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Audio Magazine – Audio Magazine BOPS

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Che bella la musica spensierata. Pronta a strapparti un sorriso già dalle prime note e tenertelo stampato in faccia anche solo per una timida mezz’ora. Una serata sulla spiaggia, un falò, vento del Sud, una chitarra e una musica che suona nell’aria più che nelle mani o nelle bocche.
I romani Audio Magazine sono ciò di cui ha spesso bisogno la canzone italiana: un’onda anomala, positiva che ci trasporta su una riva incantata dove la fiesta è appena iniziata. I ragazzi servono un cocktail fresco di Reggae (che forse paga il suo tributo più al revival salentino che alle terre jamaicane) e melodia Pop (ma che più Pop non si può), senza mai scadere però in retorica o facili costumi. E allora “Toda la Vida” e “Sono Qui” sono brani estivi che mi piacerebbe davvero sentire dalle gracchianti casse dei lidi, mentre “Cambierò” azzarda un sound più moderno e aggressivo che mescola alla perfezione le voci di Andrea Cardillo e Francesco Carusi (ok, inutile nasconderlo: è vero che la timbrica di quest’ultimo ricorda Marco Masini?).
Fuori dall’isola felice “Un Sole Spento”, malinconica conclusione che ci riconsegna alla triste realtà. Forse questa potevano risparmiarcela, in un EP tutto fiesta e costume da bagno la ballatona stona e fa da “guastafeste”. Ma non facciamo gli schizzinosi: in un paesaggio stracolmo di nuvole, un EP così rimane un raro raggio di sole che fa risplendere tutti i denti che sfoderiamo al suo ascolto.

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Sinervia – Limit Of A Dream EP

Written by Recensioni

Nata poco meno di tre anni fa, la band di Gattinara (Vercelli) è lo strumento primario col quale Luca “Lupo” (voce, chitarra & synth) ha palesato le sue creazioni originali e inedite, sotto il nome Sinervia, band nella quale andranno di volta in volta a congiungersi quelli che sono i membri attuali della formazione, Fabio “Cippo” (batteria), Jonathan (chitarra) e Matteo (basso). La prima scelta del gruppo fu di provare, provare, arrangiare e provare i pezzi proposti dal fondatore, soffocando parzialmente l’ovvia voglia di live, caratteristica di ogni musicista a inizio carriera. Il risultato di tanto lavoro è questo Ep di quattro tracce, Limit Of A Dream, gonfio di tutta la vena creativa di Luca ma anche ricco delle diverse sfaccettature proposte dagli altri membri i quali hanno riversato nei brani la propria cultura e formazione musicale oltre che la loro voglia di esprimersi messa al servizio del nucleo originario dei pezzi oggetto di arrangiamento. Il risultato è un rock duro, con diversi agenti che richiamano il Metal (perlopiù Post e Nu) ma non solo. Si passa da accessi vigorosi stile Deftones, fino al Grunge molto fuori dalla norma degli Alice In Chains (“Black Rainbow”, “Broken Eyes”). Alcuni riff si riallacciano addirittura ai Tool (“Shadow Of Light”) senza mai pareggiarne la magniloquenza ma non mancano momenti meno aggressivi di puro Alt Rock (“Red Sea”), con melodie più morbide e armoniose (Incubus, Kings Of Leon) e rimandi ai nuovi grandi vecchi del Rock nostrano (Verdena, ad esempio). Anche il post-rock/metal è accarezzato, come si può notare con chiarezza ad esempio nei muri di chitarra di “Red Sea”. Questo è certamente il brano più complesso, più strutturato, con diverse variazioni e interessanti cambi di ritmo, che fanno altalenare le sensazioni tra inferno e paradiso. Ottimo il lavoro di Luca e Jonathan alle chitarre, puntuale la sezione ritmica e assolutamente convincenti gli inserti sintetici, che s’incastrano alla grande senza suonare forzati, cosi come la voce, sia come intonazione sia come timbrica (forse in alcuni momenti appare forzata la pronuncia inglese ma potrebbe anche essere un’impressione di un non anglofono di nascita). Non male neanche le melodie cosi come l’esecuzione tecnica. Limit Of A Dream è il classico Ep nel quale è trasparente il tanto lavoro fatto da chi suona. Ha un unico grosso neo. Le diverse influenze dei quattro confluiscono in una proposta troppo precisa e poco originale che rischia di trovare difficoltà a far breccia sia nell’anima di chi non ama questo tipo di sonorità, sia di chi si sente troppo legato alla ricerca del nuovo. E magari gli altri si chiederanno perché ascoltare i Sinervia quando ci sono i Deftones, gli Incubus e tutta una scuola di genere piena di talenti stranoti. Se questi ultimi rileggeranno dal principio, forse troveranno la risposta in un paio di semplici parole.

https://soundcloud.com/sinervia/broken-eyes-mp3

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Pino Cerrigone-Eventi disgiunti Ep BOPS (recensioni tutte d’un fiato)

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Eventi Disgiunti è il primo lavoro ufficiale del cantautore calabrese Pino Cerrigone, accostatosi alla musica da piccolo per cercare la propria espressione. Un Ep di quattro brani, che, come si evince dallo stesso titolo, sono volutamente diversi tra loro, per stile e linguaggio.Buon impasto musicale, tra blues, country e cantautorato italiano (alla Alex Britti) al quale si rimane giustamente ancorati per tutto il lavoro. Buona anche la registrazione, l’orecchiabilità e l’impasto vocale, non unico nel colore ma sempre comprensibile. Testi semplici ed evocativi, attraverso le stagioni e la fisarmonica, di amori veloci o ormai passati (Ragtime & Cubalibre, La fine dell’anno), della routine che spesso soffoca le passioni (Estratto) e della nostra civiltà oppressa dal progresso (Il mostro di Loneliness). Una musica che certamente porta con se il sapore delle esperienze, del tempo passato a suonare e la terra del cantautore, per creare, passo dopo passo, il futuro album.

http://www.youtube.com/watch?v=l4CipcFa5Bs

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Nick Cave & The Bad Seeds – Push the Sky Away EP

Written by Recensioni

Capita una volta l’anno dover recensire un album così, un gigante così. Uscirà il 19 Febbraio “Push the Sky Away” il nuovo EP di una delle personalità più contorte del panorama rock mondiale.
The Big One nel suo genere, oscuro e malinconico, per me un mostro. Dall’Australia il grande ritorno di Nick Cave & The Bad Seeds. Solo uno come lui poteva dare un nome così ad un album. Come se volesse chiudere un ciclo che ha avuto inizio nel suo primo album “From Here to Eternity”.  In ombra. Tutto quello che dirò sarà scontato. Quindi lasciate perdere e ascoltate l’album. Questa è una questione personale, non una recensione. Una lunga storia, struggente. All’epilogo di una carriera fatta di personaggi in ombra, sulla vita, sull’amore, sulla “tradizione”. Perchè We go down with the dew in the morningcome ci racconta in We No Who U R la traccia che apre questo EP.
Ma facciamo una pausa. Quest’album viene fuori dopo 5 anni di silenzio dopo l’esperienza di “Dig!!! Lazarus, Dig!!!” in cui si stacca un altro pezzo dei Bed Seeds, Mick Harvey ex chitarra elettrica, chitarra acustica, basso, organo. Uscito dalla band nel 2008 e preceduto già da Blixa Bargeld (ex chitarra, voce. Uscito dalla band nel 2003). Quindi toccherà prendere quest’album col giusto orecchio, preparato a ad ascoltare un Cave che va verso le origini con i Bad Seeds rimasti.
La formazione ufficialmente sarebbe di 12 componenti. Ma sottolineerei Warren Ellis viola, chitarre, in primis. I due  hanno collaborato, tra il 2005 e il 2009, a varie colonne sonore. Una sintesi a noi utile per capire quest’album potrebbe essere Nick Cave & Warren Ellis. Quindi un tentativo di ritorno alle origini musicali dove si sente la mancanza di alcuni componenti del gruppo e la centralità dei pezzi è lasciata alla sua voce, alle sue storie, alla sua malinconia e alla bravura di Ellis.  Una catarsi al rovescio dove si contano i cocci esistenziali.

Notizia dell’ultim’ora invece è quella che vede Barry Adamson primo bassista dei Bad Seeds (uscito dalla band nel 1986) unirsi alla band per il tour 2013 (in Italia l’11 luglio al Summer Lucca Festival).
Ascoltando i testi, accompagnati come ho detto dalla viola/violoncello di Ellis, Cave come suo solito ci porta in posti oscuri. Apre il suo armadio degli scheletri e inizia a vomitare su tutto quello in cui non è riuscito a credere nella sua vita. La traccia che da il titolo all’album è emblematica “Push th Sky Away” che canta sul ritornello. La disillusione dell’amore. Visto come rapporto destinato a finire. Oppure in “Higgs Boson Blues” dove ci narra i suoi dubbi sul razionalismo e come, conosciamo tutti il bosone di Higgs, esso si voglia sostituire a Dio. Un Dio che sta scomodo a Cave in “Jubilee Street” dove ci racconta tutta la brava gente che predica bene e razzola male. Il solito Cave malinconico, viscerale, tetro. Ma pure sempre Cave. Un gigante che in quest’album non ci presenta niente di nuovo ma ci porge il conto. E tocca ascoltarlo……………..

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Hot Fetish Divas – Songs For A Trip EP

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Quello che mi ha incuriosito subito di questa band è il nome Hot Fetish Divas. Un richiamo forse all’ostentazione dei nostri tempi. O una presa per il culo a chi se la sente ”calla” come si dice a Roma. Fatto sta che il nome della band unita alla splendida copertina dell’EP Song For A Trip, realizzata da Antonio Boffa illustratore di libri da bambino, mi hanno subito catapultato su bandcamp per ascoltarli. Chi meglio di un illustratore di libri da bambino poteva fare da copertina a quest’album che dal nome ci porta da se all’innocenza di sognare e poterlo fare come via d’uscita a ciò che opprime la nostra esistenza. Ma non c’è nulla di triste in questo album, solo carica e sfrontatezza tipica delle band Punk. Sarà che a me il genere piace ma non trovo altri termini per definirli ai primi ascolti: Forza, Sfrontatezza, Ritmo Serrato e Spensieratezza. Tutti gli ingredienti necessari ad una band punkrock.

Quest’album è stato registrato in poco tempo ed fa da apri pista al full-lenght album “Natural Inclination For Pussy” la cui uscita è prevista per questo mese.A mio avviso hanno tutte le carte in regola. Ascoltandoli mi sembra tutto mixato al punto giusto. Voce adatta al genere, chitarra superdistorta e batteria che picchia duro.C’è poco altro da dire su questa promettente band: semplicemente fantastici a mio avviso. Non posso far altro che aspettare il nuovo album e aspettare che passino a Roma per un live. Bravi ragazzi continuate così e i risultati non si faranno attendere.

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Capputtini ‘I Lignu / Wildmen – Drunkula Split EP

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Assai curioso questo 7” split edito da Shit Music For Shit People che vede Capputtini ‘I Lignu e Wildmen cimentarsi in un brano a otto mani (la title track) a nome Wild Lignu, oltre che a presentarsi attraverso brani propri (rispettivamente, He never tells e Born after midnight).
Il primo brano, He never tells dei Capputtini ‘I Lignu,  è uno sporco blues dalle sonorità lo-fi tendenti al noise. Il duo, formato da Cheb Samir e Kristina (francese lui, siciliana lei) ci porta in un mondo rumoroso, intenso e scuro, in cui la strofa potrebbe fare tranquillamente da sfondo ad un film di Tarantino, mentre il ritornello, armonicamente più aperto, perde un po’ di grinta e si smarrisce in un effetto canzonetta poco ispirato. Un pezzo che suona rauco, sanguinolento e caotico (volutamente, immagino), ma che, alla fine, non mi lascia granché.
Stesso discorso per Born after midnight dei Wildmen (altro duo, stavolta romano, nato, secondo biografia a me pervenuta, dopo una rissa in un bar): ritmica trascinante, voci intense e graffianti, di un rock’n’roll veloce e immediato (un minuto e quarantanove di durata totale). Un pezzo che dal vivo dev’essere molto caldo, ma che su disco lascia un po’ il tempo che trova.
Ciò che rende interessante tutta l’operazione è Drunkula, il brano inciso e scritto da una combo di cui fanno parte tutti e quattro i musicisti delle due band e battezzata per l’occasione Wild Lignu. Un brano leggero, semplice, e che porta con sé la sporcizia e la follia che abbiamo imparato a conoscere durante il brevissimo viaggio negli altri due pezzi dell’ep. Questo, però, si lascia dietro una traccia, come un graffio – sarà il giro di basso, saranno le linee vocali, saranno quelle chitarre sghembe, ma arrivato alla fine me la riascolto più che volentieri.
Per concludere: se vi piace la musica caotica, a tratti sconclusionata, ma piena d’energia e fatta col cuore e i calli sulle mani (polpastrelli e nocche…), ascoltatevi questo Drunkula Split Ep, che magari vi scappa di appassionarvi a qualcuno dei protagonisti di questa cavalcata western/blues/rock’n’roll. In ogni caso, attendo con curiosità l’uscita (a breve) del disco (intero) dei Wildmen – e, in questo senso, operazione decisamente riuscita.

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Black Flowers Cafè – Black Flowers Cafè Ep

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La musica è espressione di emozioni attraverso testi e melodia. Almeno per me.A volte complicate, a volte più semplici. C’è tutto dentro! Vita di strada, vissuta, libri, desideri, persone, gesti, droghe, alcool, sesso, odio, amore e tutto quello che ci fa drizzar la pelle e salire il sangue.
 
Perché questo stupido preambolo?! Perché avrei dovuto scrivere roba del genere?! Ovviamnte la risposta è semplice. Perché i Black Flowers Cafè mi incuriosiscono! Si presentano così,leggete cosa scrivono di loro: l’album racchiude, nello spazio di nove pezzi, quello che è un ideale viaggio immaginario, che parte dalla base missilistica di Baykonur, trampolino di lancio di quelle che erano le operazioni spazialisovietiche, per arrivare fino alla lucentezza astrale di Vega.”
Capisco che dalla base missilistica di Baykonur fu lanciato, per la prima volta nella storia, un uomo,Yuri Gagarin che fu anche il primo dei russi impiegato in una missione spaziale a tornare vivo. Grande risultato per quei tempi. E che Vega sia una delle stelle più brillanti e riferimento per i viaggiatori spaziali. Aaa sono la prima e l’ultima traccia!!!  Ok, allora prendo posizione e allaccio le cinture, meglio iniziare il viaggio, che più che immaginariosembra più un viaggio intergalattico. Un viaggio stellare visto che i nomi delle tracce, fatta eccezione per la prima, sono tutti nomi di stelle.
Inizio l’ascolto, prima traccia Baykonour, sul fondo uno speaker che annuncia il lancio di un missile e il basso che attacca e mi chiedo: chi cazzo sono questi Black Flowers Café?! Intanto la chitarra con un arpeggio incalza il synth creando un’atmosfera che più che ad un lancio da l’idea di un viaggio senza una meta precisa con lente progressioni che stentano a partire. Infatti non partono e attacca con grinta la seconda traccia Ophir Chasma.Si susseguono così, una dopo l’altra, le tracce di questo EP, con alti e bassi, un lavoro curato nei particolari con animo. Un album che scorre e ti ingabbia. Un viaggio scusate. Niente di troppo sperimentale, tutto perimetrato con cura a sonorità di questo millennioe ritmiche da missione spaziale. Ehehe. In certi pezzi nel modo in cui cantano e attaccano sento un proselito a Thom Yorke dei Radiohead. E’ un album ben fatto. Ogni pezzo è un passaggio, un passaggio del viaggio. Anche se qualche arpeggio a volte mi ha lasciato un po’ deluso. Ora sono curioso di vederli dal vivo, se capitano qui a Roma. Grazie del viaggio ragazzi!!!

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