Forse è questione di tara mentale ma io davvero non riesco a capire come si possa reputare musica ciò che esce da questo disco. Forse è solo perché nella mia vetusta e romantica visione ricerco ancora una melodia, una forza, una tensione. E non voglio scomodare né sentimenti, né emozioni. La Confraternita del Purgatorio è un trio pugliese che si definisce Medidative, Club Sandwich e Fuck-Noise, ma che spero si diverta a prenderci (e prendersi) per il culo. La speranza pare realizzarsi quando ai brani vengono affidati titoli come “Gianni (lo senti il profumo della vita??)” e se guardate il buffo Pac Man mangia merda nello sfondo del loro sito riuscite anche a fare due più due. In ogni caso però non riesco a capire se il gruppo si sforzi oppure no a tirare fuori l’accozzaglia di note e di suoni che invade il loro primo album Pera. Potremmo parlare di esercizio di stile o di puro caos anarchico. Ciò che mi turba per i venti minuti di rumore demenziale è la classica domanda: ci sono o ci fanno? Tutto ciò è frutto di una ricerca? Oppure è semplicemente un gioco in cui si entra in sala prove e si inizia a delirare, sperimentando note stridule, ritmiche storte e accelerazioni nevrotiche? “Black Is Like Heroin, Snellics” ne è l’esempio lampante. Un labirinto di pugni, di nevrosi e di qualche buon riff tiratissimo mischiato e storpiato in mezzo a rullate buttate a casaccio e prive di significato. Sembrerebbe un ottimo svarione studiato a tavolino, una vera provocazione suonata anche con buona precisione e attenzione, ma ciò che conta è il risultato che non va molto oltre il fastidioso.
Gli altri pezzi sicuramente si fanno riconoscere per estro e follia e se vogliamo possono anche strapparci un sorriso per l’idea malsana di chi li ha concepiti, ma non si possono considerare di certo canzoni. “Videodrome” parte con la linea di basso gutturale per poi arrivare ad un frullato di distorsioni in cui non si riconoscono più neppure i singoli strumenti, “Radio Maria” ruba le atmosfere e le sonorità ai videogiochi anni ’80 e le mischia con preghiere e prediche. “Canzone d’Amore” sfodera ritmi difficilissimi da assorbire e la sensazione è quella di avere degli gnomi malefici che prendono a zappate il tuo cervello, martoriandolo per due minuti. Anzi per quattro dato che in “PONG!” iniziano pure a mordere e graffiare. Io onestamente reputo che nella vita quotidiana ci siano già numerosi gnomi che mirano a sgretolarmi il cervello. Perché dovrei pure crearne degli altri ascoltando questo disco?