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Il Giunto di Cardano – La Storia è Sempre Questa
E rieccoci a parlare de Il Giunto di Cardano, giovane band pugliese formata da Giuseppe Colangelo (chitarra e voce), Andrea La Gatta (chitarra), Mariano Cericola (basso) e Davide Tappi (batteria), che prende il nome da un organo che trasferisce energia cinetica da un motore ad altri elementi e che suona con l’intento di fondere sonorità British alla scena musicale italiana, strizzando anche l’occhio all’ Indie Rock e alla musica underground indipendente. Tutte cose che sappiamo già soprattutto perché questa band l’abbiamo conosciuta a fine 2012 con l’uscita della loro prima demo.
La recensione finiva così: <<Timbro vocale e testi che non fanno impazzire, ma che comunque se curati nel tempo daranno i propri frutti. Quindi il consiglio è quello di non bruciare le tappe, di pensare a qualche ballata, di diversificare l’andamento dei pezzi, di ragionare bene sulla struttura del disco (e non canzone per canzone) e di trovare prima il “voi” e il vostro significato musicale, per poi portarlo sui palchi con maggior forza e consapevolezza>>. Quindi a rigor di calcolo il consiglio di non bruciare le tappe non è stato seguito con l’uscita del loro primo Ep, La Storia è Sempre Questa. Ep che inizia con “Nessun Problema” primo brano che da subito fa capire che il sound non è cambiato, quindi molto Rock e orecchiabilità. Abbastanza interessante è “Stai Bene Come Sei” con il suo solo di chitarra molto classico, unico tratto singolare rispetto alla vocalità sempre sguaiata e ai testi ripetitivi. Si prosegue con “Giorno Perfetto”, il suo intro di batteria e il testo verso un tu immaginario, e “Limite” brano più importante dell’Ep da cui deriva il titolo. “Anestesia” invece è l’ultimo pezzo che chiude il lavoro.
Un lavoro paragonabile alla prima demo. Un lavoro che non entusiasma, che può essere etichettato nel classico Rock che ormai però può apparire noioso. Un lavoro comunque chiaro nelle intenzioni ritmiche e strumentali, dal buon sound ma con un cantato sguaiato, urlato, con delle finali che sembrano vortici e delle vocali che certe volte si perdono nel buio. Un Ep dalla buona base tecnica ma che non basta per andare più in alto. Ci vorrebbe inventiva, sperimentazione, emozione, significati più profondi, audacia nel non nascondersi nel proprio cantuccio sicuro e soprattutto tempo, mesi, se è necessario anni e anni per creare qualcosa che vada oltre. Oltre quella marmaglia insignificante che suona solo per farsi vedere. Oltre quel tu generico dove non ci si riesce ad immedesimare. Oltre quei particolari che nessuno si sciroppa ma che in realtà sono il segreto di tutto. Quindi il consiglio, che nessuno calcolerà ma che scrivo lo stesso, è quello di non buttare nel dimenticatoio i brani già composti, di correggerli, assemblarli in maniere differenti, di provare, sperimentare e di non uscire tra un anno con un album del tutto uguale ai lavori precedenti. Amen.
Il Giunto di Cardàno – Demo
Molto spesso è difficile giudicare la primissima demo di un gruppo. Per le esigue canzoni, per la mancanza di informazioni, per la strada non ancora ben definita… ma a quelle persone che si chiedono se sia proprio necessario per un giovane gruppo registrare una demo, beh, io credo di sì. Perché la sicurezza, la bravura e la tranquillità sul palco derivano dall’esperienza e perché no, anche da qualche errore e quindi perché non sfruttare al meglio la facilità della tecnologia odierna? Registrarsi per poi riascoltarsi è un passo fondamentale per l’autocritica. Tutta questa peregrinazione serve per presentare la prima demo (uscita nel 2012) del giovane gruppo pugliese, proveniente da Orsara di Puglia (provincia di Foggia), Il Giunto di Cardàno, formato da Giuseppe Colangelo (chitarra e voce), Andrea La Gatta (chitarra), Mariano Cericola (basso) e Davide Tappi (batteria), che dopo parecchie esperienze sui palchi pugliesi, ha partecipato a vari concorsi musicali, vincendo il primo premio a “Talent’s hell – Capitanata in Musica”.
Partendo dal nome, il gruppo sembra avere le idee chiare. Infatti il giunto è un organo per trasferire energia cinetica da un motore agli altri elementi e loro vorrebbero trasmettere energie emozionali, attraverso la musica. Anche il genere sembra chiaro. Brit-Rock. E le influenze, che loro stessi citano (Pink Floyd, Jimi Hendrix, Eric Clapton, Oasis, Blur, Kasabian, The Beatles, The Rolling Stones, Litfiba, Marlene Kuntz, Afterhours) si sentono tutte. Infatti come si legge sulla loro pagina Facebook: il genere è rock, con l’intento di fondere sonorità british alla scena musicale italiana, strizzando anche l’occhio all’ indie-rock e alla musica underground indipendente.
Ascoltando il primo brano Senza parole, si percepisce un buon sound, un ottimo impasto tra tutti gli strumenti, una voce intonata, anche se il timbro non è dei più riconoscibili, e un linguaggio semplice e diretto, che ha l’obiettivo di permettere al pubblico di immedesimarsi nelle situazioni e nei contesti raccontati. Contesti odierni, raccontati attraverso le visioni sonore, molto orecchiabili (il che non è sempre un male), di un giovane gruppo foggiano. Troppe cose è il secondo brano, che come il primo si apre con un intro strumentale di qualche secondo per definire l’atmosfera decisamente rock, assieme al cantato molto british, in alcuni punti un po’ basso rispetto all’accompagnamento, che appare tutto uguale (assieme al testo), se non fosse per l’assolo di chitarra che questa monotonia un po’ la spezza. Tutto questo si potrebbe dire del terzo brano Non c’è dolore, che non si distingue per il testo particolarmente profondo e per le parole che spesso non vengono ben scandite, il che è un peccato, perché il canto è quasi la cosa più importante, quell’elemento che la gente percepisce per primo e imprime nella mente, quindi perché non sfruttarlo al massimo, e magari non aggiungere al brano più di un bel assolo di qualsivoglia strumento, fatto bene e un po’ più veloce, dato che la parte strumentale è il punto di maggior forza? C’è chi lo apprezzerebbe in ogni caso e dimenticherebbe tutto il resto. L’intimo e i pensieri più profondi del Giunto, si ascoltano nell’ultimo brano Mai. Abbastanza orecchiabile, simile a tutti gli altri, stessa struttura, quasi stessa intonazione della voce, ritmo sostenuto, sempre sostanzialmente rock.
Ma gli elementi buoni del Giunto di Cardàno rimangono molti: buon sound, ottimo colore e buona tecnica rock. Timbro vocale e testi che non fanno impazzire, ma che comunque hanno una buona base e che sicuramente se curati nel tempo daranno i propri frutti. Quindi il consiglio è quello di non bruciare le tappe, di pensare a qualche ballata, di diversificare l’andamento dei pezzi, di ragionare bene sulla struttura del disco (e non canzone per canzone) e di trovare prima il “voi” e il vostro significato per poi portarlo sui palchi con maggior forza e consapevolezza.