God Is An Astronaut Tag Archive
Cosse – It Turns Pale
La mente e il cuore convivono armoniosamente nell’album di debutto del quartetto francese, in bilico fra noise, post-rock e suggestioni oniriche.
Continue ReadingGod Is An Astronaut @ Villa Ada incontra il Mondo, Roma | 10.07.2017
Quello dei God Is An Astronaut è uno dei concerti belli per definizione. Non tanto per lo spettacolo in sé (e che spettacolo) quanto per tutta l’architettura che lo sorregge.
(foto di Beatrice Ciuca)
Like a Paperplane – Unfolding Light
Avete mai passato un pomeriggio d’estate distesi in un campo di grano guardando le nuvole danzare veloci nel cielo? Ecco, quella è l’immaginazione. Aspettate un secondo. No, non è quella l’immaginazione. Quella è la cartolina, l’idea di immaginazione che potrebbe scaturire da uno spot della mulino bianco. Quella è la definizione dell’immaginazione fornita dai Like a Paperplane. Quella non è l’immaginazione ma un luogo comune. Lo stesso che pare essere la musica contenuta in Unfolding Light quando si autodefinisce Instrumental /Post Rock. Un gigantesco e noioso e anche un po’ raffazzonato luogo comune sul genere oltretutto reso da una registrazione ovattata, con suoni non degni di paragoni lodevoli con illustri colleghi, stranieri e non. Dieci pezzi per la giovane formazione fiorentina che riprendono la tradizione Post Rock di God Is an Astronaut, Explosion in the Sky e Mogwai senza provare minimamente a scostarsi dal vecchio solco ormai tracciato e polveroso, anzi ridisegnandolo in maniera ancor più confusa e grossolana. Scusate le mie poche parole ma il Post Rock è altra cosa; almeno io immagino che lo sia. Così come vagheggio che l’immaginazione sia altra cosa rispetto allo stereotipo d’un pomeriggio d’estate passato distesi in un campo di grano guardando le nuvole danzare veloci nel cielo. L’immaginazione è sognare e fare di tutto per realizzare i propri sogni. L’immaginazione è ciò che ci rende liberi e schiavi al tempo stesso. L’immaginazione è la capacità di prevedere il futuro e sistematicamente sbagliare; ma in fondo, anche queste sono enormi stronzate.
Il Silenzio Degli Astronauti – Moments of Inertia
Tra le influenze che i ragazzi de Il Silenzio Degli Astronauti citano sulla loro pagina Facebook si possono leggere God is an Astronaut, Godspeed You! Black Emperor, Mogwai, Pink Floyd. Il loro primo disco Moments of Intertia (5 brani per quasi 40 minuti di musica strumentale in gran parte onirica e cullante) pesca a piene mani dal repertorio Post-Rock internazionale, dall’opener “It Doesn’t Matter What we Fought” fino alla lunga, conclusiva, sospesa “Clouds Are Indifferent”. Una chitarra, un basso, una batteria, uniti a ricamare, con semplicità e pazienza, lenti crescendo, aperti soundscape suonati (niente – o quasi – elettronica e pochi, oculati effetti) con una naturalezza e una consapevolezza quasi artigiane.
Il Silenzio degli Astronauti, come da monicker, ci prende per mano per trascinarci verso l’orbita, dove la gravità ci abbandona lentamente, per lasciarci ondeggiare e vagare nello Spazio, scuro e luminoso insieme, così vuoto eppure così prepotentemente gonfio di significati, significati da cercare nel silenzio: un silenzio riempito solo dagli intrecci vibranti di una chitarra, un basso, una batteria.
Moments of Inertia non inventa niente, non rielabora granché, non scopre nulla: regala poco più di mezzora di volo nel buio assoluto e silente. Ma se (come me) apprezzate l’immaginario stellare, cosmico, spaziale di un Vuoto da riempire con gli abissi della mente, andate a farvi staccare il biglietto per il vostro personale razzo extraplanetario e seguite Il Silenzio degli Astronauti. Il disco è in ascolto gratuito su Soundcloud: fateci un salto e fateci sapere.