di “Sugar free punk rock”, la profondità di una spennata acustica di una notte al confine con l’alba “How you killed me”, si l’effetto di stare dentro una cristalleria è forte e l’attrazione di volare per non rompere nulla è ancor più forte, viva.
Anche Amaury Cambuzat degli Ulan Bator e Marco Campitelli dei The Marigold sono della partita, condividono con Herself queste stille di suoni e parole che cadono senza mai stancarsi, una pace che traspira gioia ma anche dolore e solitudine.
Emozioni e brividi assicurati.

 

Read More

The Marigold – Let the Sun

Written by Recensioni

Ho sempre avuto un legame speciale con il sound dei The Marigold, quella cupezza dark wave figlia dei miei insistenti ascolti, un amore sincero al quale non posso tirarmi indietro. E non lo farò di certo adesso. Non li ho mai cercati in verità, sono arrivati a rendere omaggio al genere più suggestivo del mondo. Io li amo per questo. Dopo tre dischi elogiati dalla critica e non solo, i The Marigold decidono di ristampare il loro pezzo forte Tajga (terzo album) accompagnato da un EP Let the Sun in collaborazione con Alessandra Gismondi presa in prestito dai Pitch, una nuvola nera inizia lentamente a coprire il cielo. Poi la pioggia.
Quattro pezzi, l’inedito Let the Sun e tre brani ripresi dalle ultime live performance della band, Degrees, Exemple de Violence e Erotomania, tutto ancora fuori per Deambula Records / Acid Cobra. Ho perso il sapore della primavera fresca d’ingresso durante gli ascolti dell’EP dove Let the Sun sarà per la novità, sarà per la bellezza riesce a cambiare la stagione del mio umore mettendolo a proprio agio con la persona che effettivamente vorrei essere, non afferro mai il vortice delle chitarre, le voci si mischiano in un mix di dolore e piacere. Tanti sussurri scavano solchi indescrivibili. Poesia del genere. Ritmica forsennata.

Oggi non ho voglia di piangere, mi trattengo, devo uscire. Poi avanzo con i brani live, poca la differenza con le studio version, lo spessore che divide i The Marigold dalle altre band inizia ad alzarsi parecchio, niente è per caso, alla fine tutti i nodi vengono inevitabilmente al pettine. Un Requiem dark inneggiante alla musica “sincera” dove i The Marigold giocano un ruolo fondamentale tra sacro e profano, musicisti e musicanti di questo nuovo tassello della sempre più importante new wave italiana. Siamo tutti malati, cerchiamo una cura. Sarà magari questa?
Stiamo a guardare, in fondo non ha mai venduto un cazzo la new wave.

 

Read More

Ka mate Ka ora – Morning regret é il nuovo video! Guarda ora…

Written by Senza categoria

MORNING REGRET è il nuovo video dei KA MATE KA ORA tratto da “Entertainment in slow motion” (2010, DeAmbula Records – DEAR 008)
Regia di Francesco Brancacci.

Read More