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Il Video della Settimana: 7 Training Days – Life

Written by Senza categoria

“I 7 Training Days nascono nel cuore del centro Italia circa 7 anni fa come punto d’incontro di storie di vita comuni e precedenti percorsi artistici paralleli. Nel giro di qualche mese mettono in piedi un corposo repertorio di brani inediti e iniziano a calcare le scene dei locali indie/underground della loro regione d’appartenenza. A inizio 2010 entrano in studio per registrare il loro primo album, In a Safe Place, che vedrà la luce soltanto un anno dopo, nel 2011.

Lo scorso anno nascono i 12 brani che daranno vita a Wires, il secondo album. La band torna nelle stanze dei VDSS Recording Studio nell’agosto del 2013, e nuovamente sotto la guida di Filippo Strang dà forma al lavoro in appena 3 mesi. Ed è tutta qui la forza di Wires, uscito il 16 dicembre 2013: nello spirito Rock, nell’immediatezza, nella freschezza, nel suono sporco, live, che affonda le radici nel cuore degli anni 70 e restituisce il groove di un calore dimenticato.

‘Life’, il primo video ufficiale, è la perfetta rappresentazione delle intenzioni della band e del nuovo sound proposto da Wires…”

ed è anche la nostra scelta come Video della Settimana, visionabile di seguito e in homepage fino a sabato prossimo.


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7 Training Days – Life

Antonio Tortorello | Basso
Simone Ignagni | Voce e chitarre
Giovanni Ignagni | Batteria e percussioni
Daniele Carfagna | Chitarre

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Swell99 – Life

Written by Recensioni

Sensazioni contrastanti. Quelle che provo quando annuso l’intrigante quanto malsano odore della benzina oppure quando bagno le labbra nel ruvido sapore de whiskey o quando guardo un film di fantascienza. A mezz’aria tra l’inutile e il divertente, tra il piacere e la smorfia. Ecco e questo sentimento altalenante e di umore lunatico sbuca improvviso all’ascolto del nuovo disco dei Swell99.

Nati nel 1999 a Macerata, arrivano al loro quattordicesimo compleanno senza nessun cambio di formazione, una famiglia a loro detta e sono convinto che sia così. Il suono in effetti è compatto, unito, sicuro. Fin troppo sicuro da risultare poco intrigante. E la scelta di usare l’inglese, tranne che nella prima e nell’ultima traccia cantate in madrelingua non solo fa storcere il naso ma obiettivamente non può che far perdere omogeneità e significato ad un album registrato e prodotto in modo impeccabile. Nulla ha da invidiare alle mega produzioni statunitensi in termini di qualità sonora e di impatto, ma in tutti gli aspetti questo disco pare troppo inquadrato e privo di quel brivido, di quell’imprevedibilità che nel Rock non guasta mai.
Il singolo “Urlo” parte spavaldo con chitarroni metallusi. Hard Rock in italiano, due mondi che quasi sempre si scontrano senza provocare nulla di buono, salvo in rari casi come questo. La voce di Carlo Spinaci però non lascia grandi tracce, sebbene ben impostata e precisa rimane molto fumosa. Anche quando tenta di graffiare (“Bloody Knife”, “Real Friend”) non è acqua e non è fuoco. Molto meglio con le ballate che con i pezzi più aggressivi e vince più con la lingua italiana che con quella anglosassone. “Boot” vanta la presenza del blasonatissimo Andrea Braido, ma il fumo purtroppo rimane tanto e di carne se ne addenta poca, come anche in “Screaming to The World” dove anche l’assolo poteva essere gestito meglio, invece inciampa in freddi tecnicismi che sfociano però in una simpatica citazione di “Beat it”. Certo la botta e la carica non mancano, ma tutti questi brani sembrano essere un cannone che spara palle di gomma.

Ai pezzi più arrabbiati si alternano ballatoni più o meno articolati: si passa dal suono molto Nickelback di “Mistake”, alle melodie tortuose di “Talk” (miglior pezzo e una delle migliori interpretazioni del cantante), dalle sbavature elettroniche di “Angels” (sembra un pezzo dei Plan De Fuga) alla piatta e banalotta “Life”.
L’ancora di salvataggio ricade nell’ultima traccia (guarda caso in italiano). “Non è la fine” parte acustica per scaldarsi negli ultimi dieci secondi di puro delirio. Una pazzia. Quella che ho aspettato tutto il disco.
Spero che i ragazzi la prossima volta rompano più spesso questo orologio troppo preciso, per far cadere l’ago della bilancia verso la loro causa e rompere questi miei fastidiosissimi dissidi interni.

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