Questo primo capitolo è anche la prima collaborazione tra il barbuto genio (dell’Elettronica) di Tijuana Fernando Corona (in arte Murcof), dal 2001 in poi autore di alcune delle più luminose gemme Drone Music, Minimal/Ambient Techno e Glitch come Remembranza del 2005 e Philippe Petit, multistrumentista marsigliese, ex giornalista e Dj fortemente legato agli aspetti più sperimentali della musica Elettronica e Rock. L’opera è un trittico di brani, per una durata complessiva che raggiunge i quaranta minuti, che si rivela uno strumento di ricerca interiore attraverso l’esperienza meditativa. Lo stile utilizzato è quello consono ai due artisti e il più efficace per raggiungere il suddetto obiettivo. Si passa quindi dall’Elettronica Minimale alla Musica Cosmica, dall’Ambient alla Musica da Camera, passando per gli inserti elettronici Glitch tipici del messicano. Il pezzo d’apertura, “The Call of Circé” racchiude nella sua imponenza tutte le caratteristiche di quest’unione artistica, iniziando con una lieve, delicata, spaziale salita sonica che sfocia nei vocalizzi e nei cori barocchi del mezzo soprano Sarah Jouffroy. La manipolazione sonora di Murcof è già qui evidenziata e portata a livelli sublimi ma, nei passaggi successivi, riuscirà con prepotenza a mettersi in mostra, con vesti nuove, pur nella magniloquenza della multi strumentazione del francese.
Esempio di questa commistione tra struttura e aggraziato caos rumoristico è il secondo pezzo, “Pegasus”, nel quale è addirittura introdotta un’inquietante reminiscenza mediorientale nelle note di Philippe Petit coadiuvato dalla viola da gamba di Gabriel Grosbard. Se questi primi due lunghi momenti dell’opera prima del duo hanno rilevato la stilistica pura, nell’ultima traccia, “The Summoning of The Kraken” si concreta tutta la materia oscura accumulata in precedenza. Gli elementi d’angoscia e tensione sono sottolineati anche dalle puntuali pause mentre, a differenza della prima parte, sono ridotte all’osso le intelaiature più vicine alla realtà, preferendo scenari di stampo metafisico. Sono quindi gli iniziali circa venti minuti di “The Call of Circé” che danno a First Chapter tutta la sua forza espressiva. Sta tutto in quella cavalcata morbida; tutta la tecnica, il tocco magico e la natura psichica del duo che proprio in quel brano può trovare la propria strada eventuale futura, sviando da un semplicistico accostamento delle due forme espressive alla ricerca di una sommatoria che sia più della semplice addizione formale. I due passaggi successivi rivelano invece alcune sostanziali debolezze che vanno dall’eccessiva ostentazione manierata e convenzionale di “Pegasus”, al caos smodatamente deforme del brano di chiusura. Nessuna bocciatura, dunque, per questa coppia in prova che anche in quest’occasione si mostra un gradino sopra alla concorrenza ma solo l’esternazione di una speranza che ha sfavillato nella mia mente durante l’ascolto di “The Call of Circé” e che, per ora, resta tale. Una speranza.