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Fluido Ligneo – Déjàvu

Written by Recensioni

Un fenomeno psichico, l’alterazione dei ricordi, un sogno familiare o la consapevolezza di un’altra vita, ma Déjà vu è anche il titolo del quarto album dei Fluido Ligneo, progetto nato nel lontano 2001 da Luca Pugliese, la cui mente associa la musica alle arti visive, molto più moderne e suggestive, rispetto alla musica stessa.
Un percorso lungo, che ha avuto davvero inizio nel 2003 con il primo lavoro Endemico, al quale succedono Flashbacks (2005),Andante (2009), importanti collaborazioni, come quella con Angelo Branduardi nel 2006, e premi, quello più importante ricevuto da Mogol nel 2004 al festival Senza Etichetta (Cirié, To). Un percorso che sfocia con l’ultimo lavoro Dèjà vu(2012) scritto, composto, arrangiato e prodotto, come le fatiche precedenti, da Luca Pugliese, che si è avvalso di vari collaboratori quali Tony Bowers, Vittorio Cosma e Giancarlo Parisi.
Un lavoro che ripercorre i dodici anni musicali di Luca Pugliese, con nove brani rivisitati e tre inediti (Déjà vu, Tarantella basta!, e Qui e Ora), dopo “anni di ricerca, di prova e riprova, di nuovi incontri, di riconoscimenti, di nuove sonorità che hanno trasformato ciò che era in ciò che è”, insomma dopo un percorso che comunque appartiene ad ogni artista.
Chi si avvicina a Dèjà vu lo fa in maniera inconsapevole e le sensazioni orecchiabili potrebbero sembrare ingenue, ma il disco inizia con un intro di sola chitarra e piccole percussioni che fanno pensare a mondi lontani come succede ad ogni inizio di questi dodici brani, sempre apparentemente diversi, ma in fondo tutti simili. Sembrerebbe un lavoro tutto strumentale, che a dire il vero sarebbe stato molto più apprezzato, a mio parere, rispetto al lavoro finito con parole e testi, date le continue improvvisazioni dell’artista. Le stesse improvvisazioni, unico elemento che mi sentirei di salvare, che lo stesso Pugliese definisce “ricerca empirica ed esistenziale che da vita suonata, diventano sperimentazione, cantiere, progetto e infine tecnica, unica, rara e originale, per suonare e trascrivere i passi della vita stessa in un linguaggio nuovo, lontano dal già visto, dal già sentito”, a suo parere.
Ma Dèjà vu è anche cantato, parole e testi abbastanza prevedibili, che raccontano la visione personale di Luca Pugliese, i viaggi (anche mentali), il mare, l’amore, i sogni, la neve, i monti e le diverse strade della vita in generale, attraverso un magma di suoni e rime semplicissime, che non aggiungono null’altro se non la loro scontata presenza.
Un album che vorrebbe tenersi lontano dalle etichettature, ma che a causa di esse o della mania degli uomini di voler raccontare la musica attraverso delle sigle, sembrerebbe fortemente neomelodico, con pochissimi colori rock, anzi proprio inesistenti, e qualchesaporeetnico, che lo rendono non eccessivamente sgradevole.
Una musica semplice e dei testi un po’scontati e datati, che però si incanalano bene nel percorso musicale dell’Italia molto più popolare e banale, lontana dalla sperimentazione, dalle tinte sonore più aggressive o dal sapore più contemporaneo, ma che magari accontenteranno un certo tipo di ascoltatori, quelli più semplici e melodici, o quelli che ascoltano questo tipo di musica a tutto volume in macchina con i finestrini abbassati… ma naturalmente tutto dipende dai gusti.

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