Death Metal Tag Archive
Resumed – Alienations
Written by Vincenzo Scillia• 16 Maggio 2015• Recensioni
Arrivano direttamente da Sulmona i Resumed, un affiatato quartetto che propone un tecnico e progressivo Death Metal. Nati inizialmente nel 2007 sotto il moniker di Holy Terror, soltanto dopo due anni di attività rilasciano un EP. Ora la band si mette in gioco con il proprio esordio discografico fatto di alti e bassi intitolato Alienations. Da subito si nota la somiglianza (influenza) con band come Death e Dissection. Il punto di forza di questo disco è costituito senza dubbio dal lavoro svolto in sala di registrazione e successivo missaggio, infatti, notiamo un sound pulito e senza sbavature che riesce a mettere a fuoco ogni singolo suono. Per il resto purtroppo ci troviamo di fronte a qualcosa di piatto e con poca personalità. Sembra di ascoltare un disco di Schuldiner o di Nodtveidt senza mai provare il gusto della novità. Il Death Metal negli ultimi tempi sta sfornando un’orda di band e crearsi un proprio spazio diventa difficoltoso, il rischio costante è quello di emulare quello già fatto in passato. I Resumed cuociono nel pentolone dell’ovvietà. C ‘è da dire comunque che tecnicamente sono prestanti, ognuno di loro mette in mostra le proprie qualità tecniche che però non riescono a dare grandi risultati quando bisogna amalgamare il tutto. I riff sono taglienti e pomposi, il cantato in growl è di classe e la batteria rimbomba ma è troppo poco per un disco che deve farsi notare. Sembra che in Alienations si sia cercato di unire troppe cose nel tentativo di partorire un buon lavoro prendendo un po’ qua e un po’ la. Per intenderci: in media, la durata delle otto tracce è di quattro minuti e in questo tempo tutto appare ripetitivo. Insomma, buoni musicisti ma senza anima, personalmente aspetto il prossimo disco, magari faranno un passo avanti. Hanno ottime capacità e dunque le possibilità per creare un disco di un certo spessore ci sono tutte. Aspettiamo novità.
Bombs of Hades – Through the Dark Past
Written by Vincenzo Scillia• 7 Ottobre 2014• Recensioni
Chitarre come lame taglienti, un basso incandescente ed una batteria micidiale quanto una sfuriata di possenti cazzotti, la primissima premessa per presentare una band che (in circa dieci anni) ha sfornato due lodevoli dischi (e mini lavori) da sorreggere sopra un piedistallo. Through the Dark Past è la prima raccolta degli svedesi Bombs of Hades, un platter che racchiude tutti i principali pezzi degli split e delle demo di Jonas e soci dal 2006 ad oggi. Si tratta di un lavoro che ripercorre i momenti salienti del gruppo attraverso cavalli di battaglia che, nel bene o nel male, rappresentano il loro percorso artistico. La cosa interessante è che i vecchi pezzi, quelli delle demo dal sound più primitivo e da “scantinato”, li ritroviamo in questa raccolta con un sound più elaborato e pulito. Per rendervi meglio l’idea ci troviamo “Coffin” preso da Meathook Diares, il loro primo demo incluso anche nell’ EP del 2008 intitolato Carnivores. Oppure le furiose “Until Death” e “Inside Teradome” dallo split con gli Usurpress datato 2011 e sempre dello stesso anno anche lo split con i Tormented. Insomma, del materiale che scotta. Non mancano inoltre le cover che in un modo o nell’altro fanno il loro effetto: ascoltare “The Day Man Lost” dei Carnage, “Clean Your Head” dei Loud Pipes, “I’ll Be You Sister” dei leggendari Motorhead, “Evil Dead” dei Zekel o “Mangled Dehumanization” dei grandiosi Death Strike in chiave Bomb of Hades. Tutto questo non ha prezzo. L’unica perplessità sono i tempi dell’ uscita, Through the Dark Past esce lo stesso anno del loro terzo full lenght intitolato Atomic Temples. Personalmente, secondo una logica di mercato, non trovo saggia questa scelta dei ragazzi svedesi, penso sia una mossa che potrebbero permettersi band di una certa fama come Iron Maiden, Metallica o Slayer. Loro hanno già fan disposti a tutto, in questo caso le cose potrebbero non essere scontate come sembra. Ad ogni modo Through the Dark Past rappresenta un ottimo inizio per poter riscoprire questi macigni svedesi che, credetemi, hanno molto da mettere in mostra. Detto ciò non resta altro da fare che procurarsi questo disco dei Bombs of Hades. Resterete soddisfatti!
Demonical – Darkness Unbound
Written by Vincenzo Scillia• 3 Febbraio 2014• Recensioni
C’è poco da lamentarsi sui Demonical, tra le nuove (più o meno) leve del Death Metal sono i primi della classe e riescono a cogliere sempre il centro: conoscono i giusti dosaggi di riff, blast beat e assoli per creare un pezzo degno di nota. Darkness Unbound è la nuova fatica di Sverker e soci, una ventata di freschezza per il genere di cui loro fanno parte nonostante scimmiottino talvolta i Dismember. Ricordo ancora con ammirazione il loro penultimo disco, Death Infernal, un lavoro che, come questo, mi rese felice, assicurandomi che, nella scena Death, non stavano presenziando solo pupazzetti privi di idee.
Chiaramente in questo nuovissimo Darkness Unbound non c’è nulla di innovativo o di originale ma la capacità del gruppo di assestare possenti riff ed assoli in un sound limpido e pulito è un qualcosa di veramente interessante. In “The Order” (cavallo di battaglia tra l’ altro) si riesce a cogliere perfettamente quella loquace melodia che rende la traccia ancora più appetitosa. In “Contempt and Conquest” si sottolineano le levigate parti blast dei Demonical ed anche i giri di riff sono una sorta di specialità in questa traccia. Passando a “Words Are Death” e “Deathcrown”, due tracce che mettono in risalto la vera cattiveria e aggressività dei ragazzi svedesi, palese come non risparmino nulla tra riff, batteria che sembra un vero e proprio rullo compressore ed assoli. Ve l’ho detto, in queste nuove orde di band Death Metal i Demonical sono quelli che più riescono a proporre qualcosa di sensato e godibile; hanno tecnica, audacia, grinta, insomma le caratteristiche giuste per “sfondare”. Un gruppo che ho ascoltato e seguito con piacere e spero soltanto che non si perda per la strada ma lasciamoci questo pessimismo alle spalle e poghiamo con Darkness Unbound che credetemi male non vi farà.
Repuked – Up From The Sewers
Written by Vincenzo Scillia• 13 Novembre 2013• Recensioni
Gli anni di esperienza e di gavetta servono e i Repuked lo sanno benissimo, soprattutto perché sono perseveranti nella loro attività che non significa solo suonare in piccoli locali ma anche sfornare piccoli (capo)lavori. È vero che il quartetto svedese è giunto al secondo full lenght intitolato Up From The Sewers, ma alle spalle ha anche due demo ed un EP oltre, chiaramente, a Pervetopia, il disco d’ esordio. In questo secondo disco i quattro ragazzi si distaccano un po’ dal sound putrido degli inizi e questa volta sembra non ci tengano troppo al suono grezzo e sporco; è vero che i riff sono graffianti e rimbombanti ma l’ atmosfera da garage è andata un po’ perdendosi e cosi, il sound dei Repuked è più pulito, più elaborato. Certo, l’innovazione li ha intaccati ma non troppo ; le nuove tecnologie sono utili dal momento in cui si vuol creare una nuova proposta musicale, ma, detto con sincerità, il Death Metal è un genere che il suo fascino lo mantiene con le vecchie strumentazioni ed il vecchio marciume. Anche per questo, almeno per il sottoscritto, il disco d’ esordio o i primissimi album di un gruppo Death sono spesso i migliori in quanto basati su un sound grezzo e povero, quasi allo stato brado.
Up From The Sewers con molta probabilità, grazie ad una registrazione più vintage avrebbe reso meglio eppure il prodotto è discreto; come già detto prima, questo tipo di innovazioni è stata di poco ingombro, in fondo, e alla fine si tratta di un lavoro che i fan di colossi come Entombed, Possesed e Autopsy apprezzeranno senza ripensamenti. Questo platter ha tutti gli ingranaggi al posto giusto, dalla copertina ai testi, dai riff al cantato “vomitato” e tracce come “Fuck You, Fucking Whore”, “Hobo Holocaust” e “Stinkhol” ne danno la conferma. Venendo ai cavalli di battaglia di Up From The Sewers, vanno certamente citate l’opener ovvero la titletrack e “Winter Puke Disease”, pezzi aggressivi, violenti che disegnano un quadro generale sui Repuked. Questo secondo disco dei quattro danesi è da ascoltare; gli amanti del genere non possono farselo scappare.