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Non chiamateci Spice Girls || Intervista alle Roipnol Witch
Qualche settimana fa ho recensito il disco delle Roipnol Witch, qui. Il mio giudizio non è stato particolarmente positivo sul piano prettamente artistico, ma, come si suol dire, de gustibus.
Intervista a Mario Sp
Mario D’Angelo, in arte Mario Sp, è un Dj producer di ultima generazione che, nei recenti mesi, sta provando a emergere nel panorama Deep Techno grazie anche a diverse collaborazioni con etichette di rilievo quali Klop Music, Bosom, Cubek Label e Klaphouse Records. Lo abbiamo incontrato per parlare del ruolo dell’Elettronica oggi e di quello che può esserne il suo futuro.
Avere cura di sé || Intervista a Levante
È un pomeriggio di metà settembre, inspiegabilmente afoso per essere a L’Aquila. La scia dell’estate appena trascorsa è di buon auspicio per il live di questa sera, penultima data del tour di Levante, al secolo Claudia Lagona, cantautrice siciliana trapiantata a Torino che deve il successo a uno sconosciuto di nome Alfonso.
Africa Unite
Con grandissimo onore, ospitiamo sulle pagine di Rockambula una storica band Reggae italiana. Sono gli Africa Unite con Bunna e Madaski, ovvero i fondatori e membri principali. Con immenso piacere siamo riusciti a scambiare qualche parola con queste due icone. Tra qualche chicca passata, l’uscita del nuovo disco intitolato Il Punto di Partenza e uno sguardo sulla realtà di oggi, siamo riusciti nella realizzazione di un’interessante intervista tutta da gustare.
Ciao ragazzi e benvenuti su Rockambula, è un grande onore per noi ospitarvi. Cominciamo l’ intervista dicendo un po’ come sono cambiati gli Africa Unite dal 1981 ad oggi?
MADASKI: Direi che non siamo più tanto ”ragazzi” (ride), ma ci piace sentircelo dire. Nell’albero genealogico degli Africa ci sono talmente tanti rami. Io e Bunna siamo i sopravvissuti, ne siamo estremamente felici.
BUNNA: Gli Africa Unite sono sicuramente cambiati da quegli anni in cui si cominciò questo viaggio fino ad oggi. Innanzitutto quando cominciammo avevamo una grossa dose di ingenuità, l’ingenuità di un gruppo che si innamora di un genere e cerca di capire come imparare a riprodurlo suonando. Tutto è cominciato senza un preciso progetto, suonavamo perché ci divertiva e anche perché era l’unico modo per promozionarci. Negli anni abbiamo capito che cosa volevamo e quali scelte sarebbero state più importante da fare affinché gli Africa potessero provare ad avere un loro carattere musicale ed essere riconoscibili. Oggi, siamo contenti di essere ancora qui, dopo tutto questo tempo, a lavorare sul progetto con lo stesso entusiasmo che ci ha fatto muovere i primi passi.
Sempre in questo arco di tempo come è cambiata la vostra scena musicale e come il mercato, considerando che avete vissuto sia l’epoca delle musicassette, che dei dischi fino agli mp3 di oggigiorno?
MADASKI: Il mercato è cambiato tantissimo, passando attraverso i vari supporti e i vari formati, fino quasi all’annullamento odierno. È cambiato molto l’atteggiamento delle persone, fino a pochi anni fa c’era più ricerca e fidelizzazione, la musica non mainstream era cercata e amata come cosa particolare. Ora si trova tutto a portata di mano e, se questa cosa ha risvolti positivi, in parte, dall’altra viene meno proprio quella voglia del possedere il prodotto musicale che, un tempo, era rappresentato dal disco, o vinile o cd.
BUNNA: Agli inizi, il pubblico che vedevamo ai concerti era un pubblico molto connotato. Il pubblico del Reggae, di allora, condivideva tutta una serie di elementi estetici e non solo che lo accomunavano. Per fortuna negli anni il pubblico che viene ai nostri concerti è un pubblico assolutamente eterogeneo, un pubblico che è solamente accomunato dalla passione per la musica e per l’atmosfera che solo ai live si può respirare. Questo sicuramente anche perché gli Africa sono sempre partiti dal Reggae come ispirazione originaria ma hanno molto spesso cercato delle soluzioni musicali che sconfinavano dal genere stesso. Abbiamo sempre avuto un approccio sicuramente trasversale. La scena musicale è sicuramente cresciuta sia dal punto di vista di chi la musica la fa che da quello di chi la musica l’ascolta. Ci sono state negli anni, molte situazioni gruppi, festival, trasmissioni radiofoniche dedicate, che hanno propagandato la musica Reggae e la sua ideologia ed hanno inevitabilmente fatto crescere il pubblico. La nostra generazione ha vissuto poi i vari passaggi dalla cassetta al vinile, al cd ed infine agli mp3. Con questi cambiamenti, penso, sia inevitabilmente cambiato anche l’approccio alla musica ed agli artisti che la producono. Quando compravamo un vinile lo facevamo perché adoravamo quel gruppo, perché eravamo curiosi di capire un po’ di più su i musicisti, c’era molta affezione. Questa cosa, col passare del tempo, mi sembra stia venendo meno gradualmente. Le nuove generazioni si ritrovano con lettori mp3 imballati di brani che il più delle volte non ascoltano neppure, sono sempre alla ricerca della cosa più nuova che c’è come se questa fosse la cosa più importante. Ormai siamo arrivati al punto in cui, per assurdo, anche il download è superato. Perché andare ad occupare una parte dell’hard disc con dei file, quando è ormai tutto disponibile on demand? Ormai la musica è come l’acqua, che abbiamo a casa, quando la vuoi apri il rubinetto quando non ne vuoi più lo chiudi.
“Il Punto di Partenza” è il titolo del vostro nuovo disco. È un lavoro davvero personale e introspettivo. È una sorta di rivincita o un modo per affermare una volta e per tutte la propria posizione?
MADASKI: Certo, ma affermare la propria posizione dovrebbe essere una cosa normale e quotidiana per chi è musicalmente sincero e ispirato, anche se a volte non è così purtroppo, ma sono contento non sia il nostro caso.
BUNNA: Il Punto di Partenza è un disco nel quale gli Africa prendono posizioni e distanze su e da tutta una serie di cose. Un disco che, come sempre, cerca di essere rappresentativo di quello che siamo e coerente con quello che siamo sempre stati. Un disco che segna un nuovo punto da cui ripartire, con un’attitudine che sia attuale rispetto ai tempi che stiamo vivendo ma che nel suo interno vuole usare la musica per provare a dire delle cose, fornire degli spunti di riflessione sulla realtà che viviamo ogni giorno.
Adoro “L’Attacco al Tasto”, una canzone che ha totalmente rapito il sottoscritto. Ma cosa può essere un attacco al tasto, cioè, che tipo di esperienza o avvenimento vi ha portato a scrivere questa canzone e a considerare la questione proprio come un punto di partenza?
MADASKI: L’attacco al tasto è il primo esercizio di approccio al pianoforte, la base della tecnica pianistica, con la quale si determina la posizione della mano sulla tastiera. In questo testo ho fatto un parallelismo tra la vita e lo studio dello strumento che ha influenzato tutta la mia carriera musicale.
BUNNA: Madaski con questo testo ha voluto raccontare, la sua personale esperienza di approccio alla musica e nello specifico allo studio del pianoforte, usando questa esperienza per tracciare un parallelo rispetto alla difficoltà di fronte alle quali spesso ci troviamo nell’affrontare la vita. Sottolineando l’importanza della determinazione, costanza e del lavoro per ottenere dei buoni risultati, in qualunque ambito.
Sempre riguardo la canzone “L’Attacco al Tasto” successivamente ne è stata realizzata una versione con gli Architorti. Come è nata questa collaborazione e perché vi siete applicati sulla rivisitazione di questa traccia?
MADASKI: Marco Robino, leader degli Architorti ha scelto il brano, evidentemente ispirato dal contenuto e ne ha creato una versione per archi e pianoforte, io la trovo stupenda.
BUNNA: La nostra collaborazione con gli Architorti non è una novità. Abbiamo, anni addietro, condiviso un progetto “Corde in Levare” nel quale il maestro Marco Robino (fondatore dell’ensemble) ha riscritto tutta una serie di brani del nostro repertorio per quintetto e per orchestra. Il risultato è stato un tour di parecchie date in cui Madaski dirigeva l’orchestra ed io cantavo i brani degli Africa su tessiture orchestrali di archi. Un’esperienza difficile ma suggestiva. Quelle emozioni ci hanno fatto ripensare a quanto potesse essere bello chiedere agli Architorti di rifare un lavoro di riscrittura simile a quello, che avevano fatto anni addietro, per un brano nuovo. Così il maestro Robino coadiuvato da Marco Benz Gentile , nostro attuale chitarrista, già membro di Architorti, ha provveduto alla riscrittura del brano “L’Attacco al Tasto”.
Parlando delle altre collaborazioni, nell’album avete come ospiti Raphael e i More No Limiz. Come è nato l’approccio con i due artisti?
MADASKI: Sono amici da molto tempo, ho prodotto alcuni dei loro dischi, diciamo che sono dei personaggi che abitualmente frequentano il mio studio e che, sia io, sia Bunna stimiamo molto.
BUNNA: Le collaborazioni che facciamo nei nostri dischi derivano sempre da un’amicizia e dalla stima che nutriamo per certi artisti. Anche questa volta è andata così. Raphael pensiamo sia un grande talento della nuova scena reggae italiana, More No Limiz è un giovane e bravo cantante con il quale ci è capitato di condividere il palco più di una volta e quindi ci siamo resi conto, anche nel suo caso, della particolarità della sua voce e delle sue tessiture melodiche. Quindi se possiamo far conoscere nuovi talenti al nostro pubblico lo facciamo molto volentieri.
Per quanto riguarda il tour cosa ci dite? Dove suonerete nei prossimi giorni? Una data a Napoli è prevista?
MADASKI: Molto difficile suonare a Napoli. È da molto che manchiamo, a noi farebbe molto piacere ma, spesso, non siamo noi a determinare l’ubicazione delle date, ma i promoter locali a chiamarci.
BUNNA: Abbiamo finora fatto una decina di concerti e ne abbiamo ancora un bel po’, fino alla fine settembre. Il calendario è ancora aperto e siamo convinti, per come sta andando, che si aggiungeranno ancora parecchie cose. Napoli, per ora, non è prevista ma ci piacerebbe molto ripassare di lì a suonare. Se succederà, lo saprete! Tenete d’occhio il nostro sito: www.africaunite.com e se ancora non l’avete fatto scaricatevi il disco, è gratis!!!!
In trent’ anni vi sarà capitato di tutto: qualche idea vi sarà maturata, altre ancora saranno mutate e qualche obbiettivo sarà cambiato ma attualmente gli Africa Unite a cosa aspirano?
MADASKI: A fare ciò che più ci piace, con molta onestà. Suonare e continuare ad esprimere le nostre idee, indipendentemente dal genere, cercare di essere originali e fortemente connotati, insomma ci piace essere Africa Unite.
BUNNA: Gli Africa aspirano a suonare il più possibile perché quella è la dimensione che più ci rappresenta, che più ci diverte. Speriamo che il pubblico continui a frequentare i nostri concerti e che il ricambio generazionale che c’è sempre stato continui ad esserci.
Bisogna sempre ricordarsi che un gruppo deve tutto al suo pubblico perché è grazie a lui che si possono continuare a fare i concerti. Il giorno in cui non puoi più contare sul supporto e sulla presenza dei tuoi fan, puoi appendere la chitarra al chiodo.
Prima di concludere vi piacerebbe condividere con i nostri lettori un bel ricordo che hanno gli Africa Unite di un episodio che è accaduto nell’ arco della carriera?
MADASKI: Sono negato per queste cose!!!!!
BUNNA: Suonare in Giamaica è sicuramente stata, per me, un’esperienza indimenticabile.
Nel 1991, andare a suonare il Reggae dove questa musica è nata è stata per noi, gruppo italiano, una cosa che sicuramente non dimenticheremo mai. Ci sarebbero moltissimi altri episodi, magari meno esotici, ma non meno emozionanti da raccontare, ma ci vorrebbero troppe parole. Lasciamo che parli la musica!!!!!
Bene ragazzi l’ intervista si chiude qui, concludete come meglio vi pare.
MADASKI: Avere la possibilità di esprimersi attraverso la musica è una cosa stupenda ma sempre più difficile, occorre riflettere bene su questo concetto perché è alla base della nostra attività. Non tutti nascono musicisti e la tecnica non serve poi a così tanto, anche se è indispensabile per muoversi in questo ambiente. E’ sempre necessario avere ben chiaro cosa dire prima di salire su un palco. Bisogna essere curiosi.
BUNNA: La musica può far ballare, riflettere, viaggiare la si può sentire su un giradischi, in un’autoradio, un lettore mp3, ma la magia che si può respirare ad un concerto è una cosa unica. Quell’ alchimia che si innesca tra chi suona e chi ascolta non si può riprodurre in altro modo se non facendone parte. 1Luv!!!