Nell’arena megagalattica dell’underground in cui arrivano, stazionano e partono migliaia di nuove formazioni musicali, c’è chi riesce, chi scompare e chi addirittura muore senza mai conoscere una via d’uscita, e quando capita di trovarne una che pare dire qualcosa, un singolo talento isolato appare come un’onda travolgente.
Dalla Puglia il passo inquieto dei La Musa, quartetto che spinge forte sulle pedaliere come sulle parole/denuncia che caratterizzano la loro poesia amplificata e Italiano è l’ufficialità sonora con cui si presentano al pubblico largo e, senza troppi panegirici, è una presentazione di tutto rispetto, l’impeto dell’hard rock emulsionato con spruzzi pop riesce a dare una forte soluzione continuativa all’ascolto mentre una fresca energia elettrica riporta a certi anni novanta tricolori, specialmodo a certi Malfunk di primigenia e taluni Settore Out dispersi con l’avvento di nuove esigenze; le sette tracce della tracklist si concedono senza mai sbracarsi, scorrono di loro e lasciano dietro una scia, una sonorità tecnicamente carica e metodica, merce rara di questi tempi.
Dicevamo scariche hard di base e melodia pop che si incontrano trasformandosi in hook radiofonici trascinanti come la titletrack, “Lei”, gli ariosi open chord che lievitano la stupenda “Aria” o le distorsioni shuffle che fanno tremare la conclusiva “Lacrime dal mondo”, il resto e forza d’insieme, una buona capacità di iniettare scintille e regalare momenti veri di musica.
Se è vero che il rock ama e adula l’imperfezione grezza del suo verbo, i La Musa si completano già alla loro prima turnazione.
http://www.youtube.com/watch?v=ZHBpHh_-3yE