Arrivano da Gubbio i tre Le Chiavi del Faro, che con il nuovo full length Dentro cambiano leggermente rotta rispetto al precedente La Furia degli Elementi. Le coordinate base sono le stesse: una carica strumentale notevole, una libertà compositiva invidiabile, che poco si piega a certezze aprioristiche ma, al contrario, volteggia tra storture e sfuriate, tra stacchi sorprendenti e riprese secche, crude, taglienti, tra stilettate di derivazione Funk, riff acidi di chitarra, aperture melodiche e sconvolgimenti ritmici. Di diverso c’è la coesione che stavolta si intuisce tra un brano e l’altro: Dentro è più focalizzato e convinto, meno sbavato, con un’intenzione più chiara e diretta, che di certo migliora la fruibilità dell’intero disco e che rende più convincenti e solidi anche i singoli brani. Si perde qualcosa, magari, in “magma”, in follia e diversità, ma si guadagna in compattezza e, comunque, il prodotto finale rimane caleidoscopico quanto serve per avere una sua personalità (vedi il piacevole diversivo di “Plastiche, l’Inventario”, o i saliscendi de “La Cura dei Cori”, per esempio). Non mi riesco invece ancora a convincere rispetto alla voce e ai testi. Il cantato è migliorato, pur con qualche scivolone qua e là, ma l’immaginario è abbastanza neutro e per la maggior parte i testi paiono senza un vero gusto, con poca inventiva. È anche vero che siamo nel campo del Rock e sento già alzarsi il coro dei “chissenefrega”. Rimane il fatto che si poteva avere un boost di senso che qui manca. Le Chiavi del Faro si conferma comunque un ensemble interessante e dal gusto piacevolmente libero, che sa anche farsi carico di questa libertà e portarla fino in fondo, questa volta con un controllo più saldo e una piacevole coerenza. Manca ancora qualcosa, ma Dentro è già un salto evolutivo importante.
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Le Chiavi del Faro – La Furia degli Elementi
La Furia degli Elementi: il titolo di questo primo lavoro degli umbri Le Chiavi del Faro è azzeccatissimo. Partiamo subito con il dire che in questo disco c’è veramente tanta (troppa?) roba. I tre definiscono la loro musica Free Funk, ma diciamo che l’accento va messo, senza dubbio, sulla parola free. Il disco infatti miscela di tutto, dall’elettronica giocattolo, fuori posto, di “1-2 (IN)” (che prosegue nelle successive “3 (CON)”, “4-5 (SCIA)” e “6 (MENTE)” – scelta che mi sento di non condividere, sembra un EP piazzato forzatamente dentro ad un disco che è tutt’altro), al sax in salsa progressive di “Tentativo Numero Uno”, al “Post-Funk” con cui aprono le danze, nei sette minuti e rotti di “Tormentati alla Ricerca dell’Obbiettivo Comune”.
A Le Chiavi del Faro va dato atto di non risparmiarsi su nulla, e di seguire le loro inclinazioni con una libertà rara, che permette loro di arrivare veramente ovunque. Il rischio (che qua è certezza) è di creare un prodotto magmatico, “furioso”, per l’appunto, dove si fa fatica a trovare capo e coda, le tracce, almeno, di un discorso, di un percorso. Musicalmente il trio gira, sa inventare e re-inventare, suona anarchico e spaziale, con attimi di quasi Post-Rock atmosferico (“Cambiamento”) da un lato e groove virtuosistici dall’altro (“Le Macchine Straordinarie”, “La Morte del Fuoco”). Manca una direzione, ma può essere una scelta, e se di scelta si tratta, è solo (!) questione di arrivare alle orecchie (e alle teste) giuste. Discorso a parte per il cantato, che sembra sempre un po’ fuori luogo, messo lì a caso, con linee melodiche che sanno di vecchio, tra accenti dislocati, un suono troppo neutro sopra la follia strumentale, e testi che non riescono proprio ad arrivare. Forse ci voleva più coraggio (poco, pochissimo in più di quello che già c’è – ed è tanto!): fare un album strumentale di musica infuocata, tempestosa, devastante, senza parole ad interrompere questo flusso inconscio, questa esigenza psicofisica, come la chiamano loro, dove comunque appare chiara e lampante la necessità, l’ansia, l’urgenza di fare, di creare. Un po’ di controllo in più, qualche ingenuità in meno e il disco avrebbe acquistato spessore e importanza. Così sembra un’eruzione vulcanica caotica, un maelstrom senza direzione. La capacità c’è, si può fare di meglio, senza la necessità di voler stupire a tutti i costi. Aspettiamo il seguito.