Blindur è un duo nato nella primavera del 2014 da Massimo De Vita (cantautore, polistrumentista e produttore) e Michelangelo Bencivenga (polistrumentista). Il duo napoletano nei primi 18 mesi circa di attività ha già collezionato più di 100 concerti tra Italia, Belgio, Islanda, Francia e Irlanda (prendendo parte ad importanti festival internazionali come ad esempio il Body and Soul a Westmeath), prodotto un Ep dal vivo “Casa Lavica live session”, vinto l’edizione 2014 del premio Donida, il premio Muovi la Musica 2014, il premio Nuova Musica Italiana 2015, il premio Pierangelo Bertoli 2015; il premio Fabrizio De Andrè 2015. Blindur è tra i 40 convocati per l’edizione 2016 di Musicultura. Ha aperto i concerti di numerosi artisti del panorama indipendente italiano come Tre Allegri Ragazzi Morti, Dellera, Dimartino, Giorgio Canali e Rossofuoco, Cristiano Godano, Il Disordine delle Cose, Iosonouncane, Dente.
Blindur ha collaborato in ambito internazionale con artisti irlandesi come Johnny Rayge con il quale ha realizzato un mini tour di 11 date in Italia nel novembre 2014, ha condiviso il palco con il poeta e cantautore canadese Barzin nella data napoletana del suo ultimo tour europeo, ha inoltre lavorato con Birgir Birgisson, storico fonico e produttore di Sigur Ros e non solo.
Il sound del duo si ispira alle atmosfere del Folk e del Post Rock, con un piede a Dublino e l’altro a Reykjavík.
Per quanto riguarda i testi invece, il riferimento è sicuramente la tradizione e la poetica del cantautorato italiano.
Nonostante siano solo 2 i musicisti in scena, il suono è ricco e articolato e l’ampio set up (chitarre acustiche ed elettriche, banjo, glockenspiel, effettistica ed elettronica minimale, cassa, rullante e tamburello, il tutto rigorosamente a pedale) contribuisce a dare la sensazione di stare ascoltando una band al completo.
Vincitori, lo scorso 5 marzo, del Premio Buscaglione 2016 e del Premio Tempesta Dischi sempre per “Sotto il cielo di Fred”, sono la Band della Settimana di Rockambula.
Dimartino Tag Archive
Riparte il 19 febbraio “Un Paese ci vuole” tour
Riparte il 19 febbraio da Pistoia la II parte di “Un Paese ci vuole” tour, viaggio live di Dimartino che dopo aver portato i brani del suo ultimo lavoro nei più suggestivi paesi d’Italia, torna a raccontare le storie racchiuse nell’ultimo album in tutto il Belpaese. Un concerto come sempre, in trio, con al basso e alla voce Dimartino, Angelo Trabace al piano e Giusto Correnti alla batteria. Un live rinnovato nella ritmica e negli arrangiamenti rispetto al lavoro da studio; potente e dinamico per impronta musicale e impatto scenico.
UN PAESE CI VUOLE TOUR 2016
19.02 Pistoia – H2NO
27.02 Pesaro – Stazione Gauss
11.03 Corato (BA) – Teatro Comunale
12.03 Lecce – Officine Cantelmo
17.03 Firenze – Teatro Alfieri
18.03 Roma – Monk
19.03 Castellammare di Stabia (NA) – Echo
01.04 Catania – Zo
08.04 Torino – Officine Corsare
09.04 Milano – Arci Bellezza
15.04 Bergamo – Druso Cafè
22.04 Sant’egidio alla vibrata (TE) – Dejavu
23.04 San Ginesio (MC) – Teatro Leopardi
15.05 Padova – Anfiteatro del Venda
Top 3 Italia 2015 – le classifiche dei redattori
I tre migliori dischi italiani di quest’anno secondo ognuno dei collaboratori di Rockambula.
Continue ReadingRiparte il 27 giugno da Catania il viaggio di Dimartino
Riparte il 27 giugno da Catania il viaggio di Dimartino, che quest’estate suonerà in giro per l’Italia i brani del suo ultimo album Un Paese ci Vuole. Dopo il successo del tour primaverile, culminato lo scorso 7 giugno nella sua Palermo davanti a oltre 3000 persone, il cantautore siciliano riprende il suo viaggio con ancora tante storie da raccontare “In concerto saremo, come sempre, in trio, -racconta Dimartino -, io al basso, Angelo Trabace al piano e Giusto Correnti alla batteria. Mi piace l’idea di fare un live sempre diverso rispetto al disco, non rimanere ingabbiati negli arrangiamenti che abbiamo scritto, soprattutto a livello ritmico. Il concetto del power trio sta alla base di questo progetto sin dagli inizi, il fatto di essere tre musicisti sul palco ci dà la possibilità di sperimentare un live dinamico e potente anche dal punto di vista scenico.
Ecco le prime date confermate del Tour: 20 giugno 2015 Firenze – Giornata UNHCR 27 giugno 2015 Catania – Qubba 3 luglio 2015 Milano – Diz Festival 4 luglio 2015 Torre Annunziata (NA) – Cabina 56 8 luglio 2015 S. B. del Tronto (AP) – Geko 11 luglio 2015 Saronno (VA) – Bandzilla 12 luglio 2015 Pavia – Molecole Festival 19 luglio 2015 Massarella Fucecchio (FI) – Reality Bites Festival 31 luglio 2015 Genova – Notte Greenfog 1 agosto 2015 Filago (BG) – Filagosto 13 agosto 2015 Tindari (ME) – Indiegeno Fest 16 agosto 2015 Joggi (CS) – Joggi Avant Folk 24 agosto 2015 Aliano (MT) – La Luna e i Calanchi
Dimartino – Un Paese Ci Vuole
Un cantautorato che sa mischiare sostanza e semplicità, passato e presente.
Continue ReadingLa Band della Settimana: Dimartino
E’ uscito il 21 aprile su etichetta Picicca dischi Un Paese ci Vuole, il nuovo album di inediti di Dimartino, tra i più attesi della stagione discografica. Un disco che è un viaggio, semplicemente, che inizia con l’arrivo della primavera e si chiude con settembre, la fine dell’estate. Un percorso che grazie a una scrittura immaginifica ci restituisce frammenti di vita che rischiano di essere dimenticati. Perché le canzoni di Dimartino questo fanno: creano immagini, le disegnano con cura e le raccontano con un lirismo intenso e delicato più unico che raro. Le parole di Cesare Pavese sono prese in prestito per dare il titolo all’album e lasciano intuire fin da subito il filo rosso che unisce tutte le tracce: “Il paese inteso non solo come luogo geografico, ma soprattutto come condizione umana in estinzione – spiega Dimartino – quello che ti porti dentro ovunque tu vada, il paese necessario a conservare i ricordi”.
Esce oggi Un Paese ci Vuole di Dimartino
Esce oggi 21 aprile su etichetta Picicca dischi Un Paese ci Vuole, il nuovo album di inediti di Dimartino, tra i più attesi della stagione discografica. Un disco che è un viaggio, semplicemente, che inizia con l’arrivo della primavera e si chiude con settembre, la fine dell’estate. Un percorso che grazie a una scrittura immaginifica ci restituisce frammenti di vita che rischiano di essere dimenticati. Perché le canzoni di Dimartino questo fanno: creano immagini, le disegnano con cura e le raccontano con un lirismo intenso e delicato più unico che raro. Le parole di Cesare Pavese sono prese in prestito per dare il titolo all’album e lasciano intuire fin da subito il filo rosso che unisce tutte le tracce: “Il paese inteso non solo come luogo geografico, ma soprattutto come condizione umana in estinzione – spiega Dimartino – quello che ti porti dentro ovunque tu vada, il paese necessario a conservare i ricordi”.
Lucio Corsi: il nuovo album in uscita questo autunno per Picicca Dischi.
Un talento purissimo. Avevamo iniziato a tenere d’occhio il giovanissimo cantautore toscano Lucio Corsi all’uscita del suo ep di debutto Vetulonia/Dakar. Atmosfere bucoliche, una schiettezza di provincia e un immaginario a metà tra il fiabesco e il contadino. La notizia è che il nuovo disco di Lucio uscirà questo autunno proprio per Picicca Dischi (Brunori Sas, Non Voglio che Clara, Dimartino, Giuradei) ed è stato prodotto da Federico Dragogna dei Ministri (già al lavoro con Iori’s Eyes e Le Luci della Centrale Elettrica).
Dimartino 02/11/2013
Voi non ci crederete ma dopo il concerto dell’altra sera al Circolo degli Artisti, la prima cosa che mi viene in mente se penso a Dimartino è Niccolò Fabi. Non perchè sia possibile accostarli stilisticamente, questo nessun recensore in Italia avrebbe l’ardire e l’ardore di dire (notate il gioco di parole che denota la padronanza linguistica del sottoscritto, altro che “scusate il gioco di parole”), ma perchè a pochi passi da me al concerto di Dimartino c’era Niccolò Fabi. L’ho incontrato in fila, era dietro di me, lui ha pagato ed io avevo l’accredito stampa; mi ha guardato mentre dicevo “ho un accredito” (magari solo perchè gli ero davanti) e io l’ho riguardato sprezzante negli occhi con uno sguardo western che nel mio cervello di idiota significava chiaramente “Stai attento a quello che fai con la tua chitarrina, sono un recensore spietato, se mi fai un disco di merda ti stronco”. Nel suo sicuramente significava: “mo’ a sto’ pigmeo si nun’ ze leva ooo meno”. Avrebbe fatto bene. Comunque sono qui per parlare del concerto di Dimartino e cascasse il mondo lo farò.
Apertura di Valentina Gravili, brindisina di nascita, romana d’adozione cantautrice dalle influenze mediorientali sia in viso che nelle melodie. Mi ricorderò della sua performance per il pedale che il batterista aveva collegato al microfono il quale moltiplicava le voci in maniera che la Gravili sembrasse accompagnata da un coro di Bonzi. Bell’effetto. Ma arriviamo al concerto del cantautore siciliano: Dimartino si presenta in total black: giacca, pantalone, barba rifilata e t-shirt scollatissima senza peli sul petto: non aggiungo altro. Bel trio, quello di Dimartino, dal suono particolare e dovuto al fatto che lui suona alternativamente il basso o la chitarra e quindi pur in ambito rock complessivamente risulta molto pulito e ben equilibrato. Talmente equilibrato che quando in qualche pezzo vengono utilizzate delle sequenze la voce finisce per soffocare in mezzo al volume sonoro accresciuto. Una per una sfilano molte delle canzoni che compongono i suoi primi due dischi e l’ultimo ep Non Vengo più Mamma e in più una bella e intensa versione di “Sobborghi” di Piero Ciampi. Giusto Correnti alla batteria sembra suonare in un gruppo Indie Rock inglese più che in una band di un cantautore, Angelo Trabace con la partecipazione teatrale e la gestualità facciale di un cantante neomelodico dà bella mostra delle sue indiscutibili doti di pianista. Complessivamente il live è piacevole ed anche più energico di quello che mi aspettassi dalla produzione in studio, una bella sorpresa. A volte ho avuto la senzazione che l’ interplay fosse ancora un pò acerbo, come se fosse la risultante monolitica di tre diversi modi di sentire il repertorio, poco comunicanti tra di loro e ancora un pò postadolescenziali.
Nulla che non si acquisti con qualche altro anno di live. Spettacolo nello spettacolo la presenza di Fabi vicino al bancone e gli sguardi furtivi di molti degli spettatori per cercarne di capire le impressioni dalle reazioni, quasi a volere da lui una legittimazione per farsi piacere il concerto. Una sorta di imperatore musicale che con lo scuotere della testa invece che con il pollice in alto poteva legittimare o meno un pezzo piuttosto che un altro. Spettacolo nello spettacolo, nello spettacolo all’uscita: alcuni vanno verso il banco del merchandising di Dimartino ma molti di più rimangono a chiedere autografo e foto ricordo a Fabi. Non cambieremo mai.
Nuovissimo Canzoniere Italiano
01 Settembre 2013 @Magnolia, Milano
Arrivo al Magnolia di Milano che la serata è già iniziata da almeno un’ora. Mentre cammino sulla via dell’entrata penso che questo Nuovissimo Canzoniere Italiano, serata dedicata alle “nuove” (?) leve del cantautorato italiano, potrebbe, alternativamente, essere un evento-bomba o una fiera della noia.
Non vi racconterò la serata dall’inizio alla fine: mi è, innanzitutto, impossibile, dato il mio arrivo in ritardo e la mia dipartita in anticipo (all’incirca dopo l’esibizione di Dario Brunori). Vorrei però darvi un’idea di come si è sviluppata, per quanto ho potuto esperire, questa maratona (30 artisti, 3 canzoni ad artista, partendo dalle ore 19), nata da un’idea di Marco Iacampo, appoggiata da Dente e dal Magnolia, che l’ha ospitata. Di cosa si trattava, in soldoni? Di piazzare su un palco qualche decina di cantautori che potessero ricreare quell’attenzione verso la canzone nella sua anima più pura, quell’approccio voce e strumento (voce e chitarra nel 90% dei casi) che è allo stesso popolare e intellettuale, passatempo delle masse e empireo del racconto lirico, dove le parole regnano e narrano tutto il prisma delle emozioni umane in finestre di tre, quattro minuti per volta.
Ma non solo: si trattava anche di dimostrare, empiricamente, che una “scena” della musica italiana d’autore “indipendente” esiste e, anche se il fine dell’evento non era assolutamente quello di “creare un manifesto”, si leggeva tra le righe il tentativo di fare una summa delle esperienze cantautorali più in vista del momento (con qualche assente eccellente, per esempio un Vasco Brondi). Ha funzionato, la cosa? Nello specifico, è stata una “festa della canzone”? Ma soprattutto, i cantautori di oggi fanno parte di una specie comune? E che qualità media si intravede nei loro dieci/quindici minuti di esibizione a ruota libera? Insomma, il Nuovissimo Canzoniere Italiano rappresenta la musica d’autore italiana indipendente (o una parte di)? E questa (o questa parte di) è in buona salute?
Andiamo con ordine. Iniziamo col dire che la prima cosa che ha assalito le mie orecchie camminando sul prato del Magnolia durante l’esibizione di Alessandro Fiori (che non ha nessuna colpa tranne quella di essere stato lo sfondo della mia entrata in loco) è stata la noia. Non la mia, nello specifico: quella di un pubblico sì numeroso, ma certo non concentrato sulle canzoni (o almeno, non in quel momento). Cinquanta persone fisse sotto il palco, le altre a farsi i cazzi propri in giro per il prato. Non riesco neanche a dar loro torto, per la verità, e la scusante sta tutta nel problema principe della serata: la varietà (inesistente). 30 artisti con 3 canzoni a testa dovrebbero garantire un buon grado di varietà, si pensa; e invece no: canzoni lente, spente, senza verve, per la maggior parte tristi, ed è davvero un cliché della musica d’autore che prende vita, questo… si salvano i pochi allegri o ironici (Dente, Brunori) e quelli agguerriti (Maria Antonietta, Bianco). Colpa anche della modalità scelta, forse: 30 artisti in fila, tutti con chitarrina al seguito, non possono in ogni caso sfuggire ad un effetto appiattente, per quanto estrosi e ispirati possano essere. Ma anche all’interno di ogni singola mini-esibizione non brillava la fiamma del divertimento: tutti cantautori di più o meno successo, alcuni con diversi anni di esperienza alle spalle, e pochissimi che abbiano scelto 3 canzoni agli antipodi, per darci un assaggio delle loro capacità compositive o interpretative. La varietà questa sconosciuta, dunque; ma non solo quest’ombra ha offuscato la (lunga) serata acustica. C’era in generale (o almeno questo si percepiva) poca voglia di sorprendere, di incantare il pubblico: pochi ci sono riusciti (il già citato Brunori, o lo splendido, nella sua naiveté eccentrica e contagiosa, Davide Toffolo). E poco importa che le canzoni fossero belle (o meno): passavano sulle teste del pubblico come la pioggia che iniziava lentamente a cadere, e solo i grandi nomi riuscivano a magnetizzare la folla e a farla tornare sottopalco (o qualche tormentone del momento, come l’ironica “Alfonso” della peraltro bravissima Levante).
Ritornando alle nostre domande: se “festa della canzone” doveva essere, bè, non lo è stata; le canzoni sono passate in secondo piano rispetto alla bravura e al carisma del singolo interprete, o, se vogliamo, al grado del suo successo. Il genus del cantautore post anni zero s’è visto? Io, sinceramente, non l’ho visto; se c’era, non me ne sono accorto; e forse preferisco così. Forse illuderci che esista una scena è un modo bellissimo per credere in qualcosa, ma si tratta solo di rare somiglianze (che non fanno mai bene in un mondo che dev’essere caleidoscopico e variopinto per non morire) e usuali amicizie, contatti e collaborazioni (che sono utilissime ed essenziali, ma terminano nei rapporti personali tra gli artisti – per inciso, qual è stato il criterio per invitare, o accettare, gli artisti su quel palco?). La qualità media non è stata disastrosa, ma sfido chiunque a dire che si sia mantenuta su un livello d’eccellenza: tanti bravi artisti che mi hanno incuriosito (oltre a quelli che ho citato sono stati molto interessanti Marco Notari, Oratio, Colapesce e Dimartino – ricordo che molti, tra cui Nicolò Carnesi e Appino, non ho avuto occasione di ascoltarli), ma tanti altri sono scivolati come l’acqua dell’Idroscalo tra le piume delle papere. Come concludere? Io direi: tralasciando ogni eventuale significato socioculturale esteso, ed evitando ogni deduzione statistica – insomma, considerando la serata solo nei suoi attributi più direttamente percepibili, ossia un concerto con 30 artisti sul palco per una dozzina di minuti a cranio, si può dire che, sì, tra tanti cantautori ve ne sono parecchi interessanti, e che sì, è bello vederli affrontare la canzone nel suo lato più intimo e raccolto. Ma, e attenzione alla grandezza ciclopica di questo “ma”, la formula non è delle migliori, e il sottotesto che questa formula implica mi disturba e mi lascia alquanto amareggiato. 30 artisti sono troppi per un palco solo. Tanti sembravano lì solo in quanto conoscenti di Iacampo. E questo dividere ancora la canzone in “canzone d’autore” e “altro” è solo perdere dei pezzi; per non parlare del considerare il “cantautore” qualcosa di definibile a priori. Quanto rende di più un Dario Brunori con tutta la Brunori Sas al seguito? O un Davide Toffolo con i Tre Allegri Ragazzi Morti? Quanto è noioso (per quanto possano essere “belle” le sue canzoni, non è questo il punto) un Federico Dragogna senza i Ministri? Dove sta scritto che LA CANZONE vive nel connubio voce+chitarra? La canzone (o meglio, la canzone “bella”, o “importante”) è per forza “canzone d’autore”? Il Teatro Degli Orrori non fa canzoni d’autore? I Verdena? Davvero crediamo ci sia ancora differenza, o conflitto, tra la “canzone d’autore” e il Rock? E poi, la canzone d’autore dev’essere per forza seria, triste? I Selton non possono fare canzoni d’autore?
Forse tante di queste cose non sono nemmeno passate per la testa di nessuno, né organizzatori, né artisti, né pubblico, ma sono concetti che, per come è stato pensato e per come è stato messo in pratica questo Nuovissimo Canzoniere Italiano, rimangono sottesi, che lo si voglia o no. Forse pensiamo tutti troppo (io per primo), e la realtà è che, più che manifesti (non è questo il caso), maxi-rassegne, serate-evento, più che masturbazioni semantiche, voli pindarici e manifestazioni narcisistiche, forse più che tutto questo, servirebbero solo più concerti, con gente più brava, con canzoni più belle.