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Recensioni | dicembre 2014

Written by Recensioni

The Sticky Fingers Ltd. – The Sticky Fingers Ltd.  (Hard Rock, 2014) Voto 7,5/10

Modena, 28 ottobre. Il debutto, la rissa, il delirio. Arroccati in quel di medievale, i vignolesi, sotto il falso nome di The Sticky Fingers Ltd., ben pensano di riadattare un sound di fine anni 80 ai giorni nostri e lo fanno attraverso l’omonimo album. Un debutto di tutto rispetto, meritevole di molte attenzioni e capace di donare intense esperienze d’ascolto.

Kong – Stern (Industrial, Prog Metal, 2014) Voto 7/10

L’Olanda, si sa, racconta sempre ottime storie. Una di queste è Stern, ottavo album di una band che sembra voler trasmettere emozioni contrastanti e schizofreniche. Dance, Prog, Industrial e chi più ne ha più ne metta a formare i Kong, una delle scelte maggiormente interessanti sulla piazza.

Gianluca Mondo – Petali (Cantautorato, Blues, 2014) Voto 6,5/10

Un cantastorie sofferente per prolissi racconti che scavano dolori provinciali, notturni, esistenziali. Tra Vinicio Capossela e le Sacre Scritture, nella sporcizia di vite oblique, chitarre ruvide, voci rauche. Una scrittura ritmica, secca e visionaria, un disco denso.

Again I Hear – The Illusion of Choice (Hardcore Melodico, 2014) – 6,5/10

A cavallo tra NOFX e No Use for a Name, questi ragazzi siciliani fanno loro il verbo dello Skate ‘N’ Roll. Nulla di originale ma maledettamente californiani.  Per gli amanti del pogo e per chi è ancora fortemente legato al glorioso Punk degli anni 90.

Miscellanea Beat – Powerfluo (Acoustic Pop, 2014) – 6/10

Gionata Costa (violoncellista e membro fondatore dei Quintorigo) e Massimo Marches (chitarra e voce delle Officine Pan), rileggono in chiave acustica quattordici classici del Pop. L’esperimento è gradevole e ben confezionato. Gli inguaribili nostalgici possono iniziare a preparare i fazzoletti.

Retrolover – La Coscienza di Sé (Indie Rock, 2014) Voto 6/10

Se i Diaframma degli inizi si reincarnassero oggi, forse suonerebbero un po’ come i Retrolover. Rock moderno, quasi Post Grunge con venature talvolta Dark e New Wave; come dire, un pugno e una carezza espressi in musica. Un sound pulito e sporco al tempo stesso che pecca solo di originalità.

Gaspare PellegattaL’Amore in Ventiquattro Brioches Pt.1 (Lo Fi, 2014) Voto 6/10

Canzoni per un amore finito di un pittore/menestrello che dipinge brioche che s’accoltellano. Produzione casalinga, qualità conseguente. La poca originalità e la sensazione opprimente di malcelata paraculaggine sono in parte compensate dalla simpatia di Gaspare e delle sue belle brioche assassine.

Fabrizio Basciano – KLAR (Dream Pop, Electro Pop, 2014) Voto 5,5/10

Qualche episodio fin troppo anacronistico e tanta Elettronica memore del più intenso Franco Battiato. Questo è il quarto lavoro del calabrese Fabrizio Basciano che non disdegna atmosfere eteree su melodie Pop per confezionare un disco gradevole ma con poche idee e coraggio.

Impression Materials – Dry (Acoustic Rock, 2014) Voto 5,5/10

Dietro questo progetto targato Costello’s c’è il nome di Elli Stefano, cantautore (in lingua inglese però) che miscela Blues e Folk yankee in un Rock acustico senza troppe pretese.

Alessio Calivi – Sirene, Vetri, Urla e Paperelle (Post Rock, 2014) Voto 5/10

Il secondo album di Alessio Calivi è carico di atmosfere cupe ed inquiete, accompagnate dalla voce del cantante grave e rabbiosa. Tutte le tracce sono coerenti al concept dell’intero album e anche per questo è un prodotto valido che tuttavia suona come datato e già sentito, ricordando le produzioni Post Rock in voga a cavallo tra gli anni Novanta e Duemila.

Flag of Estonia – Flag of Estonia (Post Rock, 2014) Voto 4,5/10

Per i veronesi un nuovo Ep all’insegna del Post Rock standard che più standard non si può. Poca carne al fuoco, voce a tratti inascoltabile e nulla di trascendentale in quanto a stile e capacità non aiutano ad andare oltre la vecchiezza del sound.

Bzzzz… – Oneiros (Ambient Drone, Avantgarde, 2014) Voto 4,5/10

Alberto Tanese è il chitarrista del Power Noise duo CAPase ora solista autore di questo Oneiros, opera di avanguardia fatta in casa che mira a portare l’ascoltatore dalla fase di veglia a quella r.e.m.. Gli Oneiroi del resto sono quei tre fratelli, tra i quali Morfeo, che nella mitologia greca personificano i nostri sogni. L’opera è audace, forse un po’ troppo ambiziosa ed anche semplicistica e ripetitiva, ma certamente potrà riuscire nel suo intento, se ad accoglierla saranno anime ben disposte. Droni e chitarre soffuse si alternano per sette pezzi e oltre trenta minuti, senza voce e pochissima melodia. Come l’ipnosi, Oneiros funziona solo con chi ci crede ed io non ci ho creduto veramente.

New Jersey Quay – La Banchina del Jersey (Folk Blues, 2014) Voto 4/10

Per il quartetto capitolino un Ep d’ispirazione Folk Blues cantautorale statunitense ma cantata in italiano, che più che somigliare ai grandi maestri yankee Dylan e Springsteen finisce per imitare il peggior Rock cantautorale de noantri. Il tutto suonando tanto fuori dal presente, quando lontano dalla realtà.

Cato – Cato (Pop Cantautorale, 2014) Voto 3/10

Questi sono i danni collaterali di una sbornia di Indie Pop. Voce improponibile, testi (in italiano) inutili, melodie sbagliate, arrangiamenti dozzinali e suoni da dimenticare. Bello che ognuno possa avere il suo spazio per esprimersi ma poi becchiamoci il lato negativo della cosa.

Sandro Tognazzi – The Dark Side of Sandro (Electronic Blues, 2014) Voto 1,5/10

Sorvoliamo sul titolo e pure sulla copertina fatta col paint. Ma che cazzo di roba è? Perché ho perso dieci minuti della mia vita così? Chi me li ridarà quei dieci minuti. Non è divertente, non è sconvolgente, non è cinico, non è cattivo, non è provocatorio, è una perdita di tempo di quelle che ti fanno incazzare come un lavavetri insistente.

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Impression Materials – It Shouldn’t be a Matter

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Ci sono album che ci accompagnano in molti momenti della nostra vita come piccole colonne sonore che risuonano in sottofondo e la maggior parte delle volte s’incollano a ricordi d’incontri, partenze, addii, serate a ridere tra amici o a scaldarsi davanti ad un falò. Tra i miei preferiti ci sono quelli che generano la loro magia e si legano ai viaggi, il lavoro solitario di Impression Materials è senza dubbio un ottimo candidato a questo ruolo.

It Shouldn’t be a Matter è il risultato delle fatiche di Stefano Elli, un vero è proprio one man band nostrano dall’anima Blues, che si lascia dietro lo stesso sapore dolciastro e romantico della migliore tradizione dylaniana d’oltremanica. Bastano nove tracce per trasportarti in uno splendido viaggio tra deserti assolati, scogliere ventose e montagne innevate. La voce di Stefano però si distacca dall’immaginario a stelle e strisce, incarnata dal padre Bruce, e colpisce risultando molto pulita e limpida, priva del tutto di sporcature e graffi. L’album si narra nato tra live e registrazioni casalinghe, ma non ha nulla di casereccio e approssimativo, le capacità da polistrumentista di Stefano ed in particolare l’uso della chitarra, che predilige, creano tracce strutturate, ritmiche e ricche di suono, ma al tempo stesso dal sapore intimo e personale. Tutto scorre come parole di un unico discorso e nel complesso solamente due tracce stonano come pesci fuor d’acqua all’interno di questo quadretto trompe l’oeil “The Lamb” e “Staring at The Kitchken”, ereditate da un’esperienza musicale precedente e riarrangiate per dar corpo al disco. Eccetto i due estranei, brani come “Profite or Benefice” e “Strong Behavior” sono delle vere ballate di puro Folk americano in versione acustica, “Dance Thru” ti cattura per il sapore caldo e ritmico e “Narceine” ti lascia sul ciglio di una porta con le chiavi in mano.

Stefano Elli e il suo progetto Impression Materials ci consegnano un insieme di tracce che confermano una lezione spesso valida in musica: less is more. Canzoni spogliate di fronzoli e abbellimenti, ma non spoglie di storie da raccontare ed emozioni da suscitare. Letteralmente non dovrebbe essere un problema, infatti, non lo è ascoltare questo album leggero e impalpabile come l’anima che racconta, non invade le orecchie non ti fa scatenare in danze selvagge, ma la sua potenzialità sta proprio nel prenderti per mano e accompagnarti dolcemente nel tuo personale viaggio.

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