Parlare di borghesia nel 2013 potrebbe apparire anacronistico, soprattutto in un contesto come quello attuale in cui concetti come mezzi di produzione, ceto e società hanno assunto connotati diversi e difformi da quelli scaturiti dalle ideologie pre o post industriali, eppure un giovanotto abruzzese, un cantautore al suo esordio, decide letteralmente di indossare questa metafora moderna e chiamarsi Borghese e di presentarsi al pubblico con un album dal titolo non poco ossimorico L’Educazione Delle Rockstar. Viene da chiedersi, da quando una rockstar è educata o è sottoposta a un processo educativo?
Anzi per consuetudine la figura della mala educazione e della quinta essenza della sregolatezza è proprio la rockstar. Niente sorprese e occhi sgranati questa è solo una della molteplici provocazioni messe in atto da Borghese. Il disco e le undici tracce che lo compongono ne sono pieni, in pratica una costante provocazione fatta di rovesciamenti e parossismi, che trova probabilmente il culmine nella rilettura in chiave post-moderna, forse troppo, di “Bella Ciao”. L’inno di molte generazioni viene privato del suo valore ideologico per diventare una beffa critica alla politica. Anche l’aspetto vuole la sua parte e Borghese non intende smentire la propria linea scegliendo di mostrare il suo volto attraverso i buchi di un passamontagna e accompagnarsi con una pistola giocattolo e una 24 ore. Vestire i panni dell’antieroe nel mondo dei supereroi, e rappresentare visivamente valori che richiamano un mondo violento potrebbe essere una scelta non del tutto condivisibile e comprensibile, ma per fortuna aldilà della palese volontà di essere plateali e fare rumore si trova un disco ben fatto, ricco di testi ironici a tratti dissacranti conditi da un buon Elettrorock.
Ci sono brani che al primo ascolto richiamano melodie familiari come “Annie”, che nonostante un intro abbondante colpisce. Le tematiche snocciolate sono molteplici e l’amore e la figura della donna spesso rappresentano la chiave di lettura, come in “L’Odore”. Un amore violento, ricco di forti emozioni raccontato attraverso la dolcezza dei suoni. Questa è forse la sorpresa più bella del disco: tutta l’irruenza e la cattiveria visiva si sciolgono in sonorità morbide, non prive di ritmo, a volte sussurrate. La mano da cantautore non manca e lo spessore dei testi è evidente in “Cosa Hai da Guardare”, spaccato di una gioventù allo sbando, e ”Luoghi in Comune”, dove i più banali luoghi comuni verbali diventano l’espediente narrativo di denuncia. Conclude questo album d’esordio “Preghiera di un Uomo Per Bene”, una dedica alla vicenda di Tortora che riconferma e racchiude il senso di critica e dissenso di tutto il progetto . Che dire la musica riesce ad arrivare e sorprendere anche senza identità smascherate, e senza doverla necessariamente condire di manifesti e ideologie. Non dite a Borghese che il suo disco piace anche se il muro di Berlino è caduto nel 1989.