Se uno volesse essere cinico e cattivo, basterebbe dire, signori e signori ecco a voi i marchigiani High Frequency, una delle migliori cover band dei Pearl Jam, e Eddie Vedder ringrazia di cuore e STOP! Ma poi, presi un po’ dal cuore, dalla tenerezza ma anche da un senso di giustizia di dire le cose in faccia in serietà e per non illudere la band di turno o verso chi ci “vuol provare” ad andare una tacca più su dell’anonimato totale, lasciamo correre queste dieci tracce senza troncarle di botto ed archiviarle nell’oblio ancor più totale di quell’anonimato, anche perché scavando a fondo in questa tracklist molto ingegno d’insieme, professionalità e verso acuminato, non di creatività certamente, ma di una crescita ed intelligenza musicale “purtroppo” non trasferita in un qualcosa di personale, di propria mano o perlomeno, di un senso collimante, ma mai come è dato sentire a quattro orecchi spalmato su un copia ed incolla spudorato della band di Seattle “Sunny Rain” su tutte, fatto bene ci mancherebbe, ma sempre copia in colla è, e quello che viene da dire immediatamente, ma perché perdere tempo poi ad ascoltare queste tracce quando ci sono gli splendidi originali ovunque?
Ora con il massimo rispetto per la formazione marchigiana, ma forse stavano solo scherzando, è un disco di vere cover, tracce da worm-up prima di buttare giù l’ordito per il disco quello vero, quello che li farà stare in piedi davanti alla critica musicale per una ricerca sonora personale, uno scandagliare testi e liriche appropriate alle loro sensazioni, anche perché non si capisce il senso di spendere soldi e soldoni più il tempo impiegato per una registrazione che rifà il verso a cose “d’altri” sentite e risentite attraverso la storia del rock.
Nell’attesa del disco “veritiero” riponiamo queste tracce nei cassetti delle “miscellanee. Della serie, quando la forza e la potenza c’è ma viene sprecata per nulla.