La crisi socioeconomica che stiamo attraversando ci sta rendendo sempre più perplessi nei confronti del futuro che ci attende. Ci si prospetta ancora un annetto, come minimo, di “cinghie tirate” e “braccine supercorte”..
Dando uno sguardo d’insieme a questi ultimi anni, sembra che non possa uscire niente di buono da un periodo così nero.. E’ qui che ci sbagliamo!
In quest’ultimo anno, il panorama musicale indipendente italiano ha partorito numerosi artisti degni di farci ben sperare, tra questi ci sono anche i Dobermann.
Una band formata da tre ragazzi con dei curriculum vitae invidiabili: Dario Orlando (Chitarre), Boe (Batteria) e Paul Del Bello (Basso e voce), accomunati da una grande passione per il punk rock che ci faranno saltare, sudare e dimenarci “come se non ci fosse un domani”.
Il loro primo, omonimo, album, Dobermann, è un lavoro che conta di undici tracce tutte ben registrate dalle quali emerge chiaramente l’energia e la passione che questi ragazzi hanno per la loro musica. Undici tracce, appunto, di rock italiano, la cui esecuzione ricorda i Punkreas degli ultimi anni ’90, facendo, inoltre, un connubio tra AC\DC, Sex Pistols e il punk più puro degli, oramai onnipresenti, anni ’70.
Credo che tra tutte, la traccia numero otto di questo album, Shoryuken, rappresenti al meglio l’abilità musicale del gruppo, due minuti di giri di basso degni dei Guns ‘n Roses che esaltano, e non poco!
Tra le undici, poi, sono solo due le tracce non in lingua madre: Night Rider (numero nove) e Fear Of The UK (numero 11), entrambe suonate con un’abilità che si trova di rado nelle nuove band che suonano il loro genere musicale. Non solo bravura, quindi, ma anche maturità, quella giusta per suonare del punk rock fatto bene: sarebbe troppo facile buttar giù due accordi accompagnati dai soliti testi di denuncia sociale che troppo spesso si sentono quando si parla di questo filone musicale.
Non solo il loro lavoro, ma anche la “filosofia” della band è degna di un punto stima da parte del sottoscritto: si danno come obiettivo quello di “togliere il rock ‘n roll da protools e social networks e a riportarlo live, cazzuto e on the road”. Una cosa non da poco visti gli ultimi tempi che, con l’avvento dei “social networks”, si dà sempre meno rilevanza ad uno degli aspetti fondamentali della musica: il live. E il loro, di live, ha il sapore di salti, pogo e sudore: il meglio, insomma! Mi sento di dire con certezza che il loro obiettivo non è lontano, e sono certo che li vedremo nei migliori festival di musica rock in giro per il nostro paese, perché se lo meritano, eccome!
I Dobermann sono “nati dalle ceneri della recessione economica del 2012” e sono il simbolo che, il “periodo nero” che stiamo attraversando, può esser meno pesante solo se riusciamo a fare delle nostre passioni un punto di svolta e, con grinta determinazione, portare avanti quel progetto che abbiamo lasciato impolverarsi nel cassetto del comodino.