Ci sono album che ci accompagnano in molti momenti della nostra vita come piccole colonne sonore che risuonano in sottofondo e la maggior parte delle volte s’incollano a ricordi d’incontri, partenze, addii, serate a ridere tra amici o a scaldarsi davanti ad un falò. Tra i miei preferiti ci sono quelli che generano la loro magia e si legano ai viaggi, il lavoro solitario di Impression Materials è senza dubbio un ottimo candidato a questo ruolo.
It Shouldn’t be a Matter è il risultato delle fatiche di Stefano Elli, un vero è proprio one man band nostrano dall’anima Blues, che si lascia dietro lo stesso sapore dolciastro e romantico della migliore tradizione dylaniana d’oltremanica. Bastano nove tracce per trasportarti in uno splendido viaggio tra deserti assolati, scogliere ventose e montagne innevate. La voce di Stefano però si distacca dall’immaginario a stelle e strisce, incarnata dal padre Bruce, e colpisce risultando molto pulita e limpida, priva del tutto di sporcature e graffi. L’album si narra nato tra live e registrazioni casalinghe, ma non ha nulla di casereccio e approssimativo, le capacità da polistrumentista di Stefano ed in particolare l’uso della chitarra, che predilige, creano tracce strutturate, ritmiche e ricche di suono, ma al tempo stesso dal sapore intimo e personale. Tutto scorre come parole di un unico discorso e nel complesso solamente due tracce stonano come pesci fuor d’acqua all’interno di questo quadretto trompe l’oeil “The Lamb” e “Staring at The Kitchken”, ereditate da un’esperienza musicale precedente e riarrangiate per dar corpo al disco. Eccetto i due estranei, brani come “Profite or Benefice” e “Strong Behavior” sono delle vere ballate di puro Folk americano in versione acustica, “Dance Thru” ti cattura per il sapore caldo e ritmico e “Narceine” ti lascia sul ciglio di una porta con le chiavi in mano.
Stefano Elli e il suo progetto Impression Materials ci consegnano un insieme di tracce che confermano una lezione spesso valida in musica: less is more. Canzoni spogliate di fronzoli e abbellimenti, ma non spoglie di storie da raccontare ed emozioni da suscitare. Letteralmente non dovrebbe essere un problema, infatti, non lo è ascoltare questo album leggero e impalpabile come l’anima che racconta, non invade le orecchie non ti fa scatenare in danze selvagge, ma la sua potenzialità sta proprio nel prenderti per mano e accompagnarti dolcemente nel tuo personale viaggio.