Il Caos è un progetto figlio di Milano eppure il sound pare profondamente legato a una tradizione mediterranea. Come siete arrivati a questa scelta stilistica?
Non è stata una vera e propria “scelta”, ognuno di noi ascolta generi musicali diversi: ci siamo ritrovati nel progetto “Il Caos” con la voglia di mescolare questi diversi background artistici. Ci accomuna il modo di vivere la musica e il gusto per le tradizioni del nostro paese tra cui la tavola, l’arte, la buona compagnia. 2 su 5 sono originari del sud Italia ma è come se lo fossimo tutti. Diciamo che è stata una scelta inevitabile poiché innata.
Quanto è più facile emergere in ambienti metropolitani, quindi con maggiori spazi, strutture, possibilità rispetto alla provincia, che magari ha il vantaggio di una minore “concorrenza” e come pensate voi, nel futuro, di togliervi dal gruppo degli eterni “saranno famosi”?
Siamo consapevoli di essere agevolati nel vivere in “zona milano” rispetto ad altre band che devono impegnarsi a coprire distanze maggiori. Per noi la musica non è una gara, quindi non viviamo il fatto che ci siano tante band nella zona come “più concorrenza”, anzi, sarebbe bello se ce ne fossero ancora di più! La scena musicale sarebbe più viva, mentre al momento non si direbbe sia proprio così. Sembra godano di buona salute solo le cover band! (ride ndr). Il nostro futuro musicale si svolge nel presente giorno dopo giorno e se vedremo ballare o cantare sotto al palco vorrà dire che a qualcuno saremo arrivati e che il progetto funziona.
Come definireste la vostra musica senza scadere nell’uso, prettamente critico e giornalistico, dei generi musicali e delle categorie?
Musica di facile ascolto, orecchiabile, senza virtuosismi ma originale negli arrangiamenti. Pensiamo quindi possa piacere sia all’ascoltatore medio che al musicista senza escludere nessuna fascia d’età.
Nelle vostre canzoni usate la lingua italiana, segno che il messaggio da trasmettere a parole voglia essere messo su un piano più elevato o quantomeno paritario rispetto al messaggio musicale in sé. Di cosa parlano i vostri testi e chi ne è l’autore?
L’autore siamo tutti e cinque e generalmente parlano di figa (si può dire?). Scherzi a parte, ci piace lasciare all’ascoltatore la possibilità di interpretare la canzone,crediamo sia un valore aggiunto il fatto che un testo possa assumere un significato diverso per ognuno, lo stesso vale per un film, un quadro, un libro, una poesia…
Che tipo di formazione musicale ha contraddistinto i pezzi de Il Caos? Siete musicisti attenti al lato tecnico o particolarmente viscerali ed estemporanei?
Le nostre canzoni nascono tutte in modi differenti, per lo più vengono sviluppate da un’idea di uno di noi che la propone “nuda e cruda” agli altri. Da lì nasce il vero processo di creazione a cui contribuiamo tutti. Siamo decisamente più viscerali che tecnici.
Nonostante la vostra musica non possa definirsi Pop, nel senso più commerciale del termine, le vostre canzoni scelgono le strade più facili della lingua italiana, del ritornello orecchiabile e della voce registrata a volume notevole e preponderante. È questa davvero l’unica strada per conquistare il pubblico italiano?
No, questo è quello che ci piace, tant’è vero che non siamo mai in grado di inserirci in un solo genere musicale. Non facciamo nulla con l’intento di accattivarci qualcuno, altrimenti faremmo rap per essere commerciali o Punk Rock mischiato ad un cantautorato simil Rino Gaetano per entrare nella musica underground attuale.
Il caos è una necessità, una condizione umana da accettare con la quale convivere serenamente oppure una situazione straordinaria da strutturare che quasi regala senso alla vita stessa?
“Per me è la cipolla” (ride ndr). Il Caos è la realtà in cui viviamo, qualche volta basterebbe accettare che nella vita molte cose accadono per caso. In realtà “IL CAOS” nasce proprio dal fatto che amiamo generi musicali molto diversi e che allo stesso modo componiamo e realizziamo brani con stili diversi, nonostante tutti abbiano un’unica sonorità.
Quanto ritenete importante per la musica il suo valore sociale, oltre il puro valore artistico e quanto i due concetti si legano tra loro? Può l’arte avere un essenziale e unico rilievo estetico?
La musica può avere un valore sociale e sicuramente deve essere accompagnata da un valore artistico altrimenti “è un’altra cosa”. L’arte ha essenzialmente un rilievo estetico, tutto ciò che viene aggiunto dopo è posticcio, non che sia necessariamente un male.
Oggi il pubblico sembra fare sempre più difficoltà a distinguere la musica come intrattenimento e la musica come arte. Pensate che sia un equivoco connaturato al concetto stesso di musica o un errore generato dall’uso sconsiderato della musica fatto da radio e tv? Voi dove vi piazzate?
Oggi l’ascoltatore medio è un ascoltatore distratto. Non è un problema che riguarda solo la musica, tutti siamo distratti in qualsiasi campo. In questo ambito sembra sia la musica commerciale a risentirne di più, soffre di inflazione! E’ sempre meno arte e sempre più artefatto perché chi la propina alla gente è il primo a svalutarla.
L’Ep omonimo, Il Caos, è uscito da pochissimo. Come siete giunti alla sua realizzazione e quali saranno i vostri prossimi passi?
Abbiamo sospeso per un periodo la nostra attività dal vivo, ci siamo chiusi in saletta dedicando del tempo alla scelta dei brani, alla loro stesura e agli arrangiamenti. Abbiamo cercato di racchiudere in cinque canzoni il lavoro svolto da quando il progetto esiste nonostante avremmo voluto dare spazio anche ad altri pezzi momentaneamente esclusi. Siamo stati fortunati ad aver trovato un produttore che ci abbia sostenuto e col quale abbiamo lavorato serenamente. Per il momento vogliamo spingere il nostro nuovo EP. Se andate sulla nostra pagina ufficiale di facebook potrete vedere i nostri impegni live. Non vi nascondiamo che stiamo già lavorando ad un nuovo prodotto, non nell’imminente ma in un futuro “molto” prossimo.