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Le Pistole Alla Tempia – La Guerra Degli Elefanti

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Si presenta bene fin dal primo brano, questo La Guerra Degli Elefanti, degli incazzati Le Pistole Alla Tempia. Un disco, e una band, con le idee chiare, e, perlomeno musicalmente, concepito benissimo, tra cavalcate Rock gonfie e distorte, arrabbiate e sintetiche (l’opener, che è anche la title track, “Non ti Cercano Più”) e ballate più intime ma pur sempre appassionate (“Insieme e Basta”). Una voce che ricorda quella di certi Negrita, un impianto che quanto colpisce duro ricorda un Il Teatro Degli Orrori alleggerito, o qualche visione di profilo dei Bachi da Pietra.

Liricamente passano dalle stoccate ficcanti di un pessimismo diretto e brutale (“qui ti fa tutto schifo e lo sai / ma ci sei nato e ci morirai”, da “Ealù”) a piccole pennellate di saggezza spicciola, ma non per questo meno sensate (“come elefanti che si fanno la guerra / si combattono e è l’erba / a rimanere schiacciata”, ispirata ad un proverbio africano, dalla title track). Mancherebbe solo una spinta in più, un salto ispiratore, uno sguardo appena più personale, che ci faccia decisamente stracciare la veste e gridare al miracolo, ma per la funzione destabilizzante che un disco di questo tipo può (e vuole) avere, i racconti minimali girano a dovere, incanalano la rabbia e la disillusione e l’amaro che questo mondo ci lascia dentro in modo essenziale ma funzionale. Rimane un po’ la delusione per certe cadute di stile, sottolineature un po’ troppo retoriche, tentativi di racchiudere vicende complesse in una canzone (“Cesare”, ispirata alla vicenda di Cesare Battisti, o “Nazione Sleale”) che raramente portano a risultati interessanti se non si hanno le capacità poetiche adatte (e qui si rischia, si rischia grosso).

La Guerra Degli Elefanti è in equilibrio tra l’immediatezza hard del Rock alternativo, breve e fulmineo, con certi richiami sia alla scena contemporanea indipendente che al glorioso Rock italiano degli anni ’90, e alcuni sprazzi riflessivi e più sfaccettati (penso all’intermezzo verso il finale di “Sylvia”, a “Casa Bianca”, brano lento, toccante e misurato, o l’ultimo pezzo, “Nazione Sleale”, con forse, come dicevamo, troppa retorica, ma snocciolata su di un altrimenti godibile tappeto di chitarre acustiche e violini). Un buon lavoro per Le Pistole Alla Tempia, che spero riescano nel tempo a limare le imperfezioni (soprattutto nelle liriche), per giungere ad un insieme sempre forte, sempre trascinante, ma più sensibile, meno cheesy. Le potenzialità ci sono tutte.

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