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Kettle of Kites – Arrows
Il sophomore della rinnovata formazione genovese tra folk e fantascienza.
Continue ReadingMoro & The Silent Revolution – Home Pastorals
In uscita il prossimo 6 Maggio per la Gamma Pop, Home Pastorals rappresenta il terzo album del cantautore Massimiliano Morini, il quale completa con esso il discorso intrapreso con il precedente EP Homegrown, un lavoro che ha riscosso un notevole successo come testimoniato dal fatto che il brano “City Pastoral” sia stato scelto come sigla per il programma enogastronomico Orto e Mezzo, in onda sull’emittente LaEffe. Ed è proprio il pezzo sopracitato ad aprire le danze con le sue melodie Folk che ricordano da vicino i nuovi esponenti del genere come Fleet Foxes e Dry The River (a proposito, pare sia confermata la loro partecipazione al Siren Festival di Vasto che si terrà quest’estate). Stavolta per un lavoro che potrebbe segnare la svolta, Moro ha deciso di farsi affiancare dalla fidata crew di musicisti The Silent Revolution, formata da Lorenzo Gasperoni (chitarra), Franco beat Naddei (tastiera, ma anche artefice del mixing e del mastering), Denis Valentini (batteria), Elisa Piraccini e Paola Venturi (backingvocals). Una scelta che risulterà determinante per tutta la durata del disco e che raggiunge l’apice in alcuni episodi come “YouDeserve”, canzone che sembra camminare in bilico tra i Pearl Jam e i Queens Of The Stone Age, entrambi colti nelle loro versioni più soft.
Man mano che si va avanti, tra armoniche a bocca e percussioni tribali, vengono alla luce tutti gli spettri musicali che hanno influenzato il song-writing: dai mewithoutYou (“Down”) fino ai The Shins (“Home Away”). Menzionerei in modo particolare l’oscura “The Years”, dove la voce, a più riprese, rompe, trionfalmente, la monotonia del ritmo cadenzato dell’esecuzione. Home Pastorals è un disco intimista, mai sopra le righe, ma non per questo banale. Non ci sono cadute nell’ovvio, l’artista è ben conscio delle sue potenzialità, le sfrutta tutte e ci confeziona una perla rara nell’opaco oceano in cui, purtroppo, naviga al giorno d’oggi la musica nostrana. Dopo i riminesi Girless And The Orphan, un’altra promessa mantenuta dalla scena Indie-Folk del bel Paese.
Midnight Faces – Fornication
Le due facce di mezzanotte che stanno dietro a questo progetto arrivato direttamente dalla capitale dello stato capitalista per eccellenza sono Philip Stancil e Matthew Warn. Warn inizia ben presto a fare musica con un amico d’infanzia, Jonny Pierce, poi voce dei The Drums (con lui Jacob Graham, Adam Kessler e Connor Hanwick), band Indie Pop in orbita dal 2009, con all’attivo due full lenght, l’omonimo esordio e “Portamento” del 2010, oltre a numerosi singoli, Ep e partecipazioni a compilation. Dopo un primo album pubblicato con l’amico Pierce, Warn fonda insieme a Josh Tillman (dall’anno scorso ex batterista dei Fleet Foxes, oggi più noto come Father John Misty), i Saxon Shore, formazione Post Rock di buonissimo livello.
I Midnight Faces nascono dall’incontro di Warn con Philip Stancil, anche lui cresciuto con la musica intorno, giacché la sua è proprio una famiglia di musicisti. Warn aveva già realizzato le parti strumentali e invitò quello che ne è il compagno artistico ad aggiungere le sezioni vocali. Prese cosi vita questo Fornication.
Dieci tracce, dieci canzoni melodicamente Pop ma dai mille retrogusti. Si passa da alcuni momenti più oscuri, quasi Darkwave, specie nella sezione ritmica e negli echi delle chitarre (“Fornication”, “Kingdome Come” “Turn Back”), ad altri nei quali la vocalità e l’approccio cantautorale di Stancil prendono il sopravvento (“Identity”, “Heartless”). Tanti sono i passaggi nei quali l’Alt Rock (“Crowed Halls”) si addolcisce per seguire strade più popolari e di più facile ascolto (“Give In Give Out”, “Now I’m Done”), grazie anche a un’attenta e puntuale ricerca melodica e moltissime sono le congiunture nelle quali tutta la vita di Warn e quindi le sue conoscenze personali, più o meno dirette (abbiamo detto The Drums, Fleet Foxes, Saxon Shore), sono riportate in musica. I brani più riusciti sono quelli nei quali il Dream Pop particolarmente sintetico si sposa con l’elettronica creando suggestive ambientazioni filmiche, a tratti danzereccie quasi eighties (“Feel This Way”, “Give In Give Out”, “Kingdome Come”) in uno stile perfetto che richiama il grande Anthony Gonzales (M83) ma anche, volendo ampliare il proprio spettro di vedute, i Depeche Mode (“Holding On”), cosi come gli Slowdive, ovviamente con ritmi più dinamici.
Un disco che miscela quindi atmosfera e melodia, con cura ed eleganza, puntando forte sulla voce ma senza tralasciare l’aspetto strumentale, elettronico soprattutto. Sceglie melodie orecchiabili e non calca troppo la mano su artifizi di alcun tipo finendo però per sprofondare nell’altro versante della questione. Eccessiva semplicità che si trasforma in povertà d’appeal e melodie che, per quanto gradevoli, finiscono per essere di facile oblio, perché troppo simili le une alle altre. Dieci episodi che si presentano, in linea di massima, tutti ugualmente apprezzabili e facilmente godibili, senza però riuscire a suscitare un interesse che vada oltre la semplice amabilità sonora. Per chiudere, se avete difficoltà a trovare mezze misure, questo è il disco perfetto per affibbiare la vostra sufficienza, niente di più, niente di meno, almeno per questa volta.