Hibernophiles è un titolo curioso per un album, una di quelle parole che richiedono di essere analizzate per capirne il senso, e in effetti, un significato esiste, sia letterale, sia per il suo autore Andrea Rock. Wikipedia ci da una mano e ci dice che Hiberna è il nome che i romani usavano come riferimento per l’Irlanda, di conseguenza se sei un Hibernophilo sei una persona legata a doppio, se non triplo, filo alla cultura irlandese. Andrea Rock scegliendo questa parola come titolo della sua prima opera da solista, si dichiara quindi amatore incondizionato dell’Irlanda e della sua cultura e ci fornisce subito le giuste coordinate per inquadrare gli undici brani di Hibernophiles.
L’album ha senza dubbio due grandi caratteristiche: una forte impronta autobiografica e la perfetta rappresentazione degli stilemi della musicale irlandese, anche se filtrati e contaminati dalle precedenti esperienze musicali di Andrea. Il cuore selvaggio e irlandese del disco trova forza ed espressione nel singolone “Bury Me a Irish”, conforto nel classicone ritmato e festaiolo “Galway Girl” di Steve Earle, una certa commozione ed emozione nella ballad “Flag”. Il brano “Larry the Legend”, omaggio a Larry Bird, star del basket NBA completa la rose dei brani che usano al meglio le sonorità e i canoni del genere. All’interno di questo mondo popolato da prati verdi, pinte di guinness, violini, banjo e fisarmoniche spuntano qual e là brani meno Irish e maggiormente influenzati dal Classic Rock come la chitarrosa “Never Stop Drinkin”, la bonjoviana “What It Take To Be a Man” e “Be Still My Heart”, e anche ispirati da un pizzico di Punk come la cover di “Story of My Life” dei Social Distorsion, anche se il nuovo arrangiamento la priva della grinta e del piglio che la contraddistinguevano. Il racconto di Andrea si chiude con “Not Afraid” un mix ritmato di Hip Hop e banjo, che spazza via le belle immagini di prati verdeggianti e ispirate a favore di un brano più moderno, vicino ad un pubblico giovane. Hibernophiles è un album ben fatto, senza cadute clamorose e molto orecchiabile, fedele alla dichiarazione d’amore dell’autore e per questo forse pecca di poca vivacità. Le tematiche e le storie, perlopiù autobiografiche, sono condivisibili e raccontano un mondo fatto di passioni, esperienze di vita, amici, pub e pinte di guinness. Tutto questo lo rendono diretto, accesibile e facile da ascoltare.