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Delsaceleste – Le Orme dei Miei Passi

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Dopo tre anni di pausa e un viaggio ispiratore in Australia, Marco del Santo, in arte Delsaceleste, ritorna sulla scena milanese con un nuovo album intitolato Le Orme dei Miei Passi. Come recita il titolo, l’album si contraddistingue per essere un vero è proprio concept che trae linfa dall’esperienza di Marco in Australia e racconta i suoi passi in un viaggio che ha il punto di partenza in una relazione finita, per poi però attraversare in maniera itinerante le sensazioni e le emozioni che scaturiscono nell’affrontare spazi immensi e dolci solitudini. La storia di Delsaceleste inizia con un breve intro strumentale dal titolo criptico “EK 092”, che subito mette in chiaro le capacità compositive di Marco, ribadite nel secondo pezzo strumentale, terzo per posizione, “Pensieri in Volo”, che rappresenta anche uno dei momenti migliori dell’album, un classico andante in cui un leggero ed emotivo pianoforte chiacchiera amabilmente con un corposo violino, forse un po’ lungo ma veramente godibile. L’album si divide a grandi linee in due macro momenti, il primo dal sapore retrò con arrangiamenti e ritmi che richiamano gli anni 60, ed evocano paesaggi lontani e sbiaditi dal sole come in “Spazi Immensi” e “Dolce Solitudine”.

Il momento di svolta verso il secondo momento inizia con il brano “Ombre”, ma viene sancito con “Soltanto Polvere” ritmata con una batteria più incisiva e meno pacifica. I suoni  si incupiscono lievemente e la voce si dilatata come in “Le Orme dei Miei Passi” ponendo l’accento sul senso di smarrimento e il lato oscuro, che però prima dei “Titoli di Coda” si dissolve come una leggera nebbia per lasciare spazio ad un meritato lieto fine e a un sé ritrovato e più consapevole. Le Ombre dei Miei Passi è un album che racconta un percorso di evoluzione cui però manca la narrazione dello strazio e della lacerazione a favore di un perdersi e vagare temperato e calmo. I suoni mitigano il necessario dolore per disperderlo negli spazi descritti e la parte testuale non riesce ad essere altrettanto incisiva. Le capacità compositive ci sono e lo dimostrano i tre pezzi strumentali, che paradossalmente riescono a comunicare meglio delle parole. L’ascolto è piacevole e scorre senza intoppi ma al tempo stesso non rimane impresso e scivola via..

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