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We Fog – Pixed [VIDEOCLIP]

Written by Anteprime

In anteprima esclusiva per Rockambula, ecco il videoclip di “Pixed”, il nuovo singolo dei We Fog, trio veronese che si muove tra Noise, Math e Post Rock di stampo americano à la Slint, Shellac, Fugazi e Jesus Lizard.

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10 SONGS A WEEK | la settimana in dieci brani #10.02.2017

Written by Playlist

Casa – Variazioni Gracchus

Written by Recensioni

10 SONGS A WEEK | la settimana in dieci brani #03.02.2017

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Swomi – Painless

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10 SONGS A WEEK | la settimana in dieci brani #27.01.2017

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Seaofsin – Timeless

Written by Recensioni

10 SONGS A WEEK | la settimana in dieci brani #20.01.2017

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Sixty Drops – Turquoise

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Tagua – Sincronisia [STREAMING]

Written by Anteprime

Sincronisia è il titolo dell’esordio autoprodotto dei Tagua, in uscita il prossimo 13 gennaio, che da oggi potete ascoltare in anteprima esclusiva su Rockambula.

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Kick – Mothers

Written by Recensioni

Concept d’esordio per il duo bresciano che prova a scandagliare le sofferenze umane nate dal contrasto tra natura e società contemporanea, da quello spazio in cui l’uomo può sentirsi animale libero e la gabbia nella quale è quotidianamente rinchiuso. Riflessioni che arrivano a una conclusione, una soluzione banale. La via di fuga da questa gabbia è l’amore in ogni sua forma e non poteva che esserci una soluzione tanto semplicistica a una questione tanto inflazionata. Lasciando da parte l’aspetto speculativo, sotto quello musicale i Kick prendono a prestito tanti dei suoni che hanno fatto la fortuna del Trip Hop e del Bristol Sound, cercando disperatamente “rumore” personale che fatica a farsi sentire. Il primo j’accuse già nell’intro in cui note nostalgiche introducono il tema del lavoro e della burocrazia spersonalizzante solo attraverso la musica. Tali temi critici sono costantemente alternati a momenti di “luce”, come nella successiva “Vision”, inno alla natura e all’amore. Non mancano brani tratti da terribili fatti di cronaca (“Magick”), metafore per raccontare l’amore umano (“Merry Go Round”) e raccontarne gli aspetti più disperati (“House of Glass”, “Dead End”), citazionismo (“Solitary States”), riferimenti a luoghi magici di questa terra (“Land!”), veri e propri elogi alla vita personificata nel sole (“King Sun”), omaggi personali a persone scomparse (“March”) fino alla conclusiva “Human Error” in cui si palesa la speranza di creazione di un mondo nuovo previa distruzione di quello attuale.

Per tornare al tema portante dell’opera, c’è troppa confusione in questo Mothers, con l’amore visto come unica via di salvezza ma poi raccontato anche come causa primaria di sofferenza ma non è certo questo il grosso limite di un album che non manca solo di talento compositivo ed esecutivo, e per talento s’intenda qualcosa in più della semplice destrezza al canto e alla composizione/esecuzione, ma anche di originalità, idee vere, scelte indovinate di suoni e melodie. Un disco che scivola via senza troppo entusiasmo, totalmente incapace di rapire, sotto qualunque aspetto si voglia considerare. E questa volta, la soluzione non può essere semplicemente l’amore.

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Serena Abrami – Di Imperfezione

Written by Recensioni

Dopo il debutto con Lontano da Tutto, la cantautrice marchigiana torna con un nuovo Lp per l’etichetta Nufrabic, con l’intento di non fossilizzarsi sotto la catalogazione musicale e cercando di riunire una certa poliedricità per creare un’opera di senso compiuto. Di Imperfezioni è dunque opera dalle mille facce, costruito in un lungo arco temporale, con la collaborazione di virtuosi musicisti e degli scrittori Luca Ragagnin e Francesco Ferracuti per la parte lirica. È anche un disco congegnato con cura e non è un caso che abbiano scritto brani per lei artisti come Ivano Fossati o Niccolò Fabi o che abbia duettato con Max Gazzè, con i quali e non solo con loro (vedi Perturbazione, Cristina Donà, Simone Cristicchi, ecc…) ha condiviso anche alcuni importanti palchi nazionali. Tutte considerazioni che lascerebbero protendere per un giudizio positivo ma non è per niente così; quella ricerca di unità nella varietà finisce per portare su territori pericolosi, con un sound banale a far da sfondo a qualche tentativo di eccentricità che molto sa di forzatura. Gli arrangiamenti, certo ben curati, sono paurosamente mediocri, poco coraggiosi, Pop se vogliamo, nel senso più commerciale del termine, ma incapaci di elevare le undici canzoni oltre la banalità del genere. La lingua italiana non è supportata da una voce in grado di mostrarsi superiore per tecnica e timbrica alle sue colleghe e l’idea generale che si costruisce ascolto dopo ascolto, è di un lavoro studiato a tavolino per provare inutilmente a ficcarsi nel plastico mondo del Pop da radio commerciale (ha partecipato a Sanremo Nuove Proposte nel 2011 e la cosa significa più di molte parole), con il problema che per imbucarsi in tali strade, conta saper toccare i tasti giusti delle persone giuste ma anche costruire canzoni che, se proprio non siamo memorabili sotto l’aspetto artistico, possano almeno essere orecchiabili, intuitive, d’immediato e sicuro impatto. I brani di Di Imperfezione non hanno nessuno di questi pregi ma anzi, a tratti infastidiscono per quanto lasciano trasparire certe intenzioni malsane. Il nuovo e secondo disco di Serena Abrami non è altro che un bel costruito esercizio di stile di qualcuno con non molto più talento delle centinaia di cantanti e musiciste che provano a scalare i muri di vetro che li dividono dalla fama. Non è certo di costoro che la musica italiana ha davvero bisogno come non ha bisogno di Sanremo o di altro Pop inutile e ridondante.

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