Come vi sarete resi conto, se da un lato è sempre più facile proporre la propria musica grazie a facebook, youtube, soundcloud, spotify e tutte le diavolerie del web a costo (quasi) zero, l’aumentata concorrenza sembra ridurre le possibilità per gli addetti ai lavori di riuscire a organizzare eventi e concerti di medio-alta qualità e interesse guadagnandoci anche qualcosa. Il pubblico è sempre meno interessato ai live e si limita o ai grandissimi nomi da stadio o alle cover band di paese, poco impegnative sia per chi paga (band o biglietto) sia per chi ascolta. Chi fa musica propria e non ha ancora la fortuna di essere stato invitato al Circolo fatica anche a chiedere 200/300 euro per percorrere 800 chilometri e dormire in furgone (questa cosa è comunque utile per evitare che si freghino tutto; vedi gli ultimi Fast Animals And Slow Kids). Di solito la risposta tipo è: “Vi diamo da mangiare e una birra a testa prima di iniziare; poi se la serata va bene, possiamo aggiungere un’altra birra a testa e se la serata dovesse andare molto bene (come consumazioni, chiaramente!) allora si possono aggiungere altri cinquanta euro”.
Di chi è la colpa se ci sono sempre più cover band e sempre meno artisti veri? Se suonare sul serio è diventato impossibile sempre che non ci si voglia rimettere? Di chi è la colpa se sono sempre meno i locali che danno spazio alla musica (che non siano cover band o Dj)?
C’è chi se la prende col pubblico e non a torto. Ormai sono in pochi gli appassionati veri, quelli che ancora amano cercare, scavare, provare, sperimentare. Gli altri sono esattamente com’erano i loro tanto criticati genitori. La musica è solo quella che ascoltavano a vent’anni e lì sono rimasti. Vanno felici con le loro t-shirt ancora sporche di sudore adolescenziale ai concerti dei vecchi dinosauri e si divertono a parlare male delle band emergenti che neanche conoscono. Oppure sono totalmente in balia dei media, Mtv su tutti, e vivono la musica come un continuo intervallarsi di jingle pubblicitari.
Ma poi è anche colpa di chi suona in queste cover band. Spesso, gente dalla tecnica mediocre che a furia di ripetere lo stesso pezzo di Vasco per anni ha dimenticato anche quelle poche cose che sapeva sulla chitarra. Perché lo fanno? Per amore verso un artista? Per vanità? Perché è l’unico modo per farsi pagare un cachet decente?
Altro grande accusato è “il gestore del locale”. Strana bestia. Spesso di musica non capisce nulla ma ha un locale “Rock”. Per una band emergente, fatta di persone capaci, che hanno sudato tanto e messo l’anima nei loro pezzi, può offrire un pasto e le consumazioni ma per una cover band o un fake/new Dj (sono questa nuova specie di Dj che in realtà si limita a far girare casualmente pezzi presi da cd masterizzati o direttamente dal proprio Hard Disk. Siamo anche tu ed io, in fondo) che spesso (ma non sempre, siamo sinceri) hanno cultura musicale inadeguata e scarsa voglia di reale ricerca, ne hanno di soldi da spendere. Colpa loro? Anche loro “tengono famiglia” e sono Dj e Cover/Tribute band che gli riempiono il locale.
In realtà, forse è anche colpa di chi suona pezzi propri da due giorni e chiede duecento euro quando io a vent’anni avrei pagato per suonare.
Alla fine ti accorgi che sembra colpa di tutti e quindi non è colpa di nessuno. Ognuno di questi punti meriterebbe una serie di considerazioni a sé ma…
…ma poi capita che ti ritrovi in un paesino d’Abruzzo chiamato Mosciano Sant’Angelo in provincia di Teramo e t’imbatti in un locale (il Pin Up) spettacolare, nuovo ma dallo stile vintage. Grande tanto quanto il Circolo degli Artisti. Perfetto esempio di recupero industriale. Gestito alla perfezione e capace di portare in terre tendenzialmente dimenticate dai grandi nomi artisti come Giovanni Lindo Ferretti o Dinosaur Jr. E allora mi chiedo. È ancora possibile credere alla musica, quella vera? Perché un locale come il Pin Up ci riesce e gli altri no? C’è ancora chi va ai concerti e non solo a quelli strapubblicizzati. Si può fare…allora!
Invece che sparare cazzate l’ho chiesto direttamente ad Aldo Minosse, uno dei gestori del Pin Up. Nella seconda parte dell’articolo, che sarà pubblicata la prossima settimana, troverete l’intervista.