Va bene, scrivo per Rockambula neanche da un anno. Ma penso che in generale se si collabora con una webzine rock possa capitare rarissime volte di dover recensire un disco di chitarra pura e pulita, quando di solito si è abituati ad affrontante un marasma di feedback, strilla e overdrive zanzarosi. E forse capita ancora più raramente di trovare scritto in una buffa copertina naif il nome Fausto Masolella. Un sunto della sua biografia? Casertano classe 1953, chitarrista degli Avion Travel da 30 anni e collaboratore di: Nada, Andrea Bocelli, Gianna Nannini, Tricarico, Samuele Bersani e Paolo Conte.
Puo’ bastare per sentirsi un po’ in difficoltà? O devo aggiungere anche che lo strumentale puro mi è sempre stato leggermente indigesto? Cercando sempre rifugio in facili melodie spruzzate da frontman cool o in grida di ribellione incastonate nelle mura delle grandi label. Sintomi di grande ignoranza, é vero! Ma ormai questo disco solita dell’artista campano è partito nel mio stereo e non mi tirerò di certo indietro. Chiudo gli occhi e provo semplicemente a sentire (non ascoltare, sentire!).
Già dalle prime pizzicate “Suonerò fino a farti fiorire” non tradisce lo splendido titolo ricolmo di amore e speranza che porta con sé. L’opener è infatti affidata a una intensissima interpretazione di “Pavane” del compositore francese Gabriel Fauré. Si giace in un prato che sancisce la fine dell’inverno e un venticello tiepido che porta armonia, primavera e serenità. E i primi fiori iniziano a mostrarsi alla luce del sole, con miriadi di colori e sfaccettature che obbediscono all’incanto della chitarra di Fausto. In “Principessa” il bluesaccio (che si sa, in Campania è di casa) spodesta prepotentemente la calma e la pace delle lente pizzicate per creare un po’ di brio e vitalità, come un buon vino rosso spregiudicato. Il piacere dei sapori forti e intensi. La sensualità della musica del diavolo convive bene con la dolcezza e l’armonia “classica” del corpo della bella fanciulla.
Non mancano poi le ospitate. Raiz spadroneggia nel classicone “O sole mio”, i gorgheggi del cantante degli Almamegretta colorano ancora più di rosso una canzone popolare già calda e focosa. La band partenopea luccica anche nella splendida rivisitazione da film on the road di “Nun te scurdà”. La pianista jazz Rita Marcotulli invece fornisce preziose dita snodate nella profetica “La mia musica” accompagnata persino da un testo talmente armonioso che si lega a braccetto i tasti del pianoforte, in una lenta camminata nell’immenso verde.
“Sonatina improvvisata di inizio estate” spara invece un ritmo spaventosamente caliente e mediterraneo. Un vecchio marinaio sorridente che rema ondeggiando in levare, un mercato del pesce fresco e un vestito di cotone leggero, scoperto appena da un caldo e timido soffio di vento. In questo episodio Fausto si lancia pure in una spregiudicata distorsione, facendo il verso al miglior Joe Satriani d’annata. Carattere, gioia, Napoli e chitarrismo (un po’ tamarro diciamolo pure) nella migliore “fioritura” dell’album.
La chiusura è sancita da “Guardando in uno specchio il 12 luglio”: dilatata in un semplice minuto e forte nonostante la solitaria presenza della chitarra di Mesolella. Un breve attimo per descrivere la finale fioritura e ammirare prima di riprendere il giro.
Questo album è una serie di dipinti nella mente, un viaggio incredibile che tocca i nostri sensi, avvinghiandoli in una sola e strabordante chitarra. E’ un punto di arrivo incredibile per l’artista, un sunto della sua eclettica carriera. Ma anche un punto di passaggio. Perché di fiori sbocciati con questa passione speriamo di ascoltarne molti altri ancora.