Dopo l’EP d’esordio ironicamente titolato 2 tornano col full lenght i Dr. Irdi, e no, non si chiama 1. Radio (questo il titolo) è composto da dieci pezzi elettronici che si dipanano tra synth e campioni, voci distanti e citazioni, giocosità combinatoria ed emotività trascinante. L’ho ascoltato in stato di semi-incoscienza, prima e dopo il sonno, e mi ha regalato sguardi su mondi lontani, dalle oscillazioni di “Trapano” alle scalinate a spirale di sintetizzatori e tastiere in “Temporale”, dal Pop sbilenco e altalenante di “Airone” (meticciato di scuola Blur) allo spazio aperto dell’Ambient meditativo in “Euridice”. Potrei anche andare avanti, tra gli scratch Electro Funk di “George Clinton”, il pianoforte saltellante e caleidoscopico di “Weltschmerz” o la sporcizia distorta di “Scimmia”… ok, l’ho fatto, scusate. Quello che volevo dire è che il punto di forza del lavoro è certo il suo saper essere eclettico, e trascinarti per mano intorno al globo, sotto i mari, nello spazio e dentro la tua testa, senza mai fermarsi. Si fa ancora fatica a sentire un’identità precisa nei Dr. Irdi, ma ora è chiaro che questa sia una loro caratteristica peculiare, l’altra faccia della medaglia della libertà di poter andare ovunque, essere chiunque. Radio scivola via tranquillo, dieci pezzi per trentanove minuti, un ottimo condensato di Elettronica casereccia e Pop nel senso più alto del termine, psichico quanto basta per non essere musica da ascensore ma comodo abbastanza per goderselo senza intellettualismi. Unico neo l’utilizzo della voce, nel timbro, nella ritmica, nella cadenza. Tendeva a riportarmi coi piedi per terra, mentre volavo alto nella mia testa e mi sembrava di essere chissà dove. Tutto sommato un disco da riascoltare più volte, per scavarci dentro.
Dr. Irdi Tag Archive
Dr. Irdi – 2
Chi è (o cos’è) questo fantomatico Dr. Irdi? Un pazzo, un visionario (o un collettivo di pazzi, o visionari)? Cosa significherà mai quella copertina kitsch giallo vomitino (o almeno credo sia gialla, sono leggermente daltonico)? È lui, è sua, quella faccia posterizzata? Ma soprattutto, Dr. Irdi ci è o ci fa?
Ironico fin dal titolo, 2 è il primo, breve prodotto di questa realtà DIY, che si sussurra stia nel frattempo già producendo un full-lenght. La partenza (“Intro”), Elettronica Minimale e casereccia con qualche drone di fondo e campioni di Spoken Word, pare introdurre un certo tipo di lavoro, ma poi arriva “Hollywood”, seconda traccia, a spiazzarci completamente: un’apertura di chitarra decisamente Lo-Fi e un sapore più Rock, voci strascicate accompagnate da un’elettronica elementare ma parecchio orecchiabile. Segue “Tu”, e prosegue il mood sussurrato e confuso del disco: voci sempre più impastate, melodie accennate da synth lontani, basso e ritmiche semplici ma efficaci. Dr. Irdi è sempre più ineffabile: “Armageddon” parte come un canto monastico e poi scivola in una canzone allo stesso tempo ariosa e malinconica – inspiegabilmente – con un lento ritmo in levare e un testo che si indovina in italiano (la voce è sempre bella distante, parte della scena più che protagonista). La chiusura dell’EP viene affidata ad “Iceberg” e al suo piano dolcemente inquietante, dal riff killer, una sorta di “Mad World” (quella rifatta da Gary Jules, intendiamoci) ma con più eroina, per non parlare di quella chitarra sottile e vibrante che si appoggia e si indovina qua e là nella pasta sonora che riempie il brano (e là dentro, ad un certo punto, entra un basso: emozionante).
Dopo aver sbirciato il mondo onirico, nebbioso, folle del Dr. Irdi, le domande che mi ponevo all’inizio non hanno avuto risposta, ma, anzi, si sono presto moltiplicate: che cazzo fa il Dr. Irdi? È Elettronica? È Ambient? È un Desert Rock molto poco suonato del XXI secolo fatto in un parcheggio di un centro commerciale brianzolo invece che nel Palm Desert?
Direi che la chiave per decifrare la proposta enigmatica di 2 sia proprio questa: idee interessanti, mood, in alcuni casi, ineccepibile (“Iceberg”); manca però l’identità, manca il fine, lo scopo, manca il taglio, il punto. Lungi da noi desiderare ad ogni costo un’etichetta sulle cose (anzi): si tratta solo di affilare la lama e di sapere (o volere?) colpire nel punto giusto. Aspettiamo il disco nuovo del Dr. Irdi e speriamo che non si chiami 1.