Torino è da sempre una fucina fervida di creazioni musicali, alcune nuovissime, alcune debitrici delle diverse band Alternative che, nel corso degli anni, sono più che emerse dal panorama locale. Questo secondo caso riguarda anche i Senatore.
Sin dalle prime battute di “Intro”, la band definisce il suo stile: un Indie-Pop elettronico che ammicca spesso e volentieri alla Dance, come anche nella successiva “A Sangue Gelido”: rime ossessive, accenti tonici verbali sbagliati perché sottesi alla metrica della forma musicale. Nelle tracce successive, però, le ispirazioni diventano più variegate e meno scontate: “Gli Avvocati” è un bel brano fresco ed elegante, alla Phoenix, mentre la title-track “Bisogni Primari” non può che ricordare i concittadini Subsonica (e, non a caso, il disco è stato mixato da Max Casacci in persona, presso l’Andromeda Studio). Le liriche dei Senatore si distinguono dai brani di genere simile per le tematiche affrontate: c’è la voglia di essere impegnati, c’è il bisogno di esprimere qualcosa di più del puro divertimento che il ritmo cadenzato suggerirebbe. È il caso de “L’Anticiclone Nord”, che potrebbe serenamente diventare la hit dell’estate con il suo bell’andamento scanzonato (ma solo in superficie) e richiami alla Killers.
E se si fa Dance, per quanto filtrata dall’Indie e dall’Alternative, non si può che pagare un debito anche agli anni ’90, come in “Shampoo”, che si connota subito come brano radiofonico e non può che farmi immaginare scampagnate estive in auto, coi finestrini abbassati e la musica a un volume accettabile per contrastare il rumore del vento e dell’asfalto.
Antitetica al midollo è “Disciplina Zen”, che di meditazione, calma e pace ha proprio poco o nulla considerato invece quanto musicalmente parli più di dance floor, di ascelle sudate e capelli scombinati dalla frenesia del movimento. E non credo sia un caso che il titolo scelto per la traccia successiva sia “Un Crollo Mistico”: velocità contenute rispetto alle tracce precedenti e chitarre che giocano a fare contrappunti melodici nelle sezioni strofiche per concedersi poi il ruolo di protagonista nel riff principale.
Fin qui, Bisogni Primari, è un disco più da sentire dal vivo che non nel salotto di casa, ma con “Qualche Scintilla” la sensazione cambia leggermente. Vuoi che sul piano fonico la band si rifaccia più o meno intenzionalmente ai Kasabian, come nella successiva “La Casa del Popolo” o vuoi che, come sembrerebbe confermare la chiusura con quel titolo, “Tipi Classici”, la band sta omaggiando le origini più elettriche che elettroniche (più Foals che i nuovi Coldplay – grazie al cielo!), ma il finale del disco ha davvero sposato il mio gusto.
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Victor Kwality, l’esordio solista del frontman dei LNRipley
Cantante, mc e perfomer protagonista della scena underground italiana, Victor Kwality presenta il suo primo progetto solista: Koan è uscito il 6 maggio scorso, pubblicato da Sugar.
Ilaria Pastore – Il Faro la Tempesta la Quiete
Ilaria Pastore arriva al secondo disco con delle cose da dire (e non da poco): si parla di maturità, amore, rispetto per se stessi, per il proprio tempo, per i propri dubbi. Ci arriva con le idee chiare, una voce pulitissima e leggera, scevra da ogni traccia di retorica, e un gusto per l’arrangiamento scaleno e obliquo (curato da Gipo Gurrado) che rende Il Faro la Tempesta la Quiete un’opera leggiadra, iridescente, sempre in movimento.
Il nucleo del disco è il binomio voce-chitarra, gestito sempre con una limpidezza esemplare, e con inserti misurati e accorti di batteria, basso, pianoforte, archi e fiati, che allargano il campo senza mai strafare, con una precisione di incastri di melodie e armonie che avvolge e distende.
Ilaria Pastore sa raccontare senza fronzoli dettagli minuti ma importanti: una foto della madre che sorride tra i panni stesi (“Polaroid”), il dubbio come luogo della mente da cui non bisogna per forza fuggire ma in cui si può, e forse si dovrebbe, anche sostare (“Il Dubbio”), e poi la vita di coppia, soprattutto nelle sue difficoltà e fragilità (“Buio Pesto”, “Tu Sbufferai”, “Va Tutto Bene”, “Decifrato”). Il racconto è semplice ma efficace; a volte inciampa nel ridicolo (“Compro Oro”), ma spesso riesce nell’impresa di far convivere una scrittura colloquiale e una pregnanza inaspettata: in questa passeggiata così breve / consideriamo tempo perso quello speso bene, da “Ricordi Migliori”; o forse sarebbe meglio trovare la volontà di dirsi / siamo in ritardo / abbiamo sprecato del tempo e del coraggio ed ora / siamo in ritardo, da “Va Tutto Bene”, che fotografa un certo sentimento che pare serpeggiante in una società basata sulla fretta e sulla competizione sfrenata, anche nel rapporto a due.
Il faro la tempesta la quiete rischia qui e là lo scivolone quando la semplicità dei testi, spesso gradevole, si avvicina pericolosamente all’ombra della sciatteria; per fortuna ciò non accade spesso, e Ilaria Pastore arriva alla fine con grazia e convinzione, merito soprattutto della sua voce sempre impeccabile e dal timbro così trasparente, fresco e intenso insieme. Con qualcosa in più sarebbe stato un album meraviglioso – si dovrà accontentare (si fa per dire…) d’essere un buonissimo disco.