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Le Formiche – Figli di Nessuno

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Un disco Rock è sempre un disco Rock. Poi se una band si chiama Le Formiche il misticismo della parola Rock assume significati indefiniti. O meglio, Le Formiche suona come un nome indiscutibilmente anti trendy per una band attuale, a qualcuno potrebbe anche fare schifo ma per me è amore a prima vista. Poi leggo il comunicato stampa e scopro il segreto di questo nome, il cantante e presumo leader della band si chiama Giuseppe LaFormica. Noooo!!!!! Non è una (re)invenzione “originale” come pensavo! Sai quei gruppi italiani anni sessanta tipo I Camaleonti, I Corvi, I Dik Dik, I Delfini etc. Ok Le Formiche mi facevano pensare a questo. Il loro primo disco ufficiale esce sotto etichetta 800A Records e prende il nome di Figli di Nessuno. Le Formiche mettono da subito in evidenza l’abilità nel raccontare in musica i fatti e le storie dei quartieri difficili della loro città d’origine Palermo, dalle rapine alla vita in prigione passando per storie d’amore e voglia di riscatto. Un disco impegnato. Il vero Rock deve essere impegnato o quantomeno dovrebbe aprire gli occhi.

Figli di Nessuno si apre con “Non ho un Lavoro”, titolo perfettamente legato all’attuale situazione lavorativa nel Bel Paese. Rock classico dalle influenze Blues, niente di italiano a parte la voce da cantautore tipico tricolore. Infatti leggo che il mastering è stato affidato a JD Foster dei Montrose Studio di Richmond. Dicevo io, quindi non c’entrano niente con i Dik Dik, il sound è tutto american old style. Molto Country la succesiva “Storie da Prigione” pezzo simbolo della loro attività live nelle carceri, molto cantautorato alla Edoardo Bennato. Viene voglia di ballare sebbene il testo non lo consentirebbe. Figli di Nessuno scorre liscio senza intoppi nelle successive canzoni “Fortuna” e “Le Bombe”, sentori USA sempre in prima linea. Stranamente sento poco il contagio di Springsteen e questo per qualche anomala ragione mi rende sereno, un disco di Rock americano che non subisce le attitudini del Boss è roba da non credere. Però a pensarci bene qualcosina springsteeniana si sente in “Sam Cardinella”, testo scritto sopra una vera storia di un condannato a morte. Le Formiche capiscono bene la loro condizione di rockers fuori sede proponendo musica leggera e orecchiabile, consapevoli della semplicità del loro prodotto buttano nel disco pezzi satellite come “Mio Fratello”, “Occhio per Occhio” e “La Tristizza” (in dialetto). “Figli di Nessuno” il brano che chiude l’omonimo disco appare come una ballata intramontabile dalle atmosfere cupe, una chiusura poco allegra ma molto intima. Le Formiche dopo due precedenti demo arrivano alla maturità artistica con il petto pieno d’orgoglio, la passione per la musica non conosce generi, il loro album sicuramente fuori dal tempo è il manifesto di una generazione legata al passato che non accetta il futuro. Figli di Nessuno accontenterà quella fetta di persone nostalgiche amanti del Rock Made in USA. Chi dice che il Rock è morto?

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I Valium – Revolution

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Si definiscono, abbastanza pomposamente, “new beat, un genere nuovo, maledetto ed elegante, fantasioso e noir, che scompone l’epoca beat e la dissacra, trasformandola in un fenomeno di costume contagioso e radical chic”: sono I Valium, band salernitana con dieci anni di vita, diverse demo e un disco alle spalle (l’esordio La Maledizione Sta Per Arrivare), tornati oggi con il nuovo  Revolution, registrato nell’estate 2012 in presa diretta per dargli un calore vintage.E infatti il calore c’è tutto: il disco suona ruvido, a grana grossa, una trama spessa che dona la giusta intensità al loro Rock retrò, che prende a pieni mani (per l’appunto) dalla scena Beat italiana degli anni ’60 (“Cuore di Rubik”), sporcandola di Garage (“Io Sono un Punk”) con qualche richiamo (ma nemmeno troppi) all’indipendenza contemporanea (“15 Anni”) e al Rock italiano anni ’90, pace all’anima sua (“Tu Fai i Conti Con il Diavolo”). Ci sono chitarre taglienti, riff nostalgia, una voce piena di personalità, alta e teatrale, ed un impianto che, per la maggior parte, gioca, si diverte, ride e sorride; a volte sghignazza, più raramente ringhia, ma sempre con uno spirito da Secondo Dopoguerra, da musica suonata come una volta. Tastiere e cori ci riportano direttamente ai quei grandi gruppi italiani del passato che facevano del Rock oltre (-manica e -oceano) la loro diretta ed ovvia ispirazione (citati dagli stessi I Valium: Equipe 84, I Corvi, I Ribelli…).

Un disco per nostalgici? Certo, ma non solo. Un disco di buon Rock degli anni d’oro, fatto con mestiere e simpatia, e soprattutto senza prendersi troppo sul serio, che non fa mai male. Il New Beat? Secondo me non esiste, ma, ciononostante, perché non farsi una passeggiata sul viale dei ricordi con I Valium?

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