Italia Tag Archive

10 SONGS A WEEK | la settimana in dieci brani #27.05.2016

Written by Playlist

Raniss – “Neve” [VIDEOCLIP]

Written by Anteprime

“Neve” è un brano diretto, in stile grunge anni ’90. Una visione decadente che è una delle marce di questo EP: una contrapposizione di idee tra la rinascita e l’abbandono sulle tematiche che toccano tutti, più o meno direttamente, ogni giorno.

Continue Reading

Read More

Il videoclip ufficiale del nuovo singolo di Giulio Garghentini

Written by Novità

“Live It Up” è il nuovo singolo di Giulio Garghentini anteprima del nuovo album che uscirà nel 2017 per Tanzan Music.

Continue Reading

Read More

Fall Of Minerva – Portraits

Written by Recensioni

Portraits segna l’abbandono dell’autoproduzione per i vicentini Fall Of Minerva e il conseguente approdo alla Basick Records. Dopo tre EP registrati tra il 2010 e il 2013, può questo lavoro segnare la loro naturale evoluzione?

L’inizio è confortante: “Beyond The Pines” ha un incipit claustrofobico che fa da contraltare all’aggressività del resto del pezzo, dove una batteria articolata vibra dei colpi di rullante che paiono pietre volte a tumulare una lapide. Formula identica per “Novocaine” anche se in questo caso specifico è la voce di Sido a mettere le cose in chiaro, urlandoci di indossare i caschi protettivi perché le sue parole sono una pioggia incessante di granate. “Träume” è l’unico brano con il testo in italiano e per l’occasione a Sido si affianca Luca Rocco, cantante degli Storm{O}. Ne viene fuori un marasma urticante che è un ibrido malcelato di fragore ed estemporanea melodia. La medesima potabilità che fa di “Green Ghost” l’unico episodio serafico, se escludiamo la strumentale “Sguardi Nel Buio”. Di tutt’altro aspetto “Demagogy”, una traccia che possiede tutta la violenza di cui sono capaci i The Dillinger Escape Plan, amplificandola in modo crescente all’interno dei nostri padiglioni auricolari. Ci sembrerà di avere il cervello in fiamme.

Questa volta i Fall Of Minerva hanno fatto il botto, sfruttando al meglio i mezzi a disposizione per confezionare un disco che non delude e che agisce come un Navy Seal: mantenendo un basso profilo e senza lasciare scampo.

Read More

Oddu – Genealogia delle Montagne

Written by Recensioni

Li si conosceva già, e non solo nell’underground piemontese, quando erano i Baroque. Sonorità Pop anni ’80, tastiere tastiere tastiere, smalto scuro sulle dita e declamato teatrale. Molto del progetto Baroque è rimasto negli Oddu, per quanto la formazione sia cambiata e siano cambiate anche le influenze, le matrici, l’età anagrafica (che comunque non è un dato trascurabile) e l’intenzione.

“Quattro Inverni” ha un’intro fresca, che dall’Indie americano scende nel cantautorato nostrano alla Tozzi, mentre “Nella Prossima Vita” strizza l’occhio al Folk Pop dei Mumford and Sons. E in due sole tracce gli Oddu sono riusciti a farci capire la babilonia di ispirazioni che sottostanno alla fase compositiva. “Atlanti Perduti” è figlia dell’esigenza di raccontare e raccontarsi, con quelle liriche impegnate e il cantato che piega il virtuosismo alla narrazione semplice e lineare; “Mostro Cammina” sa di pioggia e Francia, per dirla con Paolo Conte. Personalmente, poi, mi ha ricordato tantissimo La Rue Ketanou (se non li conoscete sarebbe più che opportuno rimediare). Con “I Buchi sul Sedere” sbucano le ceneri dei Baroque, gli anni ’80, una certa nostalgia Glam. “Un Cuore Buono” apre in maniera molto intima e introversa, con la delicatezza del piano che tratteggia un’atmosfera un po’ cupa, che si trasforma, di nuovo, in Popular, in Folk.
E gli Oddu sembrano, fin qui, averci fatto vedere tutto quello che sanno, pure forse in maniera un po’ troppo articolata e complessa. Eppure non abbiamo ancora sentito tutto: “Battisti” è una sorta di scherzo elettronico citazionistico, da Battiato (più che da Battisti) a “Jump” di Van Halen, dai Bluvertigo dei tempi d’oro a contrappunti Jazz.
L’unico leitmotiv che sembra davvero omogeineizzare la produzione degli Oddu è la nostalgia per un passato musicale glorioso, come sembra confermare anche “Non Fate Mai la Carità”: a tutti gli effetti un semplice brano cantautorale, dove però (e forse, per i tempi che corrono, stranamente), non si guarda a Capossela o Mannarino, ma più indietro, a Rino Gaetano e De Gregori, senza neppure pensare di scomodare l’inflazionato De Andrè. E’ una scrittura complessa quella degli Oddu, elitaria, macchiata dalla saudade aristocratica per i bei tempi che furono, più che animata dall’entusiasmo borghese.
“Savona 12 dicembre 2011” completa il quadro dell’eclettismo della band. Troviamo tutto: la formazione accademica, lo studio del pianoforte, il litigio con le maglie larghe del Pop-Rock. La chiusura di “Genealogia delle Montagne” è aulica e imponente sul piano fonico, un tributo al Progressive Rock, per tornare al principio.

Non è un disco semplice. Affatto. Manca qualcosa che guidi l’ascoltatore in un percorso, manca un’unità di intenti e narrazione, ma, lasciatemelo dire, è forse uno dei più interessanti lavori indipendenti che mi sia capitato di ascoltare. Un grande potenziale che spero gli Oddu sappiano incanalare nella giusta direzione comunicativa e sviluppare.

Read More

Marnero | Intervista ai pirati dell’Hardcore italiano

Written by Interviste

“Io e il mio Cane”, il nuovo videoclip di IO e la TIGRE

Written by Novità

“Io e il mio Cane” è il secondo videoclip tratto dal disco 10 e 9 di IO e la TIGRE, uscito il 10 dicembre 2015 per Garrincha Dischi tra bigodini all’aria, cuori in mano e un omaggio all’Universo.

Continue Reading

Read More

“Tetra”, esce oggi il nuovo album di Ettore Bianconi aka :absent.

Written by Novità

È disponibile da ieri su iTunes (al link https://goo.gl/AbTn86) e da oggi in tutti gli store in versione fisica e digitale Tetra, il nuovo album di :absent., al secolo Ettore Bianconi, pubblicato su etichetta Gibilterra e distribuito da Believe (digitale) e da MasterMusic (CD digipack a tiratura limitata).

Continue Reading

Read More

Landlord – Aside

Written by Recensioni

Scrivere dei Landlord senza citare la loro partecipazione ad X-Factor sarebbe inutile e controproducente, nonché sintomo di incoerenza intellettuale. Se spesso queste “fortune” si rivelano in realtà controproducenti per artisti e band, stavolta stiamo assistendo ad un’interessante eccezione.
Portatori di un sound pulito e preciso, di soluzioni melodiche interessanti – anche se non rivoluzionarie – e di una delicata voce femminile (Francesca Pianini), i quattro di Rimini hanno potuto, grazie alla enorme cassa di risonanza della prima serata, portare nelle case degli italiani un sound diverso dal solito prodotto impacchettato e pronto all’uso da consumarsi in pochi mesi. I Landlord hanno davvero qualcosa da dire e cominciano a scrivere la loro storia con un EP dal titolo sibillino Aside fuori per INRI (e scusate se è poco).
Cinque tracce per poco più di venti minuti sono sufficienti a scrollarsi di dosso la pesante eredità televisiva: Let me tell you I don’t care about it / Leave it behind, get by, get by è il ritornello dell’opener “Get by” e sembra ribadire più volte questo concetto. I Landlord confidano nella bontà del proprio progetto e non abbandonano la strada maestra (in “Still Changing” il termine “stay” è ripetuto molte volte) facendo di un’elettronica sapientemente addolcita il proprio marchio di fabbrica. Royksopp, Arcade Fire e The National sono tra gli ispiratori del quartetto ma nessuna di queste influenze è così evidente da risultare sgradevole o troppo presente, tutto appare in perfetto equilibrio.

Aside è solo un assaggio di qualcosa che si preannuncia esplosivo, nonché il perfetto compromesso tra Electro, Trip-Hop e Pop, laddove quest’ultimo fa rima con ricercatezza e distinzione.
I Landlord preferiscono restare, almeno per ora, volutamente Aside e far leva sulle proprie possibilità, forti di una capacità compositiva superiore alla media e di un’attitudine elegantemente Pop che li rende padroni di un linguaggio di respiro internazionale.

Read More

Cinque canzoni brutte, bellissime

Written by Articoli

Senatore – Bisogni Primari

Written by Recensioni

Torino è da sempre una fucina fervida di creazioni musicali, alcune nuovissime, alcune debitrici delle diverse band Alternative che, nel corso degli anni, sono più che emerse dal panorama locale. Questo secondo caso riguarda anche i Senatore.
Sin dalle prime battute di “Intro”, la band definisce il suo stile: un Indie-Pop elettronico che ammicca spesso e volentieri alla Dance, come anche nella successiva “A Sangue Gelido”: rime ossessive, accenti tonici verbali sbagliati perché sottesi alla metrica della forma musicale. Nelle tracce successive, però, le ispirazioni diventano più variegate e meno scontate: “Gli Avvocati” è un bel brano fresco ed elegante, alla Phoenix, mentre la title-track “Bisogni Primari” non può che ricordare i concittadini Subsonica (e, non a caso, il disco è stato mixato da Max Casacci in persona, presso l’Andromeda Studio). Le liriche dei Senatore si distinguono dai brani di genere simile per le tematiche affrontate: c’è la voglia di essere impegnati, c’è il bisogno di esprimere qualcosa di più del puro divertimento che il ritmo cadenzato suggerirebbe. È il caso de “L’Anticiclone Nord”, che potrebbe serenamente diventare la hit dell’estate con il suo bell’andamento scanzonato (ma solo in superficie) e richiami alla Killers.
E se si fa Dance, per quanto filtrata dall’Indie e dall’Alternative, non si può che pagare un debito anche agli anni ’90, come in “Shampoo”, che si connota subito come brano radiofonico e non può che farmi immaginare scampagnate estive in auto, coi finestrini abbassati e la musica a un volume accettabile per contrastare il rumore del vento e dell’asfalto.
Antitetica al midollo è “Disciplina Zen”, che di meditazione, calma e pace ha proprio poco o nulla considerato invece quanto musicalmente parli più di dance floor, di ascelle sudate e capelli scombinati dalla frenesia del movimento. E non credo sia un caso che il titolo scelto per la traccia successiva sia “Un Crollo Mistico”: velocità contenute rispetto alle tracce precedenti e chitarre che giocano a fare contrappunti melodici nelle sezioni strofiche per concedersi poi il ruolo di protagonista nel riff principale.
Fin qui, Bisogni Primari, è un disco più da sentire dal vivo che non nel salotto di casa, ma con “Qualche Scintilla” la sensazione cambia leggermente. Vuoi che sul piano fonico la band si rifaccia più o meno intenzionalmente ai Kasabian, come nella successiva “La Casa del Popolo” o vuoi che, come sembrerebbe confermare la chiusura con quel titolo, “Tipi Classici”, la band sta omaggiando le origini più elettriche che elettroniche (più Foals che i nuovi Coldplay – grazie al cielo!), ma il finale del disco ha davvero sposato il mio gusto.

Read More

Less Than a Cube – Less Than a Cube

Written by Recensioni

La presenza del sempiterno Amaury Cambuzat (Ulan Bator, Faust) alle chitarre della quarta traccia (“Blue Grass”) di questo omonimo disco d’esordio dei torinesi Less Than a Cube non sarà sufficiente a salvare un album che ha poche cose da dire e finisce per dirle malissimo. Nove brani che nelle intenzioni vorrebbero rileggere un passato vecchio vent’anni e più con rinnovata vitalità ma che finiscono con lo scimmiottare chitarre e distorsioni datate in maniera tutt’altro che apprezzabile. Lo scenario lo-fi nel quale tutto sembra inserirsi finisce per suonare piuttosto forzato che non voluto e, non solo suoni e melodie danno l’idea di scarsa ricercatezza e assente ispirazione, ma anche le qualità vocali di prima (Fabio Cubisino) e seconda (Alessia Praticò) voce, entrambe in inglese, finiscono per essere non certo di alto livello e sfiorano una sgradevolezza senza alcun fascino, come chi volesse imitare J Mascis più per necessità che per volontà e Peter Murphy più per superbia che per capacità. Tra le diverse analogie col passato riscontrabili in questo Less Than a Cube, oltre al già citato Alternative Rock anni Novanta (“Blue Grass”, “Revolution”), ritroviamo ritmiche Post Punk (“Dear Secret”) e dilatazioni chitarristiche Gothic Rock (“Not Forget”, Night Song”), reiterazioni Post Rock (“Escape Plan”), accenni Art/Experimental Rock e Slowcore tra Liars e Devastations (“The World On Fire”, “The Dust”) e sferzate Post Hardcore appena accennate (“Monovolt”).

Una marea di riferimenti buttati nel calderone con confusione, senza un preciso punto di arrivo nell’obiettivo, senza palesare alcuna capacità fuori dal comune, anzi, evidenziando una certa banalità d’ispirazione e nessun punto di forza peculiare. Dispiace metterlo nero su bianco ma questa volta il “vecchio” Cambuzat non potrà salvare i suoi figliocci dalla marea di sterilità in cui si sono immersi con le loro stesse mani.

Read More