La metamorfosi è uno dei temi principali della nostra cultura: da Omero a Carpenter, dalle scienze cognitive all’identità di genere, sembra riesca a rimanere un ambito in continuo sviluppo e lontano dall’essere esaurito (in crisi l’uomo, in ascesa il robot).
La Deriva del Tutto è un complesso lavoro al limite fra il racconto ed il suo effettivo disfacimento, nei giorni del disastro culturale -forse il titolo dell’album è meno retorico di come si possa pensare- la decostruzione e la successiva espansione attraverso raccordi al limite dell’atonale di matrice Ambient sembra funzionare bene. Le due canzoni che compongo questa esperienza sonora sono in realtà contenitori di un sistema che si libera di ogni struttura musicale, privandosi di veri e propri temi ad eccezione di qualche citazione sparsa qua e là. Le stanze rappresentante dal genovese Fabio Cuomo cercano l’asetticità poetica lasciando al fruitore il compito di ricostruire la propria esperienza estetica.
È possibile trovare una cesura nei minuti finali di Bene Gesserit (Dune e la metamorfosi -di nuovo- del nostro pianeta?), dove possiamo effettivamente assistere ad uno stacco quasi cinematografico, collocato e schierato verso una direzione definita; è forse la forma compiuta dell’intero processo di sviluppo dell’album.
Non credo in ogni caso che questo sia una creazione da accostare ad una qualsiasi colonna sonora. La Deriva del Tutto è un ottimo ascolto per capire come certo sperimentalismo si muove e cerca di attingere dall’avanguardia post Eno.
Finisco con una considerazione riguardante il missaggio: avrei preferito un minor volume a vantaggio di una maggiore profondità nel panorama sonoro.