Audaci i Camp Lion che tentano, con Pangea Ep, di portare in casa Italia un genere che va a pescare nel bacino dell’Alternative Noise Rock britannico. Distorsioni e riverberi che pian piano creano una scena evocativa che sale e scende, per lasciare alla voce, che mai prevale e sempre a contorno, lo spazio del sogno. Per l’esattezza il genere è lo Shoegaze ed è una branca sotterranea dell’Alternative Rock sviluppatasi alla fine dei ’90 con i My Bloody Valentine, The Jesus And Mary Chain e i Ride. I Camp Lion sono riusciti ad adattare alla nostra lingua la questione, cosa che nel precedente lavoro La Teoria di Romero risultava meno nitida.
Il risultato è un extended play che, con disincanto e morbidezza, ci racconta l’annichilimento subordinato dell’essere umano in una società fatta di apparenze. Con una formazione tradizionale, basso, chitarra, batteria, che crea la musica adatta a questo genere di narrazione piatta senza risparmiarsi nella scelta degli effetti. La voce, infatti, risulta livellata ma non priva di ascendenze melodiche a sottolineare che in questo genere non è l’ego che la fa da padrone. Personalmente ho apprezzato molto i testi, ben incastonati nella melodia, risultati diretti ad una rassegnazione stoica. Uno fra tutti il testo di “Passeggero Spettatore” che ben sintetizza il concetto di questo lavoro sussurrandoci con una fievole melodia che “Sei un passeggero spettatore / senza il potere di rivoluzionare lo stato delle cose”.
Cinque brani strettamente Indie che, senza pretese, ci raccontano della gabbia esistenziale che ci siamo costruiti attorno, fatta di apparenze e nulla più. Pangea scivola tutto d’un fiato, ben concepito e senza fronzoli. I Camp Lion meritano di essere ascoltati perché nel loro guardare a terra c’è un amore profondo per la musica e la sua capacità di trasmettere emozioni.