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Aa. Vv. – Streetambula

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Streetambula è la compilation, di ben 20 pezzi in due dischi, che è stata prodotta in seguito all’ottima riuscita del concorso omonimo, svoltosi l’estate scorsa a Pratola Peligna (AQ). Prepariamoci quindi ad una carrellata dei brani presenti nei due dischi della compilation: due canzoni per gruppo più alcuni extra affidati ai De Rapage, vincitori del concorso.  Aprono le danze The Old School, che, come da nome, regalano una ballabilissima “Rock’n’Roll All The Night” da vera vecchia scuola, sorprendentemente solida e frizzante. Nulla di nuovo, ma di certo un Rock’n’Roll che sta in piedi e che avrà fatto agitare una buona fetta di pubblico. Ci spostiamo in zone più raccolte con “Gloom” de A L’Aube Fluorescente, che invece, a dispetto del nome altisonante, si buttano su un Rock alternativo lineare e molto inglese, anche piacevole se vogliamo, suonato con coscienza e scritto con criterio, ma senza guizzi particolari.

Doriana Legge ci fa prendere una piccola pausa con “Palinsesti”, arpeggi in delay, pad iridescenti di synth in sottofondo, voce alternativamente sospesa e teatralmente piena (anche troppo, a volte) accompagnata da cori leggerissimi, e poi si sale a cercare l’esplosione, il climax, che però non arriva: viene solo suggerito da una chitarra distorta e dall’andamento vocale (pesa forse il non avere in organico qualcosa di percussivo – una batteria – che sostenga il crescendo). I De Rapage, vincitori della kermesse, infiammano tutto con l’energica “Il Grande Rock In Edicola”. Sembra di essere tornati a cavallo tra gli anni 80 e 90, sommersi da riff in distorto sostenuto e batterie ossessive, dove rullo e charlie fanno da padroni, a combattere una guerra assai rumorosa con le voci, sguaiate e sporche, come ben si confà all’impianto ironico-divertito dell’ensemble. La potenza live della band è fuori discussione: granitici, anche se non danno molto di più dell’energia grezza che producono.

“Crazy Duck” dei Dem è una sorta di Blues che triangola tra percussioni povere e continue, riff elettrici pieni di ritmo e groove, e una voce femminile che non sbaglia una virgola. Esibizione stralunata e a mio parere molto, molto divertente, che si perde un po’ quando rallenta sugli accordi di chitarra ritmica – ma poi si riprende, folle come in partenza, in un inseguimento allucinato di chitarra e percussioni. Stravaganti il giusto per spiccare nella massa, orecchiabili quello che basta per farmeli riascoltare con piacere. Approvati. Di nuovo Rock energico, questa volta dai Too Late To Wake: “Smooth Body” parte infuocata, cassa in quattro, promettendo assai bene (zona Foo Fighters); poi rallenta, si appoggia su un Rock in inglese più smorto e banale, con una voce che, sebbene calda in basso, non brilla sulle alte. Niente di eccezionale, nel complesso, ma con qualche idea interessante sparsa qua e là.

Un intro sospeso tra gli anni 70 e gli Arctic Monkeys per i Ghiaccio1, che in “Roby” si lanciano in un brano veloce, con sezione ritmica indiavolata e una voce trasformista, che qua e là tocca la timbrica di un Giuliano Sangiorgi qualsiasi. Poi rallentano, si rilassano, e ripartono, con un basso che sembra rubato a prodotti vari di Lucio Battisti. Notevole il tentativo di miscelare mood e generi diversi in un brano di poco più di 4 minuti (la coda scivola verso sonorità Reggae, e aggiunge varietà all’esibizione). La canzone non rimane troppo impressa, ma nel complesso si fanno ascoltare con gusto. The Suricates aprono con un intro Noise a cui seguono arpeggi sognanti, in un racconto Post-Punk straniante e circolare (c’è un po’ di confusione in ambito vocale, ma verso la metà del brano la cosa inizia ad avere un senso e a suonarmi così com’è: una voce che grida, sporca, gonfia di delay, esagerata). Un delirio generale ammaestrato, che riesce a tratti ad ipnotizzarmi. Non male. 

Il Disco 1 si chiude con due extra firmati De Rapage che appaiono senza titolo: il primo, che dovrebbe intitolarsi “To Be Hawaii”, è una ballad in cui la band abbandona l’energia grezza del Rock italiano primi anni 90 per darsi alla leggerezza – sempre ironico-demenziale ovviamente. Devo dire che il pezzo sta in piedi anche musicalmente, con quel giro di chitarra facilissimo e per questo bello, paraculo ma bello. E mi sento di dire che avrebbe funzionato alla grande anche ad avere un testo più serio (ma non staremmo parlando più, probabilmente, dei De Rapage). Il secondo extra torna un po’ sul sentiero del già visto, si canta e si sbraita e si picchia e si ride, ritornelli da quattro accordi e strofe goliardiche, sempre suonando sporchi & granitici insieme.

 Passiamo dunque al Disco 2: ecco di nuovo The Suricates, stavolta alle prese con “New Islands”. Intro psichico e allucinato, qualche intoppo qua e là sul nascere nel reparto chitarre, per un brano che stenta a decollare, ma poi si riprende: lento, lungo, ipnotico. Soundscapes di pianoforti, chitarre che si rincorrono, ritmiche incalzanti. L’onda scende, poi risale. Strumentale ed allucinatorio. Torna Doriana Legge, stavolta con un bel palm mute ritmico di chitarre ad introdurre “Scambisti Alla Deriva”. L’impianto è abbastanza confuso, con qualche imprecisione sparsa. Si è sempre dalle parti di una canzone d’autore post: c’è molto Lo-Fi, c’è molta teatralità, manca forse un focus maggiore. Il pathos, invece, c’è tutto. “Lisergia” per i Ghiaccio1: abbandonate le velocità Indie-Rock, ci si butta su un simil-Western con copiosi bending e momenti di frizzante distorsione strumentale. Un po’ peggio, un po’ noia.

I Too Late To Wake iniziano epici e brillanti la loro “Grey For A Day”, un Rock lento e malinconico, che, sempre senza sorprendere troppo, si dimostra composta con mestiere, mentre la voce ancora pecca nel registro alto (purtroppo). “Ngul Frekt Auà”, dedicata agli “alternativi del cazzo con la barba”, è il secondo pezzo “ufficiale” dei sempre più ghignanti De Rapage. La musica s’è ammorbidita e l’intento ironico è più preciso e affilato. Rischiano più volte di scadere nel cattivo gusto tanto per, ma qualche colpo di reni all’ultimo secondo sembra salvarli (il ritornello in dialetto, ad esempio – e chissà poi perché). Mi avevano lasciato con una simpatia inspiegabile nelle orecchie, ritornano un po’ meno luminosi e un po’ più piatti i Dem, che in “Ready If You Want Me” abbandonano la (bella) voce femminile per un cantato maschile più piatto, e un registro, in generale, più seventies. Sempre minimale, sempre percussioni leggere, chitarre frizzante e voci, il brano, sebbene sia sempre fuori di testa e pieno di arzigogoli ritmici e strutturali che proteggono lo spettatore dal disinteresse eventuale, non riesce a rimanermi incollato come quello del Disco 1. Sempre più inglesi e sempre più compatti gli A L’Aube Fluorescente (e più me lo ripeto, più il nome mi sembra figo – fuori di testa, ma figo). “Lizard” è un fascio di luce coerente e orecchiabile, che mi fa muovere la testa a ritmo, scritto bene e con una voce davvero poco italiana. Anche qui, niente di particolarmente nuovo, ma il lavoro è fatto bene, e potrebbe bastare.

Li abbiamo inquadrati nel Disco 1, non fanno che confermarsi qui: The Old School si presentano nella loro “We Are The Old School”, un Rock’n’Roll come dio comanda, e non c’è davvero bisogno che vi dica altro – nel bene e nel male.  Chiudono il party, come sopra, i De Rapage, con due ulteriori extra: sempre Rock energico, sempre la demenza più spinta, con argomento, nello specifico, l’omosessualità e la terribile esperienza di terminare il rotolo di carta igienica (con una variazione-litania: “mestruo, assorbenti, ciclo, vomito”… ci siamo capiti). 

Concludendo questa lunga carrellata di presentazioni varie: la compilation di Streetambula sorprende, e molto, perché una qualità mediamente così alta non era preventivata. Certo, l’audio non è dei migliori, le imprecisioni ogni tanto si fanno sentire, e tante band magari devono ancora mettere a punto qualcosa nei reparti tecnici: ma l’inventiva, la varietà e la passione che si possono trovare dentro questa compilation dimostrano che in giro c’è veramente tanta gente che ha qualcosa da dire. Il futuro sarà fatto di miriadi di band, che vivranno in una galassia musicale sempre più ampia e variegata, e ognuno di noi avrà mille sfaccettature da scoprire, senza doversi per forza aspettare la grande band dei nostri tempi. Iniziamo a guardarci intorno: date un’ascoltata a questa compilation e potreste incrociare qualcuno che vi convincerà a seguirlo con curiosità. Non si sa mai.

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Bad Black Sheep – 1991

Written by Recensioni

Questo lavoro dei Bad Black Sheep catapulta l’ascoltatore direttamente in una dimensione simil grunge e l’aria che si respira è proprio quella del 1991 sin dalla title track.
Recentemente il rock italiano è mutato parecchio, si è affacciato persino al Festival di Sanremo con i Blastema in primis, tuttavia qui ci sono chiari riferimenti anche a Foo Fighters e Soundgarden.
E così ecco che ci si ritrova proprio “Altrove” (titolo della seconda canzone) grazie al gruppo vicentino, formato da Filippo Altafini (chitarra e voce), Teodorico Carfagnini (basso e cori) ed Emanuele Haerens (batteria e cori).
“Didone” ha testi ammalianti ed un ritornello che entra subito nella testa (senza uscirne facilmente), anche se qui il trio sembra imitare più i Negramaro, mentre “Radio Varsavia” (da non confondere con l’omonimo successo di Franco Battiato) li riporta in atmosfere molto più rock.
“Igreja de Santa Maria” ha una ritmica molto più statica (che sarebbe stato meglio evitare) ma non per questo è di qualità inferiore perché si riprende soprattutto verso la fine, anticipando “Non conta” che forse è l’episodio migliore del disco.

La cover di “Cuccurucucu” riletta in chiave modern punk stile Green Day vi farà pogare per intere giornate mentre “Special 50” vi riporterà sul “Pianeta terra”.
“Mr Davis” ha un inizio molto movimentato in cui si incastrano batteria e basso alla perfezione con chitarra e voce introducendovi ad “Altra velocità” (che in realtà alterna molti tempi diversi).
Concludono il tutto in grande stile “Fiato trattenuto” e “Miglia sotto la norma”.
Unico difetto: Se fosse stato cantato totalmente in inglese probabilmente questo lavoro avrebbe guadagnato quel punticino in più…
Tuttavia la mia vuol essere una provocazione e un invito a tradurre almeno parte dei dodici brani nella lingua madre del rock e chissà che il consiglio non venga ascoltato…

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Gambardellas

Written by Interviste

È troppo facile pensare che per fare un buon disco ci vogliano solo buoni strumenti e buona tecnica. Se non spendi il tuo tempo sulle idee e non prendi ispirazioni a destra e a manca, anche al di fuori degli ambiti prettamente suonerecci, quello che matematicamente otterrai sarà un disco di merda. Mauro Gambardella è uno che di tempo alla musica ne ha dedicato, ed i risultati si vedono, anzi si sentono, nel disco d’esordio dei suoi Gambardellas, Sloppy Sounds. Se non avete ancora idea di cosa stiamo parlando, questa breve chiacchierata esplicativa può schiarirvi le idee…

Chi è Mauro Gambardella e chi sono i Gambardellas? Quali sono le differenze fra queste due entità?
Mauro Gambardella è un batterista che ha lavorato a lungo nella e sulla musica e i Gambardellas sono la manifestazione di quello che la musica ha rappresentato per lui nel corso della sua vita. Il disco di questo progetto è il disco che ho sempre voluto realizzare, ci è voluto del tempo e molta costanza ma sono davvero soddisfatto. È un sogno che prende vita.

Come hai vissuto il fatto di essere un batterista atipico portatore sano di idee e proposte di scrittura? Ti sei mai sentito come un giocatore di hockey su ghiaccio in un campo di calcio?
È sempre stato difficile imporre le proprie idee all’interno delle band, soprattutto quando queste idee andavano a coprire gli ambiti della melodia ed armonia di un brano. La difficoltà stava anche nel riuscire a fare capire quello che nella mia mente era perfettamente chiaro ma nella pratica ero incapace di realizzare per mancanze tecniche su strumenti che non fossero la batteria. Mi sono messo dunque di impegno, ho sviluppato le mie doti su altri strumenti e ho lavorato con un produttore che fosse in sintonia con il mio pensiero.

Quali sono le principali fonti di ispirazione (anche al di fuori della musica in generale) per i Gambardellas?
Musicalmente parlando ce ne sono tantissime: da questo lavoro in particolare si possono percepre band rock americane ed inglesi in generale: dai Rolling Stones ai Foo Fighters, dai Queens of the Stone Age ai Devo. Sloppy Sounds rappresenta quello che sono staato fino ad ora. Il cinema è un’altra grande fonte di ispirazione: ogni canzone soprattutto dal punto di vista di arrangiamento e testo deve essere come un film perfetto: i giusti sali e scendi, i giusti colpi di scena ed i grandi finali. In tal senso amo profondamente Tarantino, Tim Burton e la maestosità di Nolan.

Nel vostro album d’esordio Sloppy Sounds tecnica e idee si fondono egregiamente per dar vita ad un prodotto di respiro internazionale. Questo vi colloca in po’ fuori dalla scena italiana dove si predilige il più rassicurante idioma nazionale. Scelta istintiva o ragionata?
Non mi sono mai posto il problema, istintivamente sono andato sull’inglese e ho portato avanti la cosa. Credo che il nostro genere si confaccia di più a questa lingua e l’obbiettivo estero è un nostro pallino, ci stiamo lavorando.

Per Flash, opening track di Sloppy Sounds, è stato realizzato un video per la regia di Davide Menchetti. Come è nata l’idea del concept (nel video ti si vede suonare contemporaneamente basso, batteria e chitarra)? La sfrutterete di nuovo in futuro per dare ancora più risalto al fatto che in realtà questo sia un progetto personale?
Il video vuole essere un’introduzione a questo progetto: mi sono fatto davvero in quattro per ottenere quello che ho ora. Tutto è iniziato da me con in mano una chitarra ed una manciata di canzoni. Poi pian piano si sono aggiunti prima Fabio Dalè che ha coprodotto e registrato con me l’album, poi Fabio Trentini che lo ha mixato ed infine la band che mi segue dal vivo: Glenda Frassi, Grethel Frassi, Alessio Lonati ed Andrea Gobbi. Mi piace considerarla una grande famiglia allargata anche se per ora il perno e l’immagine del gruppo “pesano” solo su di me. In tal senso ho sempre amato band come Queens of the Stone Age, Eagles of Death Metal o Nine Inch Nails per la loro capaciità di mantenere un piccolo nucleo fisso ed interscambiare gli altri membri della band pur mantenendo coerente il sound.

Avete in programma di realizzare altri video per Sloppy Sounds? A me piacerebbe molto vedere il video di Tito, ma se vuoi puoi rispondermi “e sti cazzi?!”
Tito è sicuramente uno dei pezzi più di impatto, ci stiamo ragionando ma credo che un secondo singolo sia d’obbligo, soprattutto di questi tempi in cui i video sono così richiesti dalla rete.

La scena contemporanea della musica italiana, così come della musica in genere, pare vivere un momento di stasi dove non è inquadrabile una vera e propria “scena musicale”. Quanto è importante per i Gambardellas poter entrare a far parte di una scena e condividere idee oltre che concerti o pubblico? Secondo te c’è bisogno di questo tipo di interazioni fra artisti per crescere e dare più respiro e visibilità alle proprie produzioni?
È da anni che porto avanti questa idea di condivisione. Solo creando una vera scena  musicale si possono creare circoli virtuosi che portino dei miglioramenti nel povero mondo musicale italiano. Un esempio pratico è la città di Brescia. tutti si chiedono come mai da lì vengano così tante band valide. Il motivo è da ricercarsi nella cooperazione tra band tanto in fase di suonato quanto nel vicendevole supporto sottopalco durante i concerti. Questo ha favorito gli stessi locali che sono trovati una clientela interessata a musica di qualità e che riempiva i loro locali, questi a loro volta si sono rivolti a veri promoter che ricercassero e fissassero date a band valide e così via. Se si facesse a livello nazionale sarebbe la svolta ma spesso ci si mettono di mezzo delle politiche strane degli addetti ai lavori e spesso la non voglia da parte della band di volersi adattare a nuove situazioni. qualcosa si sta muovendo ma c’è ancora da lavorare.

Parlaci del concorso che coinvolge i tuoi fans. Di che si tratta?
Siamo una band nuova ed il nostro obbiettivo è come prima cosa far sentire la nostra musica senza troppi vincoli. Abbiamo voluto regalare in occasione dell’uscita dell”album 5 cd a 5 fortunati ragazzi estratti tra coloro che avevano condiviso il nostro video sul proprio profilo. Penso che sia davvero la gente che decide cosa funziona o meno nella musica e volevamo dimostrare la nostra gratitudine a coloro che ci seguono e ci ascoltano.

Prossimi live?
Siamo in tour in questo momento. Abbiamo diverse date programmate in tutta italia, da Milano a Napoli. Il nostro live è molto paricolare, io dal vivo continuo a suonare la batteria e sono la voce principale, già questo è piuttosto inusuale ma penso che il colpo d’occhio ripaghi bene gli sforzi per montare il live. Potete trovare tutte le date sul nostro facebook.

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