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Singapore Sling 19/03/2015

Written by Live Report

Singapore Sling @ Magazzino sul Po, Torino, 19/03/2015

In merito all’Islanda, la mia cara amica Wikipedia recita le seguenti parole che riporto fedelmente: “Nel gennaio 2013 la popolazione era di 321.857 abitanti: ciò la rende (escludendo i microstati), il paese europeo meno popolato.” Nonostante il ridotto numero di abitanti, l’Islanda può vantare comunque artisti di grande interesse internazionale, e tra questi ci sono sicuramente i Singapore Sling, una formazione capitanata da Henrik Björnsson ed attiva da inizio millennio. Verrebbe da mettersi a studiare questo fenomeno di fermento artistico; il più becero dei luoghi comuni porterebbe a pensare che quando sei geograficamente isolato e non c’è un cazzo da fare, devi attivarti in qualche modo per poter ovviare alla noia mortale della quotidianità. A me invece piace pensare che deve esserci qualcosa di magico in quei luoghi, dove malinconia e solitudine viaggiano in parallelo, e diventa interessante scoprire come vengono trasformati in musica questi sentimenti. Ed è proprio all’incessante ripetersi della quotidiana solitudine che associo la musica dei Singapore Sling, in viaggio per il tour legato al loro nuovo album, The Tower of Foronicity, ed in visita al Magazzino sul Po di Torino lo scorso 19 marzo 2015. Se all’ascolto digitale il disco appare inquietante ed ossessivo, l’ascolto live non può che accentuare queste caratteristiche. Sotto il palco il pubblico si muove, balla e si dimena, ma sul palco il quintetto resta quasi immobile; la stessa immobilità di quelle giornate dove spesso capita di dire “non accade mai nulla”. Chitarrista, batterista e bassista hanno lo sguardo chino sul proprio strumento, e quasi mai lo rivolgono verso il pubblico o altrove. I movimenti sono ridotti all’osso; se non fosse necessario muovere mani e braccia per suonare probabilmente non avrebbero mosso nemmeno quelle. Henrik Björnsson invece ha la testa alta, le labbra attaccate al microfono, ma lo sguardo è dritto, perso nel vuoto, a fissare il nulla, un piano parallelo alla linea di terra, come la sua voce, che non si perde in inutili virtuosismi o picchi di volume, ma aumenta velocità all’occorrenza, e accompagnata dalla sua chitarra scende in basso là dove risiedono le paure, le ansie, i nodi alla gola, i buchi neri al cuore, accentuandoli ed estremizzandoli. Una performance che difficilmente dimenticherò. Sanno bene come tradurre in musica i propri malesseri esistenziali, questi Singapore Sling.

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