Artisticamente sbocciati nell’ormai remoto 2001, i lecchesi Vintage Violence hanno da poco pubblicato il loro nuovo album, Senza Paura delle Rovine composto di tredici tracce inedite e con la partecipazione di Enrico Gabrielli (Afterhours, Calibro 35), Karim Qqru (Zen Circus, La Notte dei Lunghi Coltelli) e con testi interamente in italiano. “Metereopatia” (Videoclip a 360° realizzato con 6 GoPro©) è l’ultimo videoclip estratto e vede la regia del duo Marco Mazzoni, Riccardo Rossi. Potete guardarlo di seguito ed in homepage per tutta la settimana.
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Rock Island dal 2 al 7 luglio
Il festival Rock Island, dedicato alla musica indipendente italiana, anche quest’anno si circonda di grandi nomi: Sikitikis, Sadside Project, Veracrash, La Notte dei Lunghi Coltelli, Le Capre a Sonagli. La manifestazione si terrà presso l’Area Feste di Bottanuco (BG) e sarà completamente gratuita. Di seguito il programma completo:
02 Luglio
SANPIETRO
+JERRY MOVERS
+LET IT SLIDE
03 Luglio
VERACRASH
+ JUDA
04 Luglio
LA NOTTE DEI LUNGHI COLTELLI
+ POLAR FOR THE MASSES
05 Luglio
LE CAPRE A SONAGLI
+ QUIET CONFUSION
06 Luglio
SIKITIKIS
+ RADIO DAYS
07 Luglio
SADSIDE PROJECT
+ ARCANE OF SOULS
Threelakes And The Flatland Eagles – Uncle T BOPS
Un brevissimo ep (3 pezzi per poco più di 10 minuti di durata complessiva), registrato in una sola giornata e per giunta all’aperto. Questo per dirvi quanto sia curioso il progetto Threelakes And The Flatland Eagles, che ho avuto il piacere di scoprire dal vivo al Magnolia di Milano in apertura a La Notte Dei Lunghi Coltelli (ma questa è un’altra storia).
Threelakes è un cantautore mantovano, Luca Righi, mentre The Flatland Eagles sono i suoi compagni di viaggio (Andrea Sologni, Raffaele Marchetti e Lorenzo Cattalani). Ciò che traspare vedendoli dal vivo (ma potrei sbagliarmi) è che tutto l’impulso creativo da songwriter venga dal frontman, mentre il vestito shoegaze sia cucito dalla band. In realtà, credo che, come spesso accade, la verità sia più indefinita, e i contributi al progetto più corali. Questo non toglie che queste due anime siano lo scheletro ultimo del progetto: un cantautorato (ma anglosassone, non solo perché la lingua scelta è l’inglese, ma anche perché lo stile richiama più gli States che casa nostra) che si rispecchia nell’uso particolare della voce, strascicata, sussurrata, mai piena, e nella chitarra acustica, linea su cui tutto s’appoggia; e una band fatta di ritmiche semplici ma ossessive, un basso che mi piace definire liquido, e chitarre prima alte e arpeggiate, poi distanti e bagnate. Insomma, un buonissimo punto di partenza, che lascia curiosi quanto basta per aspettarne un seguito.
La Notte Dei Lunghi Coltelli – Morte A Credito
Il primo disco de La Notte Dei Lunghi Coltelli, progetto solista di Karim Qqru, già batterista degli Zen Circus, è una sorpresa assoluta. Al primo ascolto lascia perplessi, al secondo cattura, al terzo incanta. È un disco stratificato, profondo, citazionista, colto, e devo ammettere che non mi sarei aspettato questa varietà di stili e rimandi da un disco del genere.
Morte A Credito (questo il titolo, “rubato” ad un romanzo dello scrittore francese Louis-Ferdinand Celine) è infatti un pastiche di generi ed influenze. Si passa dall’hardcore di “La Caduta”, energico e accorato brano d’apertura, fermo su due accordi e sul mantra l’urlo che precede l’urto (testo ispirato al romanzo omonimo di Albert Camus), al quasi-rap industriale di “J’ai Toujours Été Intact De Dieu”, da un testo di Jacques Prevert. C’è una cura quasi maniacale sia delle atmosfere, incazzate o sospese, alla bisogna, sia del materiale lirico, che viene gestito con una sapienza rara (abbandonato per pezzi strumentali, come in “Ivan Iljc”, regalato da altri autori, come Aimone Romizi dei Fast Animals And Slow Kids che firma “Levami Le Mani Dalla Faccia”, o addirittura, con l’aiuto di Diego Pani del King Howl Quartet, sperimentato in sardo logudorese in “D’isco Deo”).
L’anima del disco è, senza dubbio, il punk: quello sentito, duro, sgolato; più un approccio, una forma mentis, che un genere musicale. “Morte A Credito” (la canzone) ne riassume tutte le caratteristiche: diretto, incazzato, disilluso, cinico, ma allo stesso tempo disgustato. Il punk, però, viene infilato ed immerso in un bagno di modernità industrial/ambient, soundscapes umidi o polverosi, che aiutano a bilanciare la ruvidità degli episodi più duri (come nel lungo parlato sintetico de “La Notte Dei Lunghi Coltelli”, con l’ausilio dell’onnipresente Nicola Manzan).
Morte a credito è anche un racconto: la follia dell’uomo, il male, l’orrore, la morte, appunto. Il raccapricciante rifrangersi delle onde della Storia sugli uomini e sulle loro azioni, visto attraverso una lente molto novecentesca, che sorprende trovare in un disco, così ben strutturata e fondata. Morte a credito è un esperimento audace, rischioso, e, purtroppo (ma mi piacerebbe essere smentito), di nicchia. Ma è un esperimento che, almeno per quanto mi riguarda, è completamente riuscito.