Un personaggio veramente interessante, questo Pico Rama. Difficilmente inquadrabile in una scena definita, ci porta in dono un cappello a cilindro pieno di dreadlocks, uno sguardo personalissimo e uno stile variopinto e inafferrabile.
Il Secchio e il Mare, questo il titolo, è un viaggio mistico e simbolico in un mondo caleidoscopico e vorticoso, di un’elettronica libera e anarchica, che tocca mood e stili diversi, rimanendo sempre nel campo della leggerezza e del gioco, di parole in libertà e di streams of consciousness. La ricerca che Pico Rama tenta è quella della “scoperta del sé”, attraverso parole snocciolate una dopo l’altra come mantra, preghiere, incantesimi. Il simbolismo è centrale: le canzoni sono un ciclo, basato sulla successione dei tarocchi, ed ognuna porta con sé una serie di parole chiave, veri fulcri che fungono da centri di gravità per le evoluzioni acrobatiche del nostro eroe alla ricerca di sé stesso.
Il ragazzo è bravo (anche se la sua voce ci ha messo un po’ a suonarmi “comoda” – ma ad un certo punto l’ha fatto, e questo è l’importante) e la ricerca è approfondita: “Thor e Fatima” è un accurato racconto di mitologie, “Cani Bionici (Technotitlan)” (con l’onnipresente Dargen D’Amico) unisce passato precolombiano e futuro distopico in visioni suggestive e assonanze killer. “Alla Corte Del Pazzo” (un brano folle, per l’appunto) e “Manitù” esemplificano il senso di spiritualità anche religioso che pare pervadere tutto il lavoro (“io non so com’è / ma come la percepisco / so che qui con me / c’è Mohamed insieme a Cristo / […] / gusto con l’orecchio / e ascolto col palato / so che di per sé / esser vivi è un risultato / e posso viaggiare senza rischio di attentato”). La title track devia in un paesaggio marinaresco e ironico (“la più sexy della nave è Bob”), mentre in “Rosa Quantica” (con Danti dei Two Fingerz) si torna su temi più cosmici e universali, e in “Dopo il Patto Rise” si prosegue cantando di “crisi, transizione, demoni, angeli”.
Attenzione: non fate l’errore di pensare che Il Secchio e il Mare sia un disco “pesante”. Nonostante i temi, la ricerca, le simbologie e la mistica, il disco è leggero, suona ruffiano quanto basta, a volte sembra anche cadere nell’autoparodia. Forse a parecchi Il Secchio e il Mare potrà sembrare una via di mezzo instabile tra un’intenzione “alta” e una messa in atto troppo “bassa”, ma questa scelta meticcia potrebbe essere anche la chiave giusta per leggere questo disco (lo stesso Pico Rama definisce la sua musica un “sound futuristico-sperimentale che pervade ogni brano dai testi spessi e dal chiaro intento narrativo simbolista, capaci di rivelare una fantasia mitica, poetica, giocosa e ironica”). Paradossalmente, questo “sincretismo” potrebbe anche essere il punto di forza di questo strambo, ironico figuro.
Un disco da ascoltare se vi piace la tecnica del rap come voce inconscia, se vi incuriosisce l’ambiente esoterico che permea i dieci brani, e soprattutto se avete l’apertura mentale per non farvi distrarre dalla mescolanza di stili e registri che Pico Rama mescola nel calderone, come un alchimista d’altri tempi.