I Cani Tag Archive

Prosegue il tour de I Cani + nuovo videoclip!

Written by Senza categoria

Continua il tour di presentazione di Glamour, l’ultima fatica de I Cani. Alle date che già abbiamo segnalato ne sono state aggiunte altre, perciò vi riportiamo l’intero calendario. Vi segnaliamo, inoltre, che è uscito il videoclip realizzato per il brano “Come Vera Nabokov”, che trovate di seguito. Godetevelo!

15 FEBBRAIO – MILANO – MI AMI ANCORA

21 FEBBRAIO – VERONA – AUDITORIUM MALKOVICH

22 FEBBRAIO – COLLE VAL D’ELSA (SI) – SONAR

27 FEBBRAIO – PALERMO – I CANDELAI

28 FEBBRAIO – CATANIA – CENTRO CULTURE CONTEMPORANEE ZO

7 MARZO – TANETO DI GATTATICO (RE) – FUORI ORARIO

8 MARZO – TREVISO – NEW AGE CLUB

21 MARZO – MARIANO COMENSE (CO) – IL CIRCOLO

22 MARZO – ASTI – PALCO 19

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I Cani 16/11/2013

Written by Live Report

Non sono mai stato un fan sfegatato dei romani I Cani, anzi,  conoscevo appena un brano tratto da uno split realizzato con i simpatici e altrettanto grandi Gazebo Penguins. Eppure la possibilità di assistere a un loro concerto mi ha smosso un inquietante entusiasmo. Sarà stato merito di quell’unico pezzo di cui accennavo in precedenza? Chissà…

testaintasca1

In un Pin Up pieno a metà assistevo ancora tiepido alla performance del gruppo di apertura, i Testaintasca, quartetto capitolino e piacevole e inaspettata sorpresa che ha interagito meravigliosamente con il pubblico presente, sfoderando uno dietro l’altro i migliori colpi del repertorio, compresi alcuni brani del loro ottimo esordio, Maledizione! da “Un Minuto Duro” fino a “Maledizione!” passando per “Sai che c’è”, “Cazzi Tuoi”, “Collaborare”, “Blu”, “Settembre”, “Grazie al Cielo”, “La Musica (Mi Piace Tanto)”. Dopo mezzora di live il palco si svuota, avvolto dalla penombra e da un suono che ricorda le astronavi della pellicola Independence Day. Silenziosi, senza nessuna altezzosità, i quattro ragazzi si sono posizionati ai loro posti di combattimento. Il primo colpo diretto e micidiale è stato dettato dalla batteria metronomica di Simone, che scandiva l’opening di “Come Vera Nabokov”, una canzone viscerale e a tratti romantica, la summa della loro proposta musicale.

testaintasca2

Una a una, come da una Gatling, sono partite le altre tracce in uno spettro sonoro che racchiudeva molte song tratte dall’ultimo Glamour senza rinunciare ai classici come “Hipsteria” o “Velleità”. Menzione particolare va anche al brano citato in apertura di questa recensione,“Asperger”, delirio elettronico dai toni amari e malinconici. Ogni paragone con i vari Subsonica o Bluvertigo, raffronto che personalmente trovo fuori luogo, si demolisce nell’esecuzione disperata di “Storia di un Impiegato” e soprattutto della punteggiante “FBYC (Sfortuna)”, una piccola perla che ha traslocato da giorni nella mia mente e mi costringe a canticchiarla a oltranza. Un lungo e bellissimo concerto che si chiude con un bis nel quale Contessa da sfoggio di due suoi gioielli che già in tanti stavano reclamando, “Velleità”, presente nel precedente Il Sorprendente Album d’esordio dei Cani e “Lexotan”, già hit del nuovo lavoro. Il modo migliore per lasciarmi, appena dopo aver fatto conoscenza.

scaletta cani

Non sono ancora diventato un fan sfegatato de I Cani, per ora mi ritengo solo un giovane segugio. Tuttavia il mio fiuto col tempo è migliorato notevolmente.

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Lantern – Diavoleria

Written by Recensioni

Si può solo tentare di essere brevi con i Lantern, non fosse altro per rispetto della loro estrema capacità di sintesi. Ficcare in otto brani, la cui durata media si attesta sui due minuti o poco più, un’ansia comunicativa intensa e ruvidissima, e insieme una capacità d’analisi anche, a sorpresa, poetica e sensibile: questo il ragguardevole traguardo che riesce a raggiungere Diavoleria, il loro primo album. “Annunciando il nostro oblio abbiamo progettato la nostra solitudine. Come astro-ingegneri edifichiamo mondi e varchi siderali. Non ricordo le facce, confondo le storie di serate passate a dimenticare di fingere di volere ogni cosa diversa da te”. Si apre così Diavoleria (“Inferno a Rotta di Collo”) e già constatiamo un gusto e una leggerezza sorprendenti, che si mescolano (emulsionano, sarebbe la parola adatta) con un mare di schiaffi sonori, distorsioni vibranti, batterie devastanti.

Il disco, nelle sue otto tracce, racconta spiragli di mondo, ci prende allo stomaco, ci scuote, ci racconta attimi, adolescenze, sogni, fallimenti (altro che I Cani). Ci dice tanto, con pochissimo: “Nasciamo nudi moriamo in stracci argento e lustrini e sangue e sangue” (“Il Segreto Delle Ragazze”); “Se non inventiamo più il mondo, che resta? Dimmi, che resta? Ora che tutto è svanito e lo scheletro sotto la roccia sono io, che ho sempre creduto non lo saprai mai” (“Mucchio d’Ossa Cobberpot”); “Cerco nuove gocce nel mare, faremmo prima a lasciarci annegare” (“L’Invincibile S50”). C’è ancora qualcosa da pulire, è vero: ogni tanto si cade nell’autocommiserazione, quasi compiaciuta, nella storiella da ricatto emo-tivo. Ma è una macchia accettabile in un dipinto dalle pennellate così furiose, così dense. I Lantern accompagnano le loro vicissitudini con un impianto feroce, intenso, caldissimo. Voci sgolate, attimi di vuoto ad intervallare colpi sotto la cintura, unghie alla gola, tensione e sudore di un Post Hardcore molto convincente. Come spesso accade quando si parla di questo genere di musica, ogni tanto si subisce una dissociazione tra la leggerezza (in senso calviniano) delle liriche e la pesantezza dell’impianto vocale, che avanza per la sua strada e avrebbe lo stesso impatto anche cantando grammelot e facendoci comunque leggere quei testi su un foglio, a fine corsa. È, credo, l’unica cosa che impedisce ad un gruppo del genere di diventare veramente popolare (per il resto, c’è proprio tutto: storie, intensità, carica generazionale, e, miracolosamente, un buon grado di orecchiabilità, non orecchiabilità Pop, ovviamente).

Un buonissimo disco d’esordio, inframmezzato da estratti da “Crimini e Misfatti” di Woody Allen su religione ed etica, che ci fa vedere in controluce uno spessore ricercato e quasi raggiunto. Uno spessore di cui c’è un grandissimo bisogno, e che speriamo i Lantern proseguano nel ricercare anche nel futuro, regalandoci un seguito più focalizzato ma altrettanto sincero. Glielo auguriamo (e ce lo auguriamo) con tutto il cuore.

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Prosegue il Tour de I Cani

Written by Senza categoria

Dopo la pausa per le vacanze natalizie, riprende il tour de I Cani per la presentazione dell’album Glamour. I ragazzi si esibiranno su e giù per l’intera penisola, fino a primavera. Di seguito le date:

29 GENNAIO – PADOVA – ALTA FEDELTA’ C/O GEOXINO
7 FEBBRAIO – CESENA – VIDIA ROCK CLUB
13 FEBBRAIO – TERNI – QUEENCY CLUB
15 FEBBRAIO – MILANO – MI AMI ANCORA
21 FEBBRAIO – VERONA – AUDITORIUM MALKOVICH
22 FEBBRAIO – COLLE VAL D’ELSA (SI) – SONAR
27 FEBBRAIO – PALERMO – I CANDELAI
28 FEBBRAIO – CATANIA – CENTRO CULTURE CONTEMPORANEE ZO
7 MARZO – TANETO DI GATTATICO (RE) – FUORI ORARIO
21 MARZO – MARIANO COMENSE (CO) – IL CIRCOLO
22 MARZO – TREVISO – NEW AGE CLUB

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La parodia del brano “Le Coppie” de I Cani

Written by Senza categoria

I Cani non finiscono mai di far parlare di loro. Nuovo disco chiacchieratissimo e addirittura una parodia del brano “Le Coppie” ad opera del cantautore calabro-romano SiVa che debutterà con il primo lavoro da solista Argomenti che non vi Interessano, Scritti coi Piedi che uscirà il 9 Gennaio sotto etichetta Lapidarie Incisioni.

Un modo simpatico di parlare de I Cani, solo simpatia e niente di più.

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Il Video della Settimana: Bicchiere Mezzo Pieno – La Pillola della Presa a Bene

Written by Senza categoria

“La Pillola della Presa a Bene” è il primo videoclip della band Bicchiere Mezzo Pieno; la traccia è contenuta nel loro primo Ep Il Contrario di Lol. Prodotto in collaborazione con 2periodico Caffè, Birra Bolivia artigianale e Davide Caucci (già produttore esecutivo dei clip di I Cani, Kutso, Gazebo Penguins, Eva Mon Amour, FASK).

Il videoclip è registrato presso Il Piano B produzioni da R. Cola e masterizzato da F. Decarolis.

Scritto da David Colangeli
Produzione esecutiva Davide Caucci e David Colangeli per ilPolimorfo
Operatore e Montaggio Daniele Faggioni
VFX Nicola Neri
DOP Simone Carubelli
Costumi Petra Giuliani
Cast director Federica Mancuso
Location management Gianmarco Lauri
Automezzi Giorgia Santarelli

Potete vederlo di seguito e in home per tutta la settimana nell’apposita sezione.

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I Cani – Glamour

Written by Recensioni

Il vero dramma de I Cani è lo stesso dramma di Checco Zalone: la mancanza, nella risposta del pubblico, di una zona grigia, di una scrollata di spalle e un mezzo sorriso, di un tenere il ritmo col piede pensando ad altro, o leggersi i testi e rifletterci sopra senza poi ascoltarsi più di due pezzi in fila. Complicità e amore, o intensissimo odio. Il dramma di Glamour sta tutto lì: nell’hype, nel fenomeno che lo distorce e lo moltiplica e alla fine ce lo fa vedere come non è, ossia, alternativamente, la voce di una generazione o il male del secolo, che trascinerà nel pressapochismo e nell’hipsteria la nostra già malridotta scena (?) musicale. E invece questo Glamour non è altro che un disco come tanti, che ha delle belle cose (ma belle davvero) e altre un po’ meno (un bel po’ meno). A me, personalmente, la svolta intimista di Niccolò Contessa è piaciuta: si perde quell’espressionismo sociologico che ha reso Il Sorprendente Album D’Esordio dei Cani quello che è stato, ma si acquista in bitterness, che per un autore è manna dal cielo. I testi sono il punto di forza de I Cani (e, in fondo, lo sono sempre stati): niente di eccezionale, intendiamoci, siamo lontani dalle vere voci nuove che girano in Italia (per fare qualche nome sparso a caso: Iosonouncane, o gli Uochi Toki). Però Niccolò sa scrivere, o meglio, più che scrivere sa raccontare, raccontarsi, scoprirsi nudo, apparentemente sincero, strafottente, fragile e tagliente, di fronte a noi, nel bene e nel male. Già questo dovrebbe essere un buon motivo per rispettare il personaggio (che poi, certo, fa anche il furbo e si diverte con le mode, con il gergo, con la ruffianeria decadente, ma fa parte del gioco, e ci sta tutto).

Ciò che rende un po’ meno è l’impianto musicale generale, giusto una scusa per dire ciò che si deve dire in modo che la gente ci si muova sopra, poco o tanto che sia, che tenga il tempo con la testa, o che fischietti il motivetto. Per non parlare del lato vocale, ovviamente inesistente (non credo che qualcuno voglia definire Niccolò un “cantante”). Rispetto al primo disco c’è più profondità, grazie forse anche all’apporto produttivo di Enrico Fontanelli (Offlaga Disco Pax), ma siamo sempre dalle parti di qualcosa che se lo ascolti non lo ascolti per la musica (ma si può dire di tanta musica italiana di ieri e di oggi, e di per sé non è un male, è la media). Ecco, leggevo tempo fa un articolo sul cinema americano contemporaneo. Si diceva che ormai la critica (cinematografica) non serve praticamente più a nulla (ammesso che sia mai servita ma da qui si fa della filosofia). I blockbuster muovono maree di soldi, il marketing è aggressivo, la comunicazione assordante, il pubblico decide. Cosa vi posso dire de I Cani che già non sapete? Vi posso ripetere cosa ne penso io: checché ne sia della polarizzazione delle opinioni generali, a me Glamour sembra un disco come tanti altri, con brani che mi hanno convinto (“Roma Sud + Theme From Koh Samui”, che non si capisce proprio cosa c’entri qui dentro, o il cantautorato saldato al Noise di “Introduzione”, o il divertissement paraculo di “San Lorenzo”, dalle parti di un Samuele Bersani), e altri molto meno (“Corso Trieste”, una mutazione così così, o “Non c’è Niente di Twee”, ruffianissima e caramellosa).

Glamour lo ascolto anche un paio di volte, piacevolmente. Poi lo metto via. E, guarda un po’, non mi ha cambiato la vita. A voi?

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I Cani: parte il tour

Written by Senza categoria

Dal prossimo 16 novembre partirà il fittissimo tour di presentazione di Glamour, ultima fatica discografica de I Cani. La band sarà accompagnata dai Testaintasca. Il biglietto per ogni spettacolo costa 10€ più eventuali diritti di prevendita. Di seguito le date fino alla fine del 2013.

16 novembre 2013 – Mosciano Sant’Angelo (TE) – Pin Up

23 novembre 2013 – Perugia – Urban

29 novembre 2013 – Torino – Hiroshima

04 dicembre 2013 – Roma – Circolo degli Artisti
05 dicembre 2013 – Roma – Circolo degli Artisti

06 dicembre 2013 – Firenze – Viper

12 dicembre 2013 – Milano – Magazzini Generali

13 dicembre 2013 – Bologna – Estragon

14 dicembre 2013 – Bari – Demodè

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Glamour: nuovo album per I Cani

Written by Senza categoria

Si chiama Glamour, contiene undici canzoni, ed è il nuovo album de I Cani. Uscirà il 22 ottobre in formato digitale e dal 29 sarà disponibile anche in CD e vinile (edizione limitata). Da qualche giorno è possibile acquistarlo in pre-order su iTunes, al prezzo speciale di 6.99 €, ricevendo subito in cambio il brano Non c’è Niente di Twee, il cui video è stato svelato lo scorso giovedì 10 ottobre tramite un volantino, con solo il logo della band e un link, distribuito durante il concerto degli Editors all’Alcatraz di Milano.

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Retrospettive radiofoniche di un moderno speaker.

Written by Articoli

Era digitale, smaterializzazione dei supporti, streaming e share sono ormai le parole che più frequentemente associamo alla musica, eppure la radio, mezzo longevo e alleato fedele nel corso del tempo, rappresenta da sempre un’incubatrice speciale per la musica e la sua diffusione.  Aldilà delle grosse emittenti, che come da consuetudine si adagiano nel corso tranquillo della musica mainstream,  c’è un folto sottobosco di piccole e medie radio e webradio che ogni giorno si fanno in quattro per diffondere musica e intrattenerci. Vista le premesse mi sono chiesta che cosa significasse fare radio oggi, soprattutto in piccole realtà slegate dalle grosse logiche commerciali e  come fosse il doversi confrontare con lo scenario musicale odierno. A un primo impatto e senza grandi informazioni l’idea iniziale che mi si è palesata è stata la seguente: grande difficoltà a barcamenarsi in questo scenario. Come concorderete non era un’idea così geniale o  una prospettiva così interessante per poter sviluppare un’opinione ben definita e soprattutto articolata. Ed è  per questo che mi sono rivolta a  chi poteva darmi un punto di vista che andasse più in profondità sull’argomento dato che per passione ogni settimana si scervella per portare avanti un programma fuori dal coro: Ivano on air da CiaoComo Radio. Pensatela come un’ intervista alla vecchia maniera, volutamente senza smarthphone o device tecnologici, ma fatta di chiacchiere tra amici, ad un tavolino di un bar, in una Milano con la prima aria frizzantina dell’autunno alle porte e un paio di daiquiri per alleggerire la solennità dell’argomento. Dopo i canonici saluti, benvenuti e ringraziamenti sono partita dal classico, conoscere meglio chi avevo davanti, il suo programma radiofonico e come è cominciato il suo percorso in questo ambiente per poi andare a snocciolare più in profondità diversi argomenti. Si è parlato di web e digital e dell’impatto che essi hanno, ma anche di musica in purezza. Dopo due ore di chiacchiere le idee e le considerazioni non si contano e il quadro che emerge, e che prima sembrava alquanto fumoso si va comporre e definire in maniera sempre più chiara. Il sottobosco musicale di chi scrive su webzine, parla per radio e si adopera in molti altri modi per la musica che esce dalla grande mamma mainstream è ricco di persone volenterose di offrire un prodotto di qualità che possa spaziare, dare voce ai giovani ma al tempo stesso raggiungere buoni livelli di credibilità. In questa continua definizione di se stessi e del proprio operato e anche di lotta per un po’ di spazio diventa fondamentale il mezzo e l’editore per cui si lavora. Una linea di azione che consenta libertà di esprimersi e di fare le proprie scelte, è sicuramente un buon punto di partenza per uscire dalle classiche logiche buoniste e rimanere incasellati in qualcosa di troppo stretto, e per evitare che atti di censura che rendano zoppicante anche il miglior prodotto. Il web e social network, sono un altro tema scottante in quanto per definizione armi a doppio taglio. Facebook, Youtube, WordPress, Soundcloud e via dicendo sono strumenti utilissimi e fin troppo potenti per chi ne conosce i segreti e li maneggia con sguardo strategico, suppellettili di superficie per i meno esperti alla stregua di corollario poco sfruttato di una grosso romanzo di appendice. Non voglio dire che manchi la consapevolezza della loro utilità, ma che spesso l’approccio è troppo amatoriale e poco strutturato. In fondo il digitale rappresenta il principale strumento di lavoro e di circolazione della musica, a cui è indispensabile non rinunciare,  in termini di velocità di diffusione, flessibilità si utilizzo nonché di riduzione dei costi.  Altro tema è il famigerato budget, che incombe sulle teste dei grandi capitalisti così come su quelle dei piccoli perché in fondo molte cose girano ancora in base a logiche prettamente commerciali. Possiamo però tirare un sospiro di sollievo a sapere se forse questo è il punto meno dolente per chi dedica tempo e passione ai proprio interessi e alle proprie idee. Insomma un calderone di chiacchiere e di spunti su cui riflettere di cui preferisco non svelare tutto e lasciarvi incuriosire dalle risposte che il nostro interlocutore, di cui non ci siamo dimenticati, ci ha dato. Riprendiamo le fila dall’inizio, da  Ivano e il suo programma IndieCircus e tutto quello che ci ha detto.

Ciao Ivano, benvenuto su Rockambula. Ti va di raccontarci come hai incominciato in radio e presentare il tuo programma Indiecircus?
Ciao a voi e grazie per avermi contattato per questa intervista. La mia passione per la radio è nata fin da ragazzino, prima per gioco con gli amici, con le classiche demo fatte in casa e in qualche serata amatoriale presso locali di musica live, in pratica come iniziano tutti. Solo qualche anno più tardi è diventata una realtà più consistente, quando due amici in cerca di una terza voce per il loro programma mi hanno incluso nel progetto. Dapprima con una piccola rubrica, poi in maniera sempre più attiva. Dopo tre anni di gavetta, le nostre strade si sono separate e ho colto l’opportunità per realizzare un nuovo progetto, che potesse essere un ponte con le esperienze fatte, ma che avesse un format e uno stile di conduzione differente. Il risultato è Indicircus, che già dal nome fa intuire il parallelismo voluto tra il mondo musicale e quello del circo, con la volontà di giocare e fare un po’ d’ ironia nei confronti del mondo “Indie”, o meglio dell’immaginario e tutto il corollario di contorno di chi si autodefinisce Indie. A questo aggiungiamo anche un po’di sana irriverenza verso le logiche commerciali che sostengono gran parte della musica di oggi. Tutto questo, senza mai dimenticare la qualità della musica che per noi resta fondamentale. Se vogliamo dirla tutta, anche il mondo del cinema ci ha dato molti spunti per elaborare queste idea di “freak” o mostro e la relativa presa in giro di una certa tipologia di status quo. Insomma abbiamo cercato di fare un programma che avesse una forte personalità e soprattutto fosse sorretto da delle idee.

Siamo alla seconda edizione ci dobbiamo aspettare delle novità sullo stile di conduzione o pensi che la formula vincente non si debba cambiare?C’è qualcosa che vorresti realizzare durante questo nuovo anno?
Sono molto contento che il format sia andato bene e sia piaciuto al pubblico. Fortunatamente anche quest’anno è in programmazione come sempre il mercoledì sera, a partire del 2 ottobre, per un’oretta dalle 22 alle 23. Mah, squadra che vince non si cambia vale solo in parte nel senso che senza dubbio l’impostazione generale e i miei fidati partner Coccia e Mauro rimarranno gli stessi, mentre il nostro intento e impegno sarà raccogliere i frutti della precedente stagione, imparare dagli errori commessi per migliorarsi e offrire qualcosa di ben fatto, che avvicini sempre di più la gente alla buona musica. Anche solo una persona in più che apprezza un disco o un artista da noi proposto è per noi una grande soddisfazione.

Il format del programma prevede la presenza di ospiti. Come avviene il contatto con le band? E facile riuscire a instaurare un rapporto con loro? Riuscite ad uscire da una certa territorialità o preferite scegliere solo ospiti locali.
Il format del programma, per chi non lo conoscesse, è composto di due parti: la prima parte vuole essere simile ad un talk show con classifiche e approfondimenti sulla musica che traggono spunto dall’attualità o da avvenimenti curiosi. L’obiettivo è impostare subito un tono colloquiale e scherzoso. La seconda è quella in cui interagiamo con gli ospiti, che sono sia gruppi sia persone che hanno a che fare con il mondo della musica come musicisti, addetti alla produzione o persone che si occupano di booking o di promozione degli artisti. Direi che a grandi linee le puntate in percentuale si dividono 50/50. La scaletta si adatta a questa distinzione e solitamente passiamo in un’ora sette pezzi , di cui tre sono del gruppo ospite. Per il contatto onestamente la parte più difficile non è trovare gruppi disponibili, non ti dico il numero di richieste che giornalmente riceviamo soprattutto tramite Facebook, quanto selezionare quelle veramente interessanti in termini di qualità. Ed quello che a noi interessa, per questo ci prodighiamo per cercare in ogni modo, ovviamente secondo mezzi disponibilità, di uscire dai confini prettamente territoriali e di offrire varietà di ospiti in termini di genere e attitudini. Ti faccio un esempio nell’edizione precedente abbiamo ospitato una band che fa Alternative Rock da Malta i No Snow No Alps, L’Urlo in quanto band con molto seguito e anche un cantautore italiano di livello come Fabrizio Cammarata.

Parliamo dell’emittente che ti ospita Ciao Como Radio. Quali sono le difficoltà e l’importanza di una radio locale come la vostra? Pensi che volumi e budget impattino sulla qualità del vostro lavoro e sulla musica che proponete?
CiaoComo è un portale d’informazione e musica con due anime: quella legata al sito web fortemente localizzata in termini di contenuti e quella musicale con l’emittente radiofonica. Nella parte in cui mi trovo e con cui interagisco, ammetto di sentirmi ed essere molto fortunato. Rispetto a molte altre realtà locali noi abbiamo a disposizione un’ottima struttura e ottime attrezzature, anche se la cosa più importante, aldilà degli aspetti tecnici, è la grande libertà di parola e opinione di cui disponiamo. Non siamo vincolati, non siamo politicizzati e a parte qualche autocensura sul linguaggio non subiamo nessun tipo di pressione esterna. In questo caso una dimensione più piccola e forse più umana riesce a concedere quello spazio di espressione che le major non hanno. Mi sembra un buon parallelo con quello che succede anche nella musica, spesso i più piccoli sono anche quelli più indipendenti. Per quanto riguarda i mezzi, che dire?, lo facciamo tutti per passione e facciamo in modo che budget quasi inesistenti non abbiano alcuna ripercussione sulla qualità del nostro lavoro, rimanendo comunque consapevoli dei limiti.

Altro tema caldo nel campo musicale è quello legato al digitale e al web. Tu e il tuo team come vi ponete nei confronti di questo tema. Siete tra i nostalgici del supporto fisico o favorevoli alla sua smaterializzazione? E con i social network?Amici o nemici?
Siamo dei grandi nostalgici del supporto fisico, chiediamo sempre ai nostri ospiti un loro cd. Credo che sia davvero un peccato che se ne producano sempre meno, anche se per me questo non ne sminuisce il valore. La sensazione piacevole nel maneggiare un cd, nell’inserirlo nel lettore non ha prezzo. Io personalmente sono uno di quelli che compra ancora molti dischi, soprattutto quando ne vale la pena. Il digitale è l’attualità e per quello che facciamo non potrebbe funzionare altrimenti, pensa che la maggior parte degli ascolti lo facciamo come webradio e attraverso i podcast. Quindi ci proclamiamo pro per necessità e possibilità del canale. Con i social network il rapporto è complesso, passami il termine, è una sorta di tregua forzata. Abbiamo la nostra pagina Facebook sulla quale promuoviamo il programma, i brani che passiamo e ovviamente i nostri ospiti, ma non siamo dei fanatici dell’interazione e non siamo intenzionati a creare una community. Ci stiamo attrezzando, però, con Spotify per la realizzazione delle playlist, perché comunque nonostante sia un’arma a doppio taglio siamo consapevoli di non poterne fare a meno.

Spostiamoci un po’ sulla musica, da speaker e quindi da ascoltatore privilegiato qual è la tua opinione sullo scenario italiano “Indie” attuale? Si parla spesso di nuovi volti, si ascoltano tanti dischi validi, ma alla fine chi fa numeri interessanti sono sempre gli stessi.
So che è un termine forte ma trovo lo scenario Indie italiano disarmante. E’ un discorso un po’ lungo e complesso, ma provo a sintetizzare. Per me la situazione odierna nasce da un problema culturale: mediamente il livello d’istruzione negli ultimi anni è aumentato e di conseguenza molta più gente ha avuto accesso ai mezzi culturali e non, e si è messa a fare della musica. Il risultato è tanta quantità scarsamente interessante intervallata da pochi picchi di reale qualità e soprattutto di novità. Ascolto tanta musica, ma veramente poca riesce a sorprendermi.  Per questo sentiamo sempre gli stessi nomi, perché in fondo sono gli unici che riescono a reinterpretarsi e produrre cose nuove. Tra l’altro quest’affollamento musicale rischia di far passare inosservate, o meglio inascoltate, band o album che sono davvero meritevoli. Quindi, mio malgrado, ritengo giusto che i numeri li facciano i soliti Afterhours e Teatro Degli Orrori poiché sono gli unici a riuscire a evolvere. Prendiamo lo Stato Sociale o i Cani sono usciti con album che possono piacere oppure no, ma che hanno riscosso un discreto successo di pubblico, cosa ne sarà di loro, riusciranno a fare il bis?Difficile fare una previsione, staremo a vedere.

Prima si salutari e farti un grande in bocca al lupo per la nuova stagione abbiamo le temibili ultime domandone. Non ti chiediamo del peggiore, ma ti va di raccontarci qual e stato il tuo ospite preferito?
Difficilissimo, io preferisco gli ospiti divertenti e che sanno prendersi in giro. Ci piace, durante quell’ora insieme, poter istaurare un dialogo e non dover vendere a tutti costi. Insomma l’ospite che funziona è quello che partecipa, ride, si diverte e non si limita a dare risposte secche alle nostre domande e provocazioni. Ti faccio un paio di nomi in primis i Black Beat Movement davvero simpatici e ironici si sono prestati ai nostri scherzi senza batter ciglio e i No Snow No Alps, che nonostante i problemi di lingua cercavano in tutti modi di parlare italiano, un po’ imbarazzante ma siamo sopravvissuti. Aggiungo che mi piacciono anche gli ospiti che hanno un buon background musicale e sanno dire cose intelligenti e interessanti ai nostri ascoltatori.

La tua personale 5 top list delle migliori uscite Indie del 2013?
–  Cantautore italiano Appino con Il Testamento.
–  Gruppo Fast Animals And Slow Kids con Hubrys
– Stranieri i Franz Ferdinand
Nemesi  con La Sottile Linea Grossa e Paletti con Ergo Sum, che in maniera diversa sono qualcosa di nuovo anche se non rispecchiano a pieno il mio gusto.
-Menzione d’onore per l’album a Woodkid con The Golden Age

Siamo giunti alla fine, ringraziamo Ivano per averci parlato della sua esperienza come speaker radiofonico e ascoltatore di musica e mostrato una diversa prospettiva sulla musica di cui si nutre la stessa Rockambula. Speriamo che queste righe e le premesse possano essere uno spunto per tutti e uno stimolo a non smettere di ascoltare buone radio, buona musica  e anche di continuare a leggere Rockambula.

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Dimartino + Stazioni Lunari + The Electric Flashbacks

Written by Live Report

Note Sulle Ali di Farfalla @Teramo (Villa Comunale) 07/09/2013

La mente era lì che viaggiava verso il paradiso, pensando a Federica Moscardelli e Serena Scipione (due studentesse tragicamente decedute nel terremoto dell’Aquila nel 2009), per molti degli accorsi a questa manifestazione che, giunta alla sua quinta edizione, ha saputo fidelizzare il suo pubblico e creare anche un po’ di turismo culturale in una regione come l’Abruzzo. Per loro, e anche gli altri presenti, l’evento aveva quindi un sapore diverso rispetto al classico concerto Rock o al solito festival Indie.

Sembrava quasi, per citare parole alla Battiato “un rapimento mistico e sensuale” quello che sono riusciti a creare gli artisti che vi hanno partecipato. La sera del 7 settembre finalmente lo spettacolo “Stazioni Lunari” ideato da Francesco Magnelli (membro fondatore di BeauGeste, C.S.I. e PGR ed in passato collaboratore dei Litfiba) è approdato in terra abruzzese in occasione della quinta edizione di “Note Sulle Ali di Farfalla – Notte per Federica e Serena”, manifestazione di solidarietà che ha ospitato precedentemente artisti quali Afterhours, Marlene Kuntz, Bandabardò, Brunori Sas, Calibro 35, Offlaga Disco Pax, Bugo, I Cani e Pan Del Diavolo e che si svolge ogni anno a Teramo in ricordo delle due studentesse Federica Moscardelli e Serena Scipione, tragicamente decedute nel terremoto dell’Aquila.

scaletta dimartino

scaletta Dimartino

La cornice dell’evento è stata la Villa Comunale nel quale erano presenti anche stand alimentari, una mostra fotografica curata da Dante Marcos Spurio, un mercatino musicale, un’esposizione artistica di Massimo Zazzara, una di moda a cura di Joele, giovane stilista teramano, con i suoi figurini ideati appositamente per l’occasione e persino una di Alessandro Paolone con le sue creazioni astratte su cotone egiziano. La serata è stata aperta da Dimartino, gruppo musicale indie pop italiano originario di Palermo che prende il nome direttamente dal suo leader, il cantante e bassista Antonio Di Martino.

Qualcuno dei presenti probabilmente lo aveva già visto anche in occasione del Soundlabs Festival a Castelbasso (Te) essendo il target del pubblico lo stesso ma riascoltarlo dal vivo seppure per un breve set di dieci canzoni è stata un’emozione non da poco. La sua scaletta infatti includeva tutte le canzoni più conosciute del gruppo, da “Venga il Tuo Regno” a “Non Siamo gli Alberi” passando per “Poster di Famiglia” e “Maledetto Autunno”.

Dopo circa trentacinque minuti di spettacolo è stata poi la volta dell’attesissimo progetto Stazioni Lunari che in passato ha ospitato artisti del calibro di Bugo, Teresa De Sio, Piero Pelù (Litfiba) e  Daniele Sepe (per citarne solo alcuni) e che per l’occasione ha riunito oltre ai soliti Francesco Magnelli e Ginevra Di Marco, Cisco (ex Modena City Ramblers), Cristina Donà e Cristiano Godano (voce, chitarra e anima dei Marlene Kuntz). Il format è lo stesso di sempre, Ginevra di Marco a fare gli onori di casa, padrona in movimento da una stazione all’altra che determina successioni, movimenti e favorisce commistioni fra i diversi mondi musicali degli ospiti che sono disposte su tre pedane disposte su un palco con una scenografia tanto minimalista ed essenziale quanto attraente.

scaletta stazioni lunari

scaletta stazioni lunari

Lo spettacolo è aperto da “Del Mondo”, proveniente dal repertorio dei C.S.I. che recentemente hanno deciso di riunirsi senza il loro cantante Giovanni Lindo Ferretti per un breve tour che porterà Gianni Maroccolo, Francesco Magnelli, Giorgio Canali e Massimo Zamboni in giro per l’Italia fino a dicembre accompagnati alla voce dalla carismatica Angela Baraldi.

Tornando invece alla serata del 7 dicembre c’è da dire che massiccia è stata la partecipazione del pubblico che si rivelerà sempre educato e composto (nessun tentativo di pogo, neanche durante i pezzi più animati). La scaletta in questo caso ha incluso invece pezzi provenienti dal repertorio dei singoli artisti (ad esempio “Lieve” e “Trasudamerica” dei Marlene Kuntz) e persino un sentito omaggio al genio musicale di Lucio Dalla (“Com’è Profondo il Mare”) e brani tradizionali della nostra penisola.

Gradita ed inaspettata sorpresa è stata la ricomparsa sul palco verso la fine del concerto di Antonio Di Martino che ha voluto lasciare così un suo ulteriore contributo alla serata che si è conclusa con l’esibizione al laghetto della Villa Comunale del nuovo progetto di  Tito, leader dei Tito & the Brainsuckers, The Electric Flashbacks e con un dj set a cura di VxVittoria C. & Marco Mattioli (COSEPOP). “Note su ali di farfalla – Notte per Federica e Serena” quest’anno ha supportato il centro antiviolenza “ La Fenice”, di cui è intervenuta anche una rappresentante che ha spiegato le attività che svolge durante una breve intervista.

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InSonar/Nichelodeon – L’Enfant et le Ménure / Bath Salts

Written by Recensioni

L’ultima cosa che avrei voluto fare è pronunciami su un prodigio di tale portata. Avrei preferito solo godermelo ma inevitabilmente è questo il modo migliore per farvi sapere che, in Italia, (già proprio nell’Italia de I Cani, Lo Stato Sociale, Vasco e Liga), qualcuno è capace di tirare fuori opere d’arte di pregevole fattura e totalmente slegate dalle logiche di mercato anche minime. Dietro tutto ciò c’è Claudio Milano nelle vesti della neonata creatura chiamata InSonar e di una vecchia conoscenza dell’Avant Prog, i Nicheloden.

Andiamo per ordine cercando di racchiudere in meno parole possibile tale progetto che in realtà avrebbe necessità di un tomo di oltre mille pagine per essere raccontato in modo esaustivo.  Lo split è composto di quattro cd per due parti. La prima è intitolata L’Enfant et le Ménure (il bambino e l’uccello lira) ed è realizzata dagli InSonar. il potere dell’immaginazione infantile che trasforma l’orrore in meraviglia. Sono i bambini a raccontarci delle fiabe per aiutarci a non avere paura del buio, dentro e fuori. Questo il tema. I due cd sono avvolti in un booklet per la prima metà in bianco e nero contenente alcune opere di Marcello Bellina (in arte Berlikete) e quindi mosaici di Arend Wanderlust. Il progetto di Claudio Milano e Marco Tuppo vede la partecipazione di sessantadue musicisti da tutti i continenti tra cui Elliott Sharp, Trey Gunn & Pat Mastellotto, Walter Calloni, Paolo Tofani, Ivan Cattaneo, Nik Turner, Dieter Moebius, Thomas Bloch, Ralph Carney, Dana Colley, Graham Clark, Richard A Ingram, Albert Kuvezin, Othon Mataragas & Ernesto Tomasini, Nate Wooley, Burkhard Stangl, Mattias Gustafsson, Werner Durand & Victor Meertens, Erica Scherl, Michael Thieke, Viviane Houle, Jonathan Mayer, Stephen Flinn, Angelo Manzotti, Roberto Laneri, Vincenzo Zitello, Elio Martusciello, Thomas Grillo, Pekkanini, Víctor Estrada Mañas, Eric Ross, Takeuchi Masami, Gordon Charlton, Francesco Chapperini, Luca Pissavini, Fabrizio Carriero, Andrea Murada, Andrea Illuminati, Max Pierini, Lorenzo Sempio, Andrea Tumicelli, Nicola De Bortoli, Francesco Zago, Michele Bertoni, Alex Stangoni, Michele Nicoli, Stefano Ferrian, Alfonso Santimone, Luca Boldrin, Andrea Quattrini, Beppe Cacciola, Simone Zanchini, Paola Tagliaferro & Max Marchini, Raoul Moretti, Pierangelo Pandiscia & Gino Ape.

Il primo disco intitolato appunto L’Enfant è un tripudio di sperimentazioni Progressive e vocali che partono da atmosfere giocose e fanciullesche per svilupparsi in arie più languide, tenebrose e inquietanti. Si passa da cantati in latino, alla lingua italiana, dall’inglese al francese, dal Progressive più classico, alle digressioni psichedeliche e cosmiche, passando per motivi fiabeschi e lisergici o melodie più Pop, sempre alla maniera di Milano. Tutta la prima parte è dedicata ai membri familiari, per poi rivolgersi a Dio o agli amici e la resa musicale è rifinita da una strumentazione variegata e, a volte, inusuale. Pensiamo al marimba (una specie di xilofono di legno), al theremin, la fisarmonica, la tabla, l’arpa, il didgeridoo (una specie di lungo e grande flauto), il glockenspiel, altri strumenti fatti in casa, altre bizzarrie etniche, oltre ovviamente a cose più consuete, per modo di dire. Si passa dai testi del compositore francese Charles Gounod, a brani totalmente originali targati Claudio Milano e/o Marco Tuppo; da citazioni del compositore Umberto Giordano a collaborazioni importanti; da prestiti illustri da autori celebri come Agatha Christie, Federico Garcia Lorca o la Bibbia fino a una cover assolutamente degna di “Venus in Furs”, dei Velvet Underground.

Il secondo cd, intitolato Ashima, si apre subito nella più totale inquietudine, rafforzando ancor più quel legame tra improvvisazione jazzistica, canto sperimentale ed elettronica. La citazione tratta dai sottotitoli italiani del capolavoro di David Lynch, Twin Peaks, sarà il presagio dell’atmosfera che ci accompagnerà in questo secondo tempo dell’opera mastodontica che stiamo ascoltando. Altro indizio importante sarà la cover di “Song to The Siren”, probabilmente il brano più noto del genio Tim Buckley che è anche tra i suoi componimenti più struggenti. Oltre a sviluppare leggermente il discorso di sperimentazione musicale, evolvendo in suoni più moderni ed etnici, il secondo disco regala l’aggiunta della lingua spagnola, d’idiomi infarciti di babelica confusione (in questo senso, perfetta la scelta di realizzare una cover di “Warszawa”, brano scritto da David Bowie e Brian Eno, dal linguaggio immaginario e prettamente musicale) di nuova strumentazione, kargyraa, buste di plastica opportunamente tagliate, eccetera, eccetera, eccetera. Il disco si chiude con la versione number  two di “Gallia”, questa volta con testo in italiano (nel disco uno era in francese) e poi un pezzo strumentale volto ad allentare l’atmosfera. La prima parte cessa cosi. Vi ho detto tanto e invece non vi ho detto quasi niente di quello che c’è dietro ai due dischi che formano L’Enfant et le Ménure ed è già ora di mettere sul piatto un altro cd. Da questo primo tempo quasi giocoso e bambinesco si passa alla seconda parte, targata Nichelodeon e quindi su un terreno più battuto, vista la vecchia conoscenza con il supergruppo di Milano (anche geograficamente parlando) ormai in circolazione da circa sei anni e all’attivo piccoli gioielli di Avant Prog e Free Improvisation (come No o Il Gioco Del Silenzio), che narra motivi come il cannibalismo nei rapporti interpersonali nell’epoca contemporanea, non dimenticando gli orrori che guerre passate, come fantasmi, hanno lasciato sedimentare nelle nostre coscienze. Il booklet in questo caso contiene i dipinti e le poesie visive di Effe Luciani e le foto di Andrea Corbellini. Claudio Milano è affiancato da Raoul Moretti, Pierangelo Pandiscia e Vincenzo Zitello, Michel Delville, Walter Calloni, Paolo Tofani, Valerio Cosi, Fabrizio Modonese Palumbo, Alfonso Santimone, Stefano Delle Monache, Elio Martusciello, Paolo Carelli, Lorenzo Sempio, Max Pierini, Andrea Breviglieri, Andrea Murada, Massimo Falascone, Sebastiano De Gennaro, Giorgio Tiboni, Laura Catrani, Valentina Illuminati, Ivano La Rosa, Luca Pissavini, Alessandro Parilli, Francesco Chiapperini, Andrea Quattrini, Fabrizio Carriero, Anna Caniglia, Marco Confalonieri, Simone Pirovano, Simone Beretta. I dischi che compongono Bath Salts sono due capitoli della stessa pellicola. Il primo, sottotitolato D’Amore e di Vuoto e il secondo Di Guerre e Rinascite. Si tratta di una miscela spettacolare d’improvvisazione jazzy, sperimentazioni vocali, testi criptici ed evocativi, atmosfere incantate ed inquietanti che sembrano spaziare tra le pieghe della fantasia umana. Anche in questo caso non mancano pezzi presi a prestito da Bertold Brecht, cover di Peter Hammil e tanto altro. Le sonorità Progressive sono ora dilatate, ora liquefatte, ora attorcigliate e deformate, ora ricomposte in forme più consone lasciando alla voce gran parte del palcoscenico e della luce. Il canto di Milano si avventura verso i suoi limiti invalicabili ma non disdegna le tenui passeggiate nelle nuvole della melodia più popolare figlia della tradizione cantautorale tricolore. Nel secondo disco la voce si attesta su tonalità più gravi e le situazioni si fanno più crude, feroci. I temi essenziali, quali l’amore, la spiritualità, la vita lasciano il posto a freddi riecheggiamenti bellici, a temi come la morte, la guerra, la sofferenza fino alla rinascita, anche musicale, alla quale si assiste a partire da “L’Urlo Ritrovato”, forse il punto più alto dell’opera.

Il capolavoro è una beatificazione sonica delle arti che vengono nei quattro cd rievocate e mescolate, elevate e sporcate le une dalle altre; l’arte visiva è messa egregiamente in mostra all’interno dei booklet, con foto di pregiatissima fattura ritraenti le opere di diversi, già nominati, artisti. La poesia è sia raffigurata dai testi dello stesso Milano ma si sposa anche con le arti visive e con la musica e le rievocazioni delle opere di altri grandi autori del passato, più o meno recente. Il teatro è parte integrante del cantato di Milano e diventa uno dei tanti protagonisti di tutta l’opera. Pittura, scultura, poesia, teatro, cinema, musica, fotografia. Musica Rock Sperimentale, Jazz, Progressive, Pop, Cantautorato, Ambient, Psychedelia e poi una moltitudine di autori, strumenti, ricordi ed evocazioni.

Per chiudere il cerchio sarebbe opportuno gustarsi anche dal vivo le performance di Claudio Milano e di tutti i diversi pezzi da novanta che lo accompagnano nelle sue svariate avventure, ma non ho la possibilità fisica di farlo nell’immediato e quindi non mi resta che sigillare questo mio scritto, più un consiglio per appassionati che una vera recensione. Dovrei ora aggiungere la classica frase a effetto, che riassuma l’opera tutta, le emozioni suscitate e vi lasci la voglia di ascoltare i quattro dischi. Non ci riesco perché letteralmente mi ritrovo ancora bocca aperta, con un sorriso ebete, a bearmi di quanto ascoltato e di quello che L’Enfant et le Ménure / Bath Salts rappresenta anche ben oltre i significati artistici e le chiavi di lettura fornite dai sensi e dall’intelletto. Vi lascio allora alle parole di Claudio Milano, tratte da una sua vecchia intervista. Forse vi aiuterà a capire cosa c’è dietro tutto questo:

Nell’attuale idea di arte, sostanza e forma collimano così come creatività, professionismo e peso economico. Non è possibile intendere l’artista come qualcuno che non appare ripetendo alcune dinamiche ed essendo immediatamente riconoscibile. Arte oggi coincide con specchio, è manifestazione di una società che ci dicono, si “autocrea”, ma che in realtà è sottilmente “facilitata” da abili venditori. Per me, arte rimane invenzione di nuovi linguaggi di contenuto e forma significante, capaci di spostare, anche solo di un passo più in là, la nostra capacità di visione e percezione. Esistono tanti musicisti che lo fanno tutt’oggi, che trovano tristemente pochi mezzi per arrivare a un pubblico più vasto. Sarebbe bello che la critica musicale avesse percezione della sua storia, così come fa la critica che si occupa delle arti visive”.

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