Franco Battiato Tag Archive
Soundgarden + Nine Inch Nails
Non sono un grande frequentatore di concerti, ne faccio uno o due grossi all’anno se capita e se ne vale la pena (per intenderci nel 2013 ho visto solo Nick Cave a Roma) e quando vado ad un concerto, grande o piccolo che sia, più che alle sonorità o alla tecnica dei musicisti, sono interessato ai movimenti delle masse, guardo i particolari in generale, le sfumature, le situazioni, insomma sono attratto da tutto ciò che un artista da al suo pubblico e di come riesce a farlo muovere, ballare o cantare sotto il palco. Di Franco Battiato ad esempio mi piace molto il cambio di ritmo che riesce a dare ai suoi concerti, di Nick Cave il modo in cui ha coinvolto il pubblico tanto da frantumare con i suoi movimenti la rigidità della platea già dalle prime note. Detto questo, la prima cosa che balza agli occhi in un concerto nordamericano è che una volta superate le barriere d’ingresso si può finalmente bere!!!!!!!!!
In nord America il proibizionismo è stato abolito negli anni 30 e in Canada non c’è mai stato, ma qui per i bevitori di alcolici la vita è dura. Non si può bere fuori dai locali, non puoi andare in giro con una bottiglia in mano (a meno che essa non sia coperta) e se putacaso ti beccano a bere in un parco con un minore di 21 a meno di 50 metri da te…sei spacciato. Quindi, superate le transenne, mi appare come una fonte per un assetato nel deserto l’omino delle birre (per chi si stesse chiedendo, “Ma allora se ho meno di 21 anni e sono a in America niente concerti???” tranquilli per gli infanti e le signore in dolce attesa, c’è una sezione con ingresso autonomo apposta….). Detto questo, ci avviamo ai nostri posti e girando gli sguardi notiamo che il Molson Ampithetre non c’entra nulla con l’anfiteatro Parco della Musica a Roma. Ma, ok, noi abbiamo Renzo Piano e 20 secoli di storia dell’architettura alle spalle, loro altre cose anche se è vero che non conosco un architetto canadese degno di nota.
Una altra cosa che mi ha colpito è l’enorme mole di stand (birre, sandwich, merchandising e varie) che noto intorno a me. Non è che in Europa non ce ne siano, ma un numero cosi esagerato di solito se è abituati a vederlo nei festival. Ma si sa, qui fanno tutto in grande. Appena ci sediamo ai nostri posti, decido di farmi un giro, e noto con piacere che le facce, gli sguardi e le sensazioni sono le stesse che da noi. Dopo l’ennesima birra bevuta (finalmente camminando!!!!) ecco che parte il primo gruppo. Francamente io non sono un appassionato di Nine Inch Nails e non ho neanche potuto documentarmi come faccio di solito prima di un concerto, ma un’acustica cosi impietosa non l’avevo mai sentita neanche nei peggiori bar del centro Abruzzo. Quindi il live passa, almeno per me, in modo anonimo, anche se noto con piacere che il pubblico comincia a scaldarsi e a muoversi.
Decido quindi di tornare al bar, ancora e sempre alla ricerca di nuove cose e mentre stavo cercando di spiegare ad un’italo canadese che Trapani e Palermo non sono la stessa cosa, sento con piacere che i Soundgarden hanno cominciato il loro concerto. Tornato al mio posto, si sente che l’acustica è migliorata di molto, anche se non è ai livelli a cui sono abituato. Lo spettacolo è piacevole e bello e dalle prime note si capisce che sarà una bella serata, anche perché i Soundgarden, anche se non coinvolgenti come speravo, reggono bene il palco, grazie ad un perfetto mix tra musica e luci, scure per i pezzi più elettronici e lenti e forti, appariscenti e colorate per i brani Rock. Insomma una bella serata, in cui ho apprezzato in modo particolare come dice Vincent Vega in Pulp Fiction, “quelle piccole differenze tra noi e loro……….”
Soundgarden Setlist:
Searching With My Good Eye Closed
Spoonman
Flower
Outshined
Black Hole Sun
Jesus Christ Pose
The Day I Tried to Live
My Wave
Superunknown
Blow Up the Outside World
Fell on Black Days
A Thousand Days Before
Rusty Cage
Beyond the Wheel
Nine Inch Nails Setlist:
Copy of A
Sanctified
Came Back Haunted
1,000,000
March of the Pigs
Piggy
Terrible Lie
Closer
Gave Up
Me, I’m Not
Find My Way
The Great Destroyer
Eraser
Wish
Only
The Hand That Feeds
Head Like a Hole
Encore:
Hurt
Marta Sui Tubi – Salva Gente
I Marta Sui Tubi hanno indubbiamente tratto vantaggio dalla partecipazione al Festival di Sanremo 2013, ma chi, come me, li ascolta e li conosce da sempre sa benissimo che il loro stile è rimasto sempre fedele ed immutato nel tempo. Probabilmente lo aveva già capito anche quel grande genio che era Lucio Dalla, scomparso nel 2012 poco dopo una sua esibizione a Montreaux, qui presente nell’atto conclusivo di questo cd, “Cromatica”. Salva Gente è una raccolta celebrativa della carriera di questo gruppo fatta da oltre un decennio di concerti in giro per tutta l’Italia, di cinque album (ed un ep) in studio e uno dal vivo. Non male come curriculum quindi. Tra le diciannove qui presenti ci sono anche due inediti, la title track (che vede alla voce anche un certo Franco Battiato) e “A Modo Mio”, entrambi descritti dal gruppo come potenti, freschi e vitali. Una definizione che si potrebbe prestare benissimo anche al gruppo stesso, se vogliamo, soprattutto quando sentirete “Di Vino” e “L’unica Cosa”. Anche se scritte anni prima tutte le canzoni conservano il loro fascino originario e resistono alle intemperie senza grandi problemi, segno di una grande capacità di esecuzione e di maestria negli arrangiamenti (gli unici rifacimenti qui presenti sono quelli di “Cristiana” e “L’Abbandono”). Da segnalare anche la presenza della Bandakadabra ne “Il Giorno del Mio Compleanno” e di Malika Ayane in “La Ladra”. Se proprio fosse necessario fare un appunto a questo lavoro, direi che magari un altro inedito ci sarebbe stato proprio bene, ma se ciò avrebbe significato l’estromissione dalla scaletta di qualche traccia allora è tutto perfetto anche così. Nulla da recriminare quindi ed ora non ci resta che aspettare il prossimo disco di questo gruppo che ha sempre dato lustro alla nostra musica. Lunga vita a Giovanni Gulino, a Carmelo Pipitone, a Ivan Paolini, a Paolo Pischedda e a Mattia Boschi! Lunga vita ai Marta sui Tubi!
Band Bunker Club – Musica per Cafalopodi e Colombi Selvatici
La band astigiana sa essere evocativa e raffinata ma sa anche prenderti a schiaffi usando le parole al posto delle mani.
Continue ReadingGalleria Margò – Fuori Tutto
La Galleria Margò nasce dall’incontro fra Antonio “Gno” Sarubbi (voce e testi) ed il chitarrista Stefano Re (chitarra e synth) nell’anno 2012. Alla batteria troviamo Tony Santelia ed al basso Marco Paradisi. Insomma, quattro ragazzi con la voglia di farsi sentire, voglia che verrà chiaramente espressa attraverso l’album di debutto Fuori Tutto (la scelta del titolo non è di certo casuale). Il disco, anticipato di un mese dal singolo “Glitter” su YouTube, esce in versione digitale il 16 aprile 2013, appena due giorni prima dell’uscita della sua versione fisica ed in un solo anno la Galleria Margò riesce ad accumulare un notevole numero di live, spaziando dall’estremo settentrione alla provincia salernitana (Scafati – 29 novembre 2013), dove registra un notevole seguito. Il disco si rivela intrigante sin dal primo sguardo, grazie alla strategica e brillante copertina (ad opera di Davide “Zark” Chiello) che sintetizza in maniera concisa il contenuto dell’album, attraverso la metafora degli occhi che rifioriscono (metafora contenuta, tra l’altro, nella quarta traccia del disco “Dovessi Mai”).
Per quanto riguarda il sound, ci si accorge sin dal primo ascolto che la Galleria Margò non si preclude nulla, sperimentando un mix di suoni che riesce a sintetizzare una musica alla portata di tutti, tuttavia non scontata (generlamente definita Electro Pop), che sembra riportare alla luce il sound anni 90. Tuttavia, troviamo senza dubbio un fattore di attualizzazione che conferisce al disco in generale una chiara vena moderna, realizzata in gran parte dal massiccio utilizzo di musica strumentale e per la restante parte dai testi di “Gno”, che trasudano polemica anticonformista contemporanea in lotta con l’esigenza/imposizione di allacciarsi agli schemi quotidiani (una lotta agli status quo). Polemica che trova la sua massima realizzazione nella traccia numero tre “Cupido se ne Fotte”, in cui si mette alla luce la totale indifferenza del dio dell’amore ai lucchetti degli innamorati, alle tariffe della Vodafone ed ai multisala che fanno sconti ai giovani amanti. La suddetta polemica, tuttavia, non si realizza attraverso schemi infantili sterili e diretti, bensì attraverso continui giochi di parole, metafore e vocaboli ricercati, che portano inevitabilmente al paragone fra Galleria Margò e Baustelle. Altro inevitabile avvicinamento sorge inerentemente l’ultima traccia, intitolata “Distretto Nove”. Una traccia che tiene con il fiato sospeso; senza dubbio quella di maggiore contenuto artistico-poetico. Amori e pianeti, alieni e costellazioni, sound epici, continue similutidini, rime, riferimenti platonici, che riportano alla mente “La cura” di Franco Battiato. Ispirazione o casualità poetica? In sintesi, posso riassumere così: un disco saturo di satira e sorrisi in controluce, meritevole di un attento ascolto, assolutamente non banale, che, tuttavia, lascia straniti, quasi come se avessimo perso un qualche dettaglio importante per chiudere il puzzle ed incorniciarlo con il giusto parere.
Le Superclassifiche di Rockambula: Top Ten anni Ottanta
Esiste un decennio più controverso degli anni 80? Ed esiste un modo peggiore di iniziare un articolo che con due domande retoriche? Ovviamente (altrimenti non sarebbe una domanda retorica) la risposta è no in entrambi i casi.
Gli anni Ottanta per gli ultra trentenni come me sono gli anni più straordinari che ci siano, quelli vissuti nel pieno della fanciullezza ma che avremmo navigato magicamente anche nella decade seguente, per l’ovvio ritardo con il quale il nostro paese ne ripresentava le tendenze, anche cinematografiche e musicali. È stato per noi il decennio ammaliante che ci ha fatto diventare quello che siamo, straordinario e favoloso perché, pur se ben saldo nella memoria, ha un sapore di tempi antichi, passati, andati per sempre. Dieci anni in sospeso, ambigui che nella musica ma anche nel cinema, nella moda, nel costume, nella politica, in tutto insomma, hanno toccato gli estremi più lontani che si potessero immaginare.
Erano gli anni di “Video Killed the Radio Star” e quelli di “Luna”, di “Enola Gay” e di “Gioca Jouer”, di Falco e Miguel Bosè, di “Vamos a la Playa” e “Vacanze romane”, gli anni di Raf, di Madonna e i Duran Duran, di “Take on me” e Gianna Nannini, de “La Bamba” (la canzone), Nick Kamen e Jovanotti che faceva il verso ai rapper americani e poi Francesco Salvi con le sue canzoni ultratrash. Gli anni 80 sono stati per molti la decade trash per eccellenza e anche se tanta della sua spazzatura oggi è considerata oggetto di culto, fu anche un decennio colmo di musica eccezionale. La nostra classifica prova a darvene un esempio.
Al primo posto si piazza Bleach l’album che non solo ci consegnò una delle più grandi band e dei più amati, imitati e adorati cantanti di sempre, una leggenda vera ma pose anche le basi per una delle ultime rivoluzioni del Rock che esplose poi nei 90. Subito dietro i Sonic Youth, capaci di prendere l’eredità dei Velvet Underground e adattarla ai nuovi tempi (grazie anche all’esperienza con Glenn Branca e Rhys Chatam) e un’altra formazione clamorosa, The Smiths, tra le più rappresentative del suo tempo grazie anche a un frontman dal fascino indiscusso. Buon piazzamento per Curtis e il suo Closer, ponte metaforico tra due diverse epoche e ottima doppietta per gli eredi (in parte) Cure con Disintegration e Pornography. Sorprende la presenza di ben due dischi italiani i quali, se certamente non avranno avuto un ruolo primario nella storia della musica mondiale, per il nostro paese hanno suonato come uno stravolgimento incredibile della realtà. Due album profondamente diversi ma dalla potenza espressiva non dissimile, Affinità-divergenze fra il Compagno Togliatti e Noi del Conseguimento della Maggiore Età dei CCCP e Franco Battiato con La Voce del Padrone. Chiudono altre due sorprese, Tom Waits e i Dinosaur Jr mentre restano purtroppo fuori dalla top ten a malincuore e per pochissime preferenze di differenza capolavori come Zen Arcade (Hüsker Dü), The Stone Roses, The Joshua Tree (U2), Thriller (Michael Jackson), i Duran Duran che disperdono i voti tra Rio e l’omonimo e tanti altri. Peccato anche per l’assenza di Pixies, Talking Heads e Metallica ma le classifiche sono sempre difficili.
Diteci voi, chi non doveva mancare? Chi non avremmo dovuto inserire? E vi piace il primo posto?
1. Nirvana – Bleach
2. Sonic Youth – Daydream Nation
3. The Smiths – The Queen Is Dead
4. The Cure – Disintegration
5. Joy Division – Closer
6. CCCP – Affinità-divergenze fra il Compagno Togliatti e Noi del Conseguimento della Maggiore Età
7. Franco Battiato – La Voce del Padrone
8. The Cure – Pornography
9. Dinosaur Jr – You’re Living All Over Me
10. Tom Waits – Rain Dogs
Disorchestra – Umano Disumano
I Disorchestra, trio formato dal cantante, chitarrista e autore Giulio Marino, dal bassista Emanuele Ciampichettie dal batterista Alessio Palizzi,che nel 2012 esce con l’album d’esordio intitolato Umano Disumano, due termini antitetici per spiegare l’umano, inteso come attenzione all’Essere, sostituito da una disumanizzazione spietata dell’individuo.
Un lavoro di tredici brani che si muovono nel Rock Cantautorale tipicamente italiano, a tratti alla Marlene Kuntz, pieno di elementiteatrali nell’uso della voce e soprattutto poetici nei testi molto fitti, come loro stessi dicono senza molte pretese, che come nella maggior parte delle volte nella sfera cantautorale esprimono il mondo interno dell’artista, con i suoi sentimenti, pensieri, passioni e preoccupazioni, confrontandosi poi con la parte oggettiva del complicato mondo contemporaneo. L’andamento del disco appare però fin troppo omogeneo, nella parte vocale sempre uguale a se stessa nel modo di cantare parlando, nel ritmo e nella parte strumentale che potrebbe esplodere in sonorità più Rock ma invece non lo fa se non ne “La Camera Elettrica” che sottolinea soprattutto nella batteria l’ansia di vivere e in “Non è Nessuno”rabbioso e dolce allo stesso tempo. Interessante è invece “La guerra dei Poveri” ultimo brano del disco che finalmente sperimenta nuovi orizzonti sonori con un country ironico sulle guerre quotidiane contro nemicisbagliati per la gioia di un potere che si ricicla e ingrassa… e brani come questo spiegano perché la musica e il cinema riescano a raccontare la realtà e la vita in modo più facile e sincero rispetto alla politica fasulla. Peccato che poi poeti musicali come Franco Battiato si siano lasciati trasportare dall’infamia e dalla lode di un mondo forse troppo lontano dall’arte musicale, facendola vergognare di espressioni sempre più volgari.
Umano e Disumano, quindi, è un lavoro “adulto” forse un po’ troppo e un po’ troppo carico del peso della vita, con i suoi riferimenti all’amore finito, alla mafia, alla tossicodipendenza, alla perenne agitazione dell’individuo nonché del popolo. Tutto questo certamente è utile per spingere la gente a pensare e a riflettere invece di farsi trasportare dalle mode, ma dal punto di vista della melodia che viene definita asciutta, sembrerebbe un lavoro che con molta difficoltà lascia trasparire qualche brivido musicale. Tutto sommato un buon esordio, ma per finire un consiglio: uscire dagli schemi e colorare il Cantautorato con altre sfumature musicali forse sarebbe una strada da imboccare, tanto male che vada si può sempre cliccare il tasto cancella.
“Diamanti Vintage” Franco Battiato – Pollution
La spallata avvenne quando il siciliano Franco Battiato – già riconosciuto aviatore pazzoide delle sperimentazioni off e avantgard oltre il consentito – prese la decisione di alzare il tiro della sua creatività, il perno centrale di una qualitativa vena aurifera che vedeva nelle elucubrazioni messe in musica e nei “disturbi” effettati di nuovissime macchine soniche come il VC7, Mellotron, Squize ed una infinità di ammennicoli esorbitanti, la nuova frontiera della musica, il nuovo cosmo rock da interpretare, e senza lasciarsi suggerire nulla il capelluto catanese dette anima e fiato al nuovo capolavoro “Pollution” che darà razza al suo predecessore, quel Fetus algebrico e smagliante che aveva già ammaliato, stordito e diviso gran parte della platea alternativa degli anni Settanta.
Una stupenda commistione metafisica di rock, delirio, classica, campionature, sangue e fegato, e tutta la psichedelica che si può raccogliere da letture di miti e gloriose evoluzioni che riempiono tutto un immaginario, ancora un tutto di eleganti retrogusti e azzardi riusciti che Battiato giostra e impiastra con un modus operandi mai sentito – se non in certe stralunate gassosità Floydiane – , un sensazionalismo alterato alla pari di un viaggio sotto peyote; il misticismo impera, la convulsione ed il pathos sbranano l’ascolto e la dolcezza taglia a meraviglia, ma è anche la consapevole “rottura” con una certa visione della musica che si acclamata e dove da li a poco più in la il progressive di stampo italiano prenderà il suo volo personale, la sua apertura alare si amplierà fino alla fine della decade.
Sette episodi passati alla storia della storia, il walzer di Strauss spaccato a metà dal rumore esplosivo di un tuono lacerante ed il rock che spunta aggressivo da dietro l’epilettismo di una eco riverberata e di organo prog “Il Silenzio Del Rumore”, “31 Dicembre 1999 – Ore 9”, il mantra di “Areknames”, il potere di un Mellotron pomposo in “Beta”; un disco disegnato alla perfezione, un trip culturale diabolico che il musicista siculo rilascia come un testamento ai posteri, al centro di una epoca che fa vittime ed eroi in una violenza inaudita “Plancton” e poi ancora quel walzer di Strauss che ritorna, inesausto con la conseguente esplosione d’effetto, quel senso puro, nudo e di svuotamento che in due scenari non contrapposti, la titletrack e “ Ti Sei Mai Chiesto Quale Funzione Hai?”, chiude un lavoro discografico, un grande capitolo di ieri che ancora oggi insegna e fa sognare, magari da ascoltare più di una volta, ma che una volta “agganciato nella mente” vi alzerà di due metri da terra. Garantito!
http://www.youtube.com/watch?v=kOunIHp31Jc