Gothic Rock Tag Archive

Songs of a Lost World, il mondo perduto – e ritrovato – dei Cure

Written by #, Recensioni

La band di Robert Smith è tornata dopo un’attesa durata sedici anni, e noi non potevamo che omaggiarla con una recensione collettiva da parte della nostra redazione.
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Swans – The Beggar

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“Michael is done”, o forse no: l’instancabile creatura di Michael Gira dimostra di poter sfuggire ancora una volta agli artigli del tempo.
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Oneste, crude, dark – Intervista alle Ghum [ITA/ENG]

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Alla scoperta della band di base a Londra che la scorsa estate ha esordito con l’intrigante Bitter.
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Spiryt – Spiryt

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Un inno alle tenebre in cui si fatica a sentirsi a proprio agio e trovare la luce per uscirne.
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Bloody Mary – Anno Zero

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Quando sei in giro per i concerti e bazzichi da uno studio di registrazione all’altro sputando sangue e sudando le famose “sette camicie” stai certo che le ossa le irrobustisci e di esperienza ne fai tanta. Metti poi che le intenzioni sono delle migliori e dunque le idee ci sono, ed anche buone, non puoi che svolgere un ottimo lavoro. Questo è ciò che è successo ai nostrani Bloody Mary, che a parer di chi scrive sono una salda realtà della scena Gothic italiana, un punto di riferimento che in circa dieci anni è riuscita ad affermarsi divenendo un gruppo chiave. Aldebran e soci arrivano, alla fine, a proporre un suono che è diventato un marchio di fabbrica garantito, nel senso che se ascolti una canzone dei Bloody Mary (o del loro ultimo disco protagonista della nostra recensione), Anno Zero, riesci a captare da subito la natura di provenienza del brano. La gavetta c’è stata, gli sforzi sono stati tanti ma alla fine il risultato ottenuto è più che soddisfacente e la Goth band milanese lo sa bene, può godersi gli elogi e vantarsi dell’ottimo operato svolto in circa un dieci anni di onorata carriera. Anno Zero è un disco dalle mille sfumature, gli intraprendenti ragazzi sfoderano tutto il loro talento sfornando cosi un disco divenuto punto di riferimento per gli amanti del genere in Italia. Ci troviamo tra le mani un lavoro fresco che amalgama aggressività, melodia e dolcezza; la sensuale voce di Aldebran è un altro elemento distintivo, potremmo considerarla la via di mezzo tra quella di Ville Valo degli HIM e quella di Jirky dei 69 Eyes.

Con Anno Zero notiamo comunque le prestazioni di una band matura che in un certo senso è andata alla ricerca di un sound personale capace di trasformarsi in uno stile molto personale e perciò riconoscibile velocemente dall’ascoltatore. In una playlist di Gothic Rock si farebbero notare subito canzoni come “Chase The Nowhere” o “Crawling” per non parlare della dolce “Frozen” che, a parere personale, risulta essere l’indiscusso cavallo di battaglia del platter. Durante l’ascolto non sarà difficile farsi rapire dalle note di “Judith”, un inconfondibile ballata capace di lasciare a bocca aperta, oppure la sensuale “So Far Away” ritmata al punto giusto. Anno Zero è un disco che piacerà a molti, non resta che farsi trascinare dalla seducente musica dei Bloody Mary.

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Nick Cave & The Bad Seeds – Push the Sky Away EP

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Capita una volta l’anno dover recensire un album così, un gigante così. Uscirà il 19 Febbraio “Push the Sky Away” il nuovo EP di una delle personalità più contorte del panorama rock mondiale.
The Big One nel suo genere, oscuro e malinconico, per me un mostro. Dall’Australia il grande ritorno di Nick Cave & The Bad Seeds. Solo uno come lui poteva dare un nome così ad un album. Come se volesse chiudere un ciclo che ha avuto inizio nel suo primo album “From Here to Eternity”.  In ombra. Tutto quello che dirò sarà scontato. Quindi lasciate perdere e ascoltate l’album. Questa è una questione personale, non una recensione. Una lunga storia, struggente. All’epilogo di una carriera fatta di personaggi in ombra, sulla vita, sull’amore, sulla “tradizione”. Perchè We go down with the dew in the morningcome ci racconta in We No Who U R la traccia che apre questo EP.
Ma facciamo una pausa. Quest’album viene fuori dopo 5 anni di silenzio dopo l’esperienza di “Dig!!! Lazarus, Dig!!!” in cui si stacca un altro pezzo dei Bed Seeds, Mick Harvey ex chitarra elettrica, chitarra acustica, basso, organo. Uscito dalla band nel 2008 e preceduto già da Blixa Bargeld (ex chitarra, voce. Uscito dalla band nel 2003). Quindi toccherà prendere quest’album col giusto orecchio, preparato a ad ascoltare un Cave che va verso le origini con i Bad Seeds rimasti.
La formazione ufficialmente sarebbe di 12 componenti. Ma sottolineerei Warren Ellis viola, chitarre, in primis. I due  hanno collaborato, tra il 2005 e il 2009, a varie colonne sonore. Una sintesi a noi utile per capire quest’album potrebbe essere Nick Cave & Warren Ellis. Quindi un tentativo di ritorno alle origini musicali dove si sente la mancanza di alcuni componenti del gruppo e la centralità dei pezzi è lasciata alla sua voce, alle sue storie, alla sua malinconia e alla bravura di Ellis.  Una catarsi al rovescio dove si contano i cocci esistenziali.

Notizia dell’ultim’ora invece è quella che vede Barry Adamson primo bassista dei Bad Seeds (uscito dalla band nel 1986) unirsi alla band per il tour 2013 (in Italia l’11 luglio al Summer Lucca Festival).
Ascoltando i testi, accompagnati come ho detto dalla viola/violoncello di Ellis, Cave come suo solito ci porta in posti oscuri. Apre il suo armadio degli scheletri e inizia a vomitare su tutto quello in cui non è riuscito a credere nella sua vita. La traccia che da il titolo all’album è emblematica “Push th Sky Away” che canta sul ritornello. La disillusione dell’amore. Visto come rapporto destinato a finire. Oppure in “Higgs Boson Blues” dove ci narra i suoi dubbi sul razionalismo e come, conosciamo tutti il bosone di Higgs, esso si voglia sostituire a Dio. Un Dio che sta scomodo a Cave in “Jubilee Street” dove ci racconta tutta la brava gente che predica bene e razzola male. Il solito Cave malinconico, viscerale, tetro. Ma pure sempre Cave. Un gigante che in quest’album non ci presenta niente di nuovo ma ci porge il conto. E tocca ascoltarlo……………..

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Vedova Virgo – Meccanica della Morte

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Eccoli tornare in scena i Vedova Virgo, un quintetto fiorentino che propone una sorta di Gothic con richiami alla New Wave, etichettandosi però, come una forma di Death Rock. I Vedova Virgo diedero un cenno di vita già alcuni anni fa, precisamente nel 2009, mostrandosi con un primo disco intitolato “EctrasAnemos”; adesso sono pronti a confermare la loro voglia di  suonare e di affermarsi con un disco che la dice davvero lunga, ovvero, “Meccanica della Morte”. Questo lavoro rispecchia a tutti gli effetti i canoni e  lo stile di Patrick, Furyo, Aliosha, Luca e Silvia; il tetro suono presente nel disco che ricorda un po’ i Paradise Lost, un po’ i Depeche Mode e un po’ i Christian Death (questi ultimi maggiormente), ha la capacità d’ incantarti al primo ascolto. Neanche a farlo apposta ho ascoltato per la prima volta il disco in un atmosfera degna dei migliori film di Dario Argento e John Carpenter: nel letto alle tre del mattino (dunque notte fonda) con un temporale in cui tuoni e lampi facevano da padroni.  L’ effetto è stato immediato e suggestivo, il cupo e sinistro momento ha aggiunto una sensazione in più all’ ascolto del disco. Le tracce che subito si sono fatte notare sono state: “Crisalide”, “Rosa di Sabbia” e la titletrack. L’ unica delusione è stata “Megera”, il loro primo singolo appunto. Attenzione, con questo non voglio dire che la canzone è brutta o appellativi simili solo che non è all’ altezza delle altre tracce presenti nel disco, che credetemi hanno un loro fascino. Detto questo non resta altro da fare che gustarsi “Meccanica della Morte” e riporre speranza nei Vedova Virgo.

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