Il Management Del Dolore Post Operatorio Tag Archive

Quanto è Rock una bestemmia?

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È il 30 luglio del 2016 in una piazzetta di un paesino di provincia; sotto il palco del festival Streetambula c’è tanta gente, sopra il palco è appena salito Giorgio Canali. L’ex chitarrista dei Csi impiega molto a lanciare una sonora bestemmia; noi sappiamo che è fatto così, sapevamo che avrebbe fatto così e quella non sarà la prima ma neanche l’ultima imprecazione della sera. La maggior parte dei presenti non ci farà neanche caso ma, in quella piazza, c’è qualcuno cui la cosa non va affatto giù.

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Ritorna il Maremoto Festival di San Benedetto del Tronto

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Ritorna il Maremoto Festival: la manifestazione organizzata dalla cooperativa O.per.O con il contributo dell’amministrazione comunale si svolgerà dal 23 al 26 luglio nell’area Ex Galoppatoio a San Benedetto del Tronto, ad ingresso gratuito.
Il Maremoto è una delle manifestazioni dedicate alla musica e alla cultura alternativa tra le più longeve tra Marche e Abruzzo. Giunge quest’anno alla nona edizione e come sempre ospiterà un mix tra artisti affermati ed emergenti nel panorama delle musica indipendente italiana.
Tra i primi nomi confermati il ritorno della band ska italiana più amata: the Bluebeaters, che hanno da poco pubblicato un nuovo album dal titolo Everybody Knows, chiuderanno il festival domenica 26 luglio. Il sabato due artisti campani calcheranno il palco del Maremoto: il rapper Ghemon con la sua band dalle sonorità soul e r’n’b, e Francesco Di Bella, ex cantante dei 24 Grana che presenterà il nuovo progetto Ballads Cafè. Per il pubblico più giovane e scalmanato sono in arrivo venerdì 24 i Management del Dolore Post-Operatorio, una band indie-rock in grande ascesa con il nuovo album I Love You.
Confermata anche la collaborazione con l’Associazione Implacabile che aprirà la manifestazione giovedì 24 con una rassegna di gruppi locali ma già esperti e degli ospiti speciali a sorpresa.
Al Maremoto non mancheranno le proiezioni, i dj set, le mostre e tutto l’ambiente che solo una manifestazione giovane e rock riesce a creare. Il programma completo sarà presentato nei prossimi giorni.

Riportiamo il programma delle varie giornate:

Giovedì 23 Luglio: Maremoto Implacabile Con Rosafante, La Sonda, Startrash, Innershine, I Superflui + Special Guest I Giuda;
Venerdì 24 Luglio : Management Del Dolore Post-Operatorio , Luminal, Stan’s Law
Sabato 25 Luglio : Ghemon & Le Forze Del Bene, Francesco Di Bella & Ballads Cafè , Tema Per Nona
Domenica 26 Luglio : The Bluebeaters, Rainska

Tutte le sere dalle ore 20:00: Dj set, Vj, Mostre, Mercatini, Area Ristoro, Bar e Birre Artigianali
INGRESSO LIBERO – Area Ex Galoppatoio (Zona Porto) – SAN BENEDETTO DEL TRONTO (AP)
INFO: 333.5099339 – www.maremotofestival.it www.facebook.com/MaremotoFestival
Come arrivare / Car pooling: http://www.maremotofestival.it/index.php?a=59

 

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Nessun Dorma Guidonia Rockfest, dal 12 al 14 giugno a Guidonia Montecelio (RM)

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Una tre giorni gratuita di musica dal vivo con il meglio del rock alternativo italiano. Così si presenta, nella sua prima edizione, Nessun Dorma – Rock Festival,  il 12, 13 e 14 Giugno 2015 presso la pineta comunale di Guidonia Montecelio.

Sul palco si alterneranno il Pan del Diavolo, Il Muro del Canto, Kutso, Marta sui Tubi, Il Management del dolore post operatorio e Fast Animals and Slow Kids.
Come ogni grande festival che si rispetti, anche il Nessun Dorma avrà la sua area SECOND STAGE: tutti i giorni dalle ore 18:30 e fino ad inizio concerti, si esibiranno sul palco dedicato ai gruppi emergenti alcuni degli artisti più promettenti del territorio. Grazie alla collaborazione tra Underground Zone e altre realtà attive sul territorio, l’assessorato alla Cultura ha voluto mettere a disposizione una vetrina prestigiosa come il Guidonia rock fest perché possano mostrare il proprio talento a un pubblico vasto.
Fortemente voluto dall’amministrazione comunale e in particolare dall’assessore alla cultura Andrea Di Palma, Nessun Dorma – Rock Festival nasce con l’obiettivo di portare nel centro Italia le proposte della nuova musica indipendente italiana, quella slegata dalle solite logiche, radiofoniche e televisive ed anche per soddisfare l’urgente richiesta di moltissimi giovani nati o cresciuti in quest’area Metropolitana, di vedere rappresentata anche la loro cultura e le proprie passioni musicali, rispetto a quelle spesso usa e getta imposte dal mercato discografico.

Si partirà Venerdi 12 con Il Pan del Diavolo, l’esplosivo duo palermitano che sta portando in tour le canzoni del nuovo lavoro Rockfolkboom, una miscela di folk rock d’oltreoceano e carisma mediterraneo. A seguire sarà la volta de Il Muro del Canto, formazione capitolina che fa della sua romanità una bandiera. Fra racconti e canzoni d’autore appassionate, protesta e riflessione, andrà in scena il lato più oscuro, duro e moderno della tradizione. Il Muro del Canto ha da poco pubblicato il nuovo singolo e video, “Figli come noi”. Scritto di getto sull’onda delle frequenti notizie di attualità legate al tema degli abusi compiuti dalle forze dell’ordine in Italia,  il video (regia di Marcello Saurino) è stato realizzato in collaborazione con l’associazione ACAD (Associazione Contro gli Abusi in Divisa) e presentato lo scorso 18 aprile al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia.

Sabato 13 i Kutso, reduci dalla fortunata partecipazione all’ultima edizione del Festival di Sanremo con il brano “Elisa”. Il quartetto capitanato da Matteo Gabbianelli propone spettacoli travolgenti, capaci di coinvolgere ed entusiasmare il pubblico fra dinamiche imprevedibili e gli intelligenti testi al vetriolo. Dopo di loro i Marta sui Tubi , senza dubbio tra le più importanti realtà musicali dell’attuale panorama rock italiano. Anche per loro una partecipazione al Festival di Sanremo del 2013 ma soprattutto un’attitudine ai live che non teme paragoni. Un live grintoso, compatto, dinamico rodato sul campo, concerto dopo concerto. La loro prima raccolta ufficiale, Salvagente, uscita nel 2014 in occasione del decennale della band, vanta celebri duetti con i maestri Lucio Dalla e Franco Battiato.

Domenica 14 arriveranno Il Management del dolore post operatorio interessantissimi originali e provocatori, che hanno appena dato alle stampe il nuovo lavoro I Love You. Chiuderanno la kermesse i Fast Animals and Slow Kids tra le novità più fresche che il rock indipendente ha partorito negli ultimi anni. I FASK presenteranno al pubblico del Nessun Dorma l’ultimo lavoro in studio, Alaska.

Presentatore d’eccezione delle tre serate sarà il giornalista e critico musicale Federico Guglielmi.
All’interno dell’area attrezzata saranno presenti numerosi punti vendita con vinili, libri, cd, magliette e gadget, oltre alla presenza di stand gastronomici con eccellenti prodotti del territorio.
Vista l’importanza delle band che si alterneranno sul palco del festival e l’affluenza prevista, l’organizzazione ha pensato di adoperare per gentile concessione dell’A.S.D Guidonia, lo storico “Campo dei Pini” come luogo di stop e area relax. Distante pochi metri dalla location del festival, facilmente raggiungibile a piedi, si potrà usufruire dello spazio calpestabile del campo per installare tende ed utilizzare i servizi al suo interno. Ai fruitori dell’area, verrà distribuito un kit che comprende: Una t-shirt del festival, esclusivi gadget “Nessun Dorma” e, soprattutto, una pratica mappa del territorio per orientarsi e per scoprire le attività proposte all’interno e all’esterno del festival. La mappa conterrà inoltre indicazioni relative alle attività commerciali dove poter usufruire di agevolazioni economiche su menù creati appositamente per l’evento.

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La Linea del Pane – Utopia di un’Autopsia

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Stranissimo, nel nostro panorama musicale, trovare una band con una profonda matrice cantautorale e un certo distacco dalla canzone di protesta. La Linea Del Pane non ha niente a che vedere con i Ministri, Il Teatro degli Orrori, Il Management del Dolore Post Operatorio. Niente. Né le sonorità, né i testi, né la costruzione delle linee melodiche o delle liriche. A ispirare la band sembrano piuttosto riferimenti del passato: De Gregori, De André (quello delle ballate d’amore più che quello delle canzoni politiche), ma anche il più recente Giorgio Canali, per quanto riguarda i testi, Marlene Kuntz, Negrita, e, stranissimo, persino i Dire Straits, per le sonorità.

Il disco, Utopia di un’Autopsia, si apre con il brano “Apologia della Fine”, in cui si sente anche qualcosa dei romani Eva Mon Amour, tanto nel modo di cantare, quanto nella versificazione. “Urlo di Ismaele” apre con sonorità acustiche che le danno un taglio più pop e leggero, subito controbilanciato dalla grandissima elaborazione del testo, pieno di figure retoriche e costruito su un lessico complesso. Dissonanze alla Marlene Kuntz caratterizzano “Tempo da Non Perdere”: il testo è artificioso, con l’andamento di una ballata, in cui spostamenti di accenti tonici rispetto a quelli ritmici dell’accompagnamento, tradiscono una probabile composizione letteraria antecedente all’arrangiamento strumentale. “Favola non Violenta (Indovinello 1)” è una ballad d’amore (almeno in apparenza, perché è facile, nel corso del brano, trovare spunti riflessivi per altre tematiche), tutta imperniata su un arpeggio un po’ Indie e un po’ pulp; in “Specchio” è impossibile non cogliere un riferimento letterario a Dorian Grey, musicato tra sonorità Alternative anni 90 forse un po’ sentite, ma impreziosite da una certa commistione con timbri Prog. Questi ragazzi sono colti, probabilmente anche un po’ hipster per il compiacimento con cui trasudano la loro conoscenza. Non c’è nulla di male. Anzi. Solo una volta giunti ad “Ambrosia”, se ne ha un po’ le scatole piene di tutto questo artificio retorico, nonostante il crescendo musicale sia veramente efficace e riesca a far ancora sentire il brano con un certo interesse. Certo è che da qui la mia concentrazione è calata. Non è questione di volere a tutti i costi leggerezza o immediatezza. Sarebbe davvero molto superficiale da parte mia e di qualsiasi eventuale ascoltatore. La questione è che sembra che a La Linea del Pane manchi la capacità di accalappiare l’attenzione per poi servire il loro messaggio nella bella confezione articolata, complessa e aulica che gli hanno riservato. Ed è un peccato. L’album prosegue, comunque, con “Occhi di Vetro” e “Gli Alberi d Sophie” in cui si nota quanto il cantato sia impeccabile, ma piuttosto monocorde: lo è stato per tutto il disco, ma qui inizia a pesare anche questo aspetto. Personalmente ho trovato bellissima la successiva “Favola Non Violenta (Indovinello 2)”, con un arrangiamento alla Band of Horses davvero curioso e coraggioso, dato il testo in italiano. Della penultima traccia, “Nekropolis”, voglio sottolineare l’impiego degli archi: difficilissimo nel Pop-Rock inserire nel tessuto strumentale violini e loro parenti senza cadere nella melensa banalità del già sentito, ma La Linea del Pane li sfrutta con grande maestria, tra colpi d’arco e dissonanze dai valori larghi. Ben fatto. Utopia di un’Autopsia chiude con “Solstizio d’Inverno”, malinconica, riflessiva, nostalgica, avvolta attorno alla voce narrante. Non poteva essere diverso, in fondo.

Nel complesso è un disco davvero ben costruito, che risente della staticità di un certo atteggiamento meditabondo e monocorde, aggravato dalla vocalità del frontman, pulitissima e tecnicamente perfetta, ma incapace di slanci melodici e agogici, che puntellino e colorino i brani. L’artificio retorico che sottende la stesura dei testi, poi, è davvero eccessivo in molti casi. La canzone finisce per essere quasi un esperimento linguistico o un arzigogolato scioglilingua tra allitterazioni e rime. Preso singolarmente ogni brano sarebbe una buona speranza per la musica nostrana, l’intero disco non mi fa dire lo stesso.

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Starlugs – The Rite And The Technique

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C’è un paese, una città meglio, visto che conta cinquantaquattromila novecento otto abitanti ed è capoluogo di provincia, che ha generato in me contemporanee scariche d’intenso odio e amore, nel corso dell’ormai decrepito 2012. Da abruzzese, che per tutti i dodici mesi ha fatto la spola tra Pescara e l’entroterra (molto “entro”) aquilano, Teramo è stata sofferenza e diletto, tormento e soddisfazione. Ho visto una moltitudine di band emergenti nascere sotto le pendici del Gran Sasso mentre io, a Pescara, continuavo a vagabondare per locali danzanti, metallari e Dj Rock (sì, esistono i Dj rock, che cazzo credete?) cercando un gruppo che non c’è, o forse c’è ma ai pescaresi non gliene frega un cazzo. Tante manifestazioni sonore si sono tenute nel teramano, come le esibizioni live di Calibro 35, Bugo, I Cani, gli Offlaga Disco Pax. Cosi, se da un lato vedere l’esplosione di band come gli String Theory (che ho inserito nella mia top three annuale) stava facendo crescere in me l’amore e l’interesse per un territorio fino a ora quasi sconosciuto, dall’altro, vedere la facilità con la quale la gente del posto riesce a ignorare il dilagante fenomeno (il tutto si può notare con la scarsa partecipazione del pubblico ai diversi eventi programmati nella zona) mi fa una rabbia bastarda.
La mia ultima scoperta si chiama Starslugs. Ho il loro disco autoprodotto tra le mani, The Rite And The Technique e guardandolo mi rendo conto che quest’ammasso circolare di policarbonato non mi regalerà certo le dolci note di un pop cantautorale rassicurante e delizioso. Sotto il nome della band sono scritte in inglese le parole “One Straight Line -Do It Yourself” (una sorta di mini manifesto generazionale di una certa cultura punk underground nata negli anni ottanta e che mirava innanzitutto al rifiuto della major per poi diventare un vero modo di vivere) e più in basso, al centro della copertina, mi sembra di vedere un nero che con un ghigno a metà tra dolore e gioia, è intento a trapanarsi le cervella. Ancora più giù, sotto l’indicazione del nome dell’album, un altro sottotitolo nella lingua della regina d’oltremanica recita “una breve storia d’impressioni rubate da un ambiente ostile”. Diciamo che sembrano esserci tutte le premesse per non sperare di rilassarsi tranquilli durante l’ascolto.
Nella parte di dentro del libretto, a rincarare la dose, troviamo di fianco alla tracklist, l’immagine di un fucile smontato, di quelle che si trovano nei libretti d’istruzione, con tutti i numeri sopra ogni pezzo e in basso, ancora una volta in inglese, l’invito a copiare e diffondere l’opera ma non a rubare le idee contenute all’interno. Finalmente mi sento pronto a schiacciare quel pulsante e trasformare la guerra fredda della mia attesa in una pioggia di bombe soniche.
Intanto che ascolto, vi racconto chi sono gli Starslugs. Nati poco più di cinque anni fa in Abruzzo, sono semplicemente un duo (che si definisce Punk-Noise) composto da Danilo “Felix” Di Feliciantonio e Pierluigi Cacciatore, ai quali si aggiunge un batterista che viene dal passato chiamato drum machine Roland TR707 (il suo nome preciso sarà strettamente legato alla musica, come poi vedremo). Scrivono i pezzi nella lingua di Poe e Bukowski e la cosa è un bene (anche se i puristi, fascisti, nazionalisti magari, non la penseranno cosi) perché è il modo migliore di applicare la voce a questo tipo di suono in frantumi. La voce è come la tecnica e la bravura applicate a un qualsiasi strumento. Un chitarrista nel suonare mette insieme le sue capacità con la chitarra che preferisce per il tipo di suono che emette. Cosi chi canta, mette insieme le sue doti con lo strumento, rappresentato nel qual caso, dalla lingua scelta. Ogni lingua come ogni chitarra può essere più o meno adatta a un certo tipo di musica.

Ho finito di ascoltare il disco e lo riascolto ancora e ancora. Nel brano iniziale “Body Hammer” entra subito in scena la Drum Machine e lo fa in un modo che adoro. Martellate ossessive, ripetitive, lineari, quasi marziali preparano l’ingresso alle chitarre che sferragliano come motoseghe impazzite e alla voce che, per quanto possa essere lontana dal concetto platonico di bello assoluto, è perfetta nel suo trascinarsi contorta nello stile del grande Steve Albini. Ci siamo, ecco svelato il trucco. La presenza non della drum machine ma proprio di quella drum machine era un indizio troppo grande. Sull’opera degli Starslugs si staglia imponente l’ombra dei Big Black, la creatura Noise Rock, Post-Hardcore nata negli anni ottanta proprio dalla mente genialmente contorta di Steve. La sua creatura che più ho amato e apprezzato nel corso della mia vita. Aspettate, però, a giungere a conclusione. Non pensate di essere di fronte a una band di “copioni” che volevano provare a fregare un pubblico magari ignorante in materia. La storia è un’altra.
Il secondo brano “Nuke”, il mio preferito, è uno di quei pezzi che ti mette voglia di ascoltarlo ogni fottuto giorno che avresti voglia di spaccare il culo al mondo; inizia con echi vocali di stile industriale e il solito ritmo tormentato, ma quando entrano in scena le corde, ti rendi conto che questi ragazzi hanno capito come pugnalare le orecchie in modo masochisticamente piacevole. Mentre la voce si limita a urlare lamentosa, chitarra e basso creano melodie strepitose che ti entrano nel cervello come un cancro.
Se “Sad Sundays “ accelera il ritmo mantenendo intatta la natura Post-Hardcore degli Starslugs, con le successive “Sense Of Tragic” e ancor più “Betamax” e “Justice”, un sospetto diventa certezza. Dentro il tormento delle ritmiche di questo The Rite And The Technique c’è un’altra band che probabilmente, rispetto ai Big Black, saremo in meno a conoscere.  Le atmosfere tribali rievocate nel disco sono le stesse già raccontate dai Savage Republic, band Post-Punk californiana contemporanea dei Big Black, autrice di uno dei migliori lavori nel suo genere chiamato Tragic Figures (la formazione è ancora in attività e lo scorso anno ha prodotto Βαρβάκειος). La cosa che fa piacere è che, dopo aver ascoltato il disco e aver notato i chiari riferimenti ad Albini e i più nascosti alla band di Bruce Licher e Jackson Del Rey, sono andato a leggere la biografia della band teramana e questi due nomi sono gli unici inseriti nei loro riferimenti. Ciò significa due cose. Che, innanzitutto, gli Starslugs dimostrano una notevole onestà intellettuale citando in maniera schietta i loro riferimenti (calcolando che probabilmente il grande e ottuso pubblico non li avrebbe neanche riconosciuti, potevano fare i furbi e sottintendere i riferimenti). Infine, che, se volevano rifarsi a due grandi nomi del passato, l’hanno fatto in maniera egregia, riconoscibile. Il loro sound sembra la degna prosecuzione dell’operato dei due grandi gruppi degli anni ottanta e non una loro pessima copia e tutto questo è dovuto non solo alla loro bravura puramente tecnica e compositiva ma anche a tutto il lavoro di ricerca della strumentazione vintage fatta dai due. Il risultato è perfetto.
In “Uranus” sembrano riaffacciarsi (vedi “Nuke”) delle reminiscenze industriali, dark ambient proprie del movimento nato dalla mente di Genesis P-Orridge e i suoi Throbbing Gristle. Circa cinque minuti di note lente e ripetitive, quasi come una messa funebre in una chiesa sconsacrata. Non c’è nessuna parola ad accompagnare la voce. Solo corde acide e stridenti che pesano come il peccato originale nel cuore del nostro spirito.
Una voce meccanicamente in loop apre “Willie”, altro brano in classico stile Big Black che presenta una melodia nascosta tra il rumore, di quelle che non si scordano facilmente, mentre chiude l’album “Mishima”, l’ultima esplosione atomica, l’ultimo tassello della mia guerra fredda interiore, la bomba H che ha distrutto l’umanità nella mia anima.
Gli Starslugs non hanno sono preso Big Black e Savage Republic per rielaborarli e proporli con fredda imitazione. Hanno invece continuato un percorso tribale e rumoristico iniziato con Atomizer e che non poteva evidentemente concludersi nel 1992. Hanno ripreso la strada di un sound cosi semplicemente straordinario da essere fuori dal tempo, da essere talmente immediato e identificabile anche nel suo essere elementare. Sono stati capaci di creare melodie da materia tagliente e sanguinante come il Noise-Rock. È per questo che gli Starslugs mi sono piaciuti cosi tanto pur essendo probabilmente la band meno originale ascoltata negli ultimi dodici mesi. Perché la loro è una sorta di opera di recupero di sonorità che altrimenti sarebbero andate perdute nell’oblio dell’ignoranza.
Gli Starslugs hanno deciso di continuare la strada ideale di chi al mondo ha risposto con un beato vaffanculo.

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