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Malerba – La Deriva dei Sogni

Written by Recensioni

Devo dire che ho avuto molta difficoltà a giudicare questo primo album dei bolognesi Malerba. Sebbene sia un esordio, appare come un disco d’esperienza, un disco che pesca qua e la nel tempo e spazia in tutto lo scibile musicale italiano. Il risultato è interessante ma a tratti insipido. Sicuramente da apprezzare c’è il lavoro di produzione al limite del maniacale e alcuni spunti di buona musica italiana. L’incipit non è dei migliori e non rende giustizia ai bolognesi. “Francine” è un po’ sciatta come il personaggio di cui si parla: un tentativo di aggressività sonora non totalmente riuscito. Prova di forza che guarda troppo alle prime produzioni dei Litfiba. “Dove Crescono i Fiori del Male” vacilla per la poca “pompa” (master un po’ trascurato?), ma richiama i vecchi fasti della New Wave con tanto di testo cupo e voce dalle tenebre. Per sentire la prima perla dobbiamo attendere l’arrivo di “Sunshine”. Soffice, parlata, una vera confessione a cuore aperto. Forse troppo simile a “Volo Così” di Paola Turci ma comunque personale e vincente. Superlativi anche l’incastro con la voce femminile e il sapiente arrangiamento di fiati. Perfetta canzone d’amore, per nulla scontata. Il tema caldo del lavoro sbuca fuori con un titolo divertente come “Il Blues della Cassa Integrazione”, che però scade in un testo banalotto. Peccato perché qui basso e batteria tirano avanti un bel groove. Il tempo storto di “Ricordando te – Fingere di Essere Felice” ci sbilancia con qualche slancio Prog  Rock. Purtroppo non ci fa cadere, dopo lo sgambetto iniziale; questo pezzettino strumentale ci conduce a “Marylin” porta ad un suono più standard, acustico e moderno ma con un testo vero e sincero, che richiama la mitica “Albachiara”. Nonostante le rullate incerte, il pezzo è trascinante insieme alla sua storia di dita che toccano punti proibiti e i lati oscuri del piacere. Ci lascia poi con una frase che esalta il realismo del pezzo: “Il sesso è una scintilla che illumina l’amore”. Come dargli torto? Anche perché il filone acustico continua con “Allo Specchio”, chiacchierata, intima, quasi adolescenziale e che sta volta fa l’occhiolino a Luca Carboni. Con lo stesso stampo ma meno riuscita è “Tra le Pagine”, un po’ stanca e lenta rispetto alle precedenti. Rimane l’epica di una melodia molto sentita “la tua voce che resta dopo la piena, resterà qui per sempre ma smarrita, tra le pagine che hai scritto della mia vita”. La band chiude il cerchio poi con citazioni del romanzo “Cuore di Tenebra” e una vera cavalcata Progressive che non manca di regalarci le ultime melodie in bilico tra PFM e Timoria. Difficile davvero è valutare un lavoro così complesso e eterogeneo, a volte povero e a volte pieno di idee, che riescono ad inondarci e stupirci. Sicuramente da ascoltare, perché la musica italiana potrebbe non averne necessità e voglia di ascoltare una band così, ma sicuro ha bisogno di stimoli e
di voglia. E qui ne troviamo da vendere.

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