La Tosse Grassa è un culto più che una one man band demenziale, cattivo e ironico come mai nessuno in terra italica; irriverente e totalmente contro tutto quello che i puristi del Rock possono considerare musica. Un culto ormai attivo dal 2011 e con quattro dischi alle spalle (Tg4 compreso) del tipo che riesce a rapire tanto quanto a disgustare, spaccando inevitabilmente gli ascoltatori tra adepti e nemici. Se non avete mai origliato null’altro di quest’omaccione marchigiano preparatevi al peggio perché la prima volta che lo farete, le vostre reazioni saranno un misto tra “che merda è questa?”, “stiamo scherzando?” e altre dichiarazioni di questo stampo. Poi potranno accadere due cose. Non vi azzarderete mai più a pigiare il tasto play oppure proverete un’imbarazzante voglia di dare ascolto ancora e poi ancora e poi ancora i brani di uno dei Tg (i suoi album). La cosa più strana è che non riuscirete a capire il perché di questa voglia e avrete paura di quello che siete, un po’ come quando nella testa ci passano pensieri talmente cattivi, sadici e meschini da farci vergognare di noi stessi. Dal vivo La Tosse Grassa è esperienza delirante e divertente grazie anche allo pseudo corpo di ballo Radical Macabre Tanzkommando ma per ora, in attesa della nuova stagione live, dobbiamo accontentarci di questo nuovo lavoro in studio, che poi dire “in studio” è piuttosto un’esagerazione, visto il livello Lo Fi della registrazione. Chiarito ai miscredenti quale sia la follia dietro al culto, resta da capire di che diavolo di roba si stia parlando. Autodefinitosi un incrocio tra GG Allin, Madonna ed Elvis Presley in realtà il nostro non fa altro che miscelare brani preesistenti a formare delle basi spesso di stampo danzereccio, sulle quali piazza delle liriche aggressive, sarcastiche, che affrontano temi di stampo sociale e umanistico, oppure semplicemente raccontano storie folli, senza mai eccedere con l’ostentazione biografica. A differenza degli episodi precedenti, sono meno i brani sessualmente o blasfemicamente rilevanti (“Voglio la Pensione”) e più quelli intimi.
In realtà non ci sono episodi esasperatamente eccessivi come potevano essere “Lo Vuoi nel Culo”, “Gay Porn”, “Ho Male a te” (ho male al cazzo, ho male al cazzo, ho male a te), “Robuste Dosi di Cazzo” in TG1, “Ti Apro il Culto” (più per l’uso dell’inno italiano che per le bestemmie) in TG2, “Marchigian Routine 2” (se vi danno fastidio le bestemmie, questo pezzo sarà il vostro demonio) in TG3. Satira politica estrema dunque (“Tentacoli”, “Lutto Nazionale”) e attacchi pesanti al sistema comunicativo (“Sono Io il Suffragio Universale”, “Adam Kadmon”) ma anche storie divertenti (“Me La Dai la D.I.”) o aggressioni verbali ai nuovi loser come i malati di gioco d’azzardo da bar (“Just Cavalle”) e la stupidità in genere (“Mentalità” che canta forza Juve, viva il duce, Vasco Vasco alé alé), o racconti pesanti di squilibri mentali (“NSFW”) e deliri cimiteriali (“Never Forget Cimitero”, “Afoto Patomba”). Rispetto ai Tg precedenti sono meno anche i brani veramente memorabili, a modo loro, ma in tracklist c’è forse la più bella cosa mai scritta dal genio (passatemelo, dai) di Recanati (forse al pari di “Sei Qui Solo per le Telecamere” che puntava su ritmi ballabili e potenti). “C’ho una Persona Dentro” è un pezzo introspettivo, l’unico realmente in prima persona, sia a livello musicale sia testuale in cui La Tosse Grassa (usando per la base Massimo Ranieri – “Perdere L’Amore”, Arcade Fire – “Rebellion (Lies)”, Kirlian Camera – “Ascension” e Riz Ortolani – “Cannibal Holocaust”) racconta di come, nel profondo del suo animo, viva uno spirito capace di metterlo in una condizione di accettazione anche nei confronti di tutto ciò di più fastidioso e ingiusto ci circondi nella vita di tutti i giorni (c’ho una persona dentro che mi fa stare allegro /quando vado a fa spesa e mi chiama capo un negro /c’ho una persona dentro che non dice “capo un cazzo” /ma sorride al ragazzo).
Come detto, la parte musicale è essenzialmente composta di miscele di brani di altri, quindi, superato lo sconcerto iniziale e una volta presa familiarità con i testi assurdi, potreste divertirvi a scovare da quali brani siano formate le canzoni, considerando che La Tosse Grassa ha sempre mostrato una grande conoscenza del mondo della musica, senza mai palesarsi banale nelle scelte, anzi tirando fuori perle notevoli e ostentandosi attento anche alle novità meno mainstream. Qualche suggerimento: Johnny Cash – “Ring Of Fire”, The Cramps – “Garbageman”, Frankie Knuckles – “Your Love”, Kraftwerk – “Numbers”, The Pains of Being Pure at Heart – “Simple And Sure” e tantissimi altri. Per chi avrà apprezzato le cose più movimentate dei capitoli precedenti, sicuramente degne di nota e di sicuro impatto in chiave live vanno considerate “Me La Dai la D.I.” e “Never Forget Cimitero” mentre interessanti sono anche “Mentalità” e “Afoto Patomba”. Arrivato alla fine, viene da chiedersi come si possa esprimere un giudizio reale su un disco del genere perché non esiste assolutamente nulla di paragonabile e TG4 può essere visto sotto una duplice veste. Da un lato muove il gusto per il macabro, il brutto, il rivoltante, che è parte integrante del nostro essere. Dall’altro è un’idea intelligente messa in piedi nella maniera più grezza possibile, orrida in un certo senso ma perfetta per rendere il concetto. Paragonato ai dischi precedenti, TG4 deluderà solo i più legati alla carnalità volgare degli esordi mentre non lo farà affatto con chi ha amato anche il più intelligente messo in mostra nelle ultime cose. In senso assoluto TG4 è un disco volutamente brutto, un album che dovete assolutamente ascoltare una volta, almeno per poter dire con certezza che mai più lo farete ma attenzione, c’è il forte rischio di trovarvi anche voi invischiati nella merda fino al collo, dentro il culto de La Tosse Grassa.