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Fiori di Cadillac – Cartoline

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Pare che per la realizzazione dell’esordio discografico i Fiori di Cadillac hanno impiegato circa due anni, almeno da quello che leggo sulla loro presentazione promozionale, l’esordio in questione si materializza sotto il nome di Cartoline uscito sotto etichetta Forears. Due anni sono veramente tanti, immaginate in due anni quante cose si possono fare, quante cose possono cambiare e soprattutto quante differenti sensazioni possono attraversare l’intimità di una persona. Ma in due anni è possibile anche concepire qualcosa di sensato dai connotati maturi. I Fiori di Cadillac per qualche motivo che fatico ancora a elaborare mi erano già passati per le orecchie, insomma, provo questa strana sensazione di averli già ascoltati prima di ricevere il disco e consumarlo nella giusta misura che meritano. Sono quei misteri ai quali non riesco mai a dare una spiegazione ma che accetto con una smisurata soddisfazione specialmente quando l’oggetto misterioso in questione è rappresentato da un lavoro come Cartoline. La band campana ci mette dentro una notevole quantità di tecnica ma il valore aggiunto è segnato indubbiamente dall’emotività sperimentale del sound. Io dentro quel sound mi sono perso infinite volte e provavo piacere nel lasciarmi ammanettare dalla loro enfasi, quadrati e armonicamente perfetti anche quando il cantato in italiano non si dovrebbe legare perfettamente al tipo di musica proposto per una questione di orecchiabilità. Lode a questo bravo cantante.

Per intenderci (e sono parole loro) trovano influenze in band come Radiohead e Mercury Rev. Cartoline si apre con “Il Ministero dell’Amore” e la ritmica innaturale (alla Radiohead) si sovrappone prepotentemente ad un cantato bello e immediato. La durezza della pasta esce subito allo scoperto. “Io Resto Qui” viaggia sulla stessa sintonia della precedente, ambienti umidi ed emozionalità alle stelle. Tutto resta sugli stessi contesti fino ad arrivare alla più intima e personale “Prima” nella quale i Fiori di Cadillac lasciano molto spazio a riff mielati e coinvolgenti. Soltanto palpitazioni in “Dissolvenza/Stacco”. Acidi e psicologicamente confusi in “Canzone in Scatola”, qualcosa mi ricorda il caos intelligente dei primissimi Bluvertigo, niente di scontato insomma. Ironia della sorte in “Fuori Nevica” (perché fuori nevica davvero) dove le atmosfere sembrano quelle affrontate quasi perennemente da Moby ma molto più rockettare e con un finale ai limiti del Post Rock. Sorrisi e pianti in “Jonny”, il disco è quasi finito e molte cose si sono ficcate sotto pelle. “Le Tue Cartoline” suona come una gradevole chiusura del disco, un brano che sembra prenderci per mano e accompagnarci all’uscita con estremo desiderio di vedersi nuovamente. I Fiori di Cadillac registrano un esordio discografico di indiscusso fascino, dentro Cartoline possiamo trovare tutto quello che cerchiamo, bisogna avere cervello e buon gusto. I Fiori di Cadillac sono una delle migliori uscite di questo duemilatredici stronzo e funesto, un esordio che ti scoppia in faccia. Non potevano iniziare meglio.

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Insooner – Caimani

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Come rompere le barriere del suono e sentirsi liberi di esprimere sentimenti in totale naturalezza, l’indie rock duro ma dal cuore tenero. Esce per Forears con la produzione artistica di Daniele Landi il nuovo disco “Caimani” degli Insooner . In poco tempo si capisce che “Caimani” non ha niente a che vedere con tutto quello cotto e ri-cotto nel calderone della musica (maledettamente)italiana, una personalità indossata con estremo carattere e tanta violenza strutturale da balzare dritti dalla sedia, un lavoro deciso e degno di farsi spazio nella mischia. Gli Insooner suonano in tre ma hanno la potenza di venti, ospitate mirate come quella dell’onnipresente Nicola Manzan al violino, un tocco di dolcezza che diventa veemenza senza scampo. Sono otto le canzoni, alternative e insolite come non avete mai sperato di ascoltare, “Alluvioni” il primo pezzo mette subito le cose in chiaro dimostrando le intenzioni affatto banali della band di Varese. Poi continuiamo citando in modalità casuale pezzi come “Giuda”, “Icaro nel fango” e “Istantanea della fine”, sorprese belle che voglio conservare fiero nel magazzino musicale della mia mente tenendo conto che anche i brani non citati non sono assolutamente da meno. Un modo diverso di suonare rock italiano, alternativo e comunque innovativo in un mondo “italiano” statico e legato al palo ormai da troppo tempo per reagire con la giusta reattività.

Quei chitarroni psichedelici poi caricano di adrenalina e lasciano sospesi tra sonorità post rock e musica d’autore, un bacio e subito dopo un pugno, amore che evolve in dolore. Cercavo un disco pieno di emozioni e finalmente riesco a trovarlo, ci entro a capofitto nella speranza di provare ancora qualcosa di emozionante, la musica serve a rendere vive quelle sensazioni appannate dall’indifferenza della normalità quotidiana. Gli Insooner suonano per la gente, “Caimani” suona come un atto di risveglio dei sensi, ogni tanto arriva qualcosa che mi ricorda di essere vivo in un contesto troppo scialbo e schematizzato per essere vero. Eppure sono vivo.

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