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Linea 77, il nuovo disco Oh! esce a Febbraio
Esce il 17 febbraio 2015, per l’etichetta INRI con distribuzione Artist First/Believe, Oh! nono album in studio dei Linea 77, che arriva a distanza di quasi cinque anni dall’ultimo full-lenght, e che comprenderà i due singoli diffusi nel corso dell’ultimo anno: “L’involuzione della specie” e “Io sapere poco leggere”.
oh! rappresenta un punto di svolta ma anche un ritorno alle origini, al sound e all’impatto dei primi lavori, ad un approccio più semplice e diretto. Un disco senza fronzoli, prodotto da Davide Pavanello (Dade), in cui viene bandita la sperimentazione o la ricerca della “novità” a tutti i costi. Testi più intimi, scuri ed ermetici, e un sound dal sapore “nineties” che mette in risalto la resa live dei brani e l’attitudine punk-hardcore degli esordi.
GramLines – Coyote
Non è di certo una novità che il Veneto sia culla di sana musica. Abbiamo spesso sentito parlare di One Dimensional Man, progetto idea del geniale Pierpaolo Capovilla, dei Non Voglio che Clara, determinati e scuri, degli Artemoltobuffa, simpatici, indipendenti e dal carattere naif. E quanti locali hanno passato “Warp 1.9” del progetto The Bloody Beetroots o il metallo degli Arthemis. E la Patty Pravo che riecheggia per le strade. La lista è sufficientemente lunga e la conosciamo bene, ma oggi siamo interessati ad un nome soltanto: GramLines. Sono in cinque e sono di Padova. Tutta roba italiana, recitata in inglese, che ben si addice allo stile aggressive Alternative che hanno deciso di abbracciare. Nel 2012 esce il primo EP della band, sotto il titolo di Burning Lights EP e due primavere dopo, in maggio sboccia un nuovo lavoro: Coyote EP, suonato su palchi condivisi con nomi del calibro di Linea 77 e Zen Circus. Non male.
Il disco si presenta caratterizzato da tonalità molto impetuose, perfettamente realizzate nella stesura di “The Bone”, capitolo #2. L’orecchio viene inevitabilmente spiazzato da un basso incredibilmente in linea con quanto proposto dai The Strokes ed il paragone è inevitabile, seppur mancante la vena Indie, sostituita da un perfetto stile Alternative. Il risultato è di gran lunga più orecchiabile, caratterizzato da venature a tratti metalliche e a tratti Blues Rock, nulla togliendo ai mitologici newyorkesi. Nell’episodio successivo si fa spazio a tastiere ed arpeggi maggiormente melodici, accompagnati da lievissimi chorus, ma lo stile si afferma e continua a risaltare quella tendenza Blues di cui poc’anzi. Le estroverse chitarre di Stefano Bejor e la camaleontica voce di Francesco Campaioli ben sanno raccontarsi attraverso gli oltre 6’ di “The Road”. Ma Coyote EP sa farsi ben apprezzare e non ha di certo paura di sfoggiare strutture alternative attraverso l’intro Rock’n’Roll di “The Thrill of a Breakdown”, che cede presto spazio al bit bass di Alberto Pavinato. Strutture non di certo banali accompagnano l’intero brano per tutta la sua durata, donando alla traccia un carattere molto più internazionale. L’ultimo episodio dell’EP continua a manifestare lo spirito animalesco dei cari GramLines ed è soltanto a questo punto che si riesce ad apprezzare pienamente il timbro di Francesco e le doti artistiche di tutti i musicisti protagonisti del progetto. Una splendida credit track per uno splendido lavoro.
Nulla da aggiungere, a questo punto, attraverso Coyote EP la vita diviene una strada. È questo il tempo delle bestie? Amano raccontarsi così. Noi intanto raccontiamo le aspettative attraverso un giudizio dal carattere interessante, in attesa di un vero album studio.
La Band della Settimana: LAFURIA!
Nati solo nel 2013, i LAFURIA! sono un quintetto Hardcore Punk che miscela queste sonorità a liriche prettamente Rap in una perfetta sintesi di matrice Punk Hc di scuola italiana, con la musica a rendere chiaro omaggio a Rage Against the Machine e primi Linea 77 con un tocco finale di Bad Brains periodo Quickness. La band è composta dalle voci de L’Ultimo e di Akka, da Cacio al Basso, Rambo alla chitarra e Gillo alla batteria, tutti provenienti da importanti esperienze con nomi come Gli Ultimi, Tear Me Down, La Tripla, Oss!, Leviathan, The Wild Strings.
La Noia Collettiva: La compilation di beneficenza [STREAMING]
Il collettivo artistico La Noia traccia un primo report dell’iniziativa benefica “La Noia Collettiva”, la compilation che ospita al suo interno tanti nomi della scena musicale indipendente italiana (tra cui: Tre Allegri Ragazzi Morti, Linea 77, Giorgio Canali, Nobraino e Management del Dolore Post-Operatorio) con il fine di raccogliere fondi per importanti interventi in Burkina Faso. Un’idea avviata nel dicembre 2013 e che oggi si accresce con nuovi importanti partner: Audiocoop, l’associazione di categoria rivolta a discografici, editori, produttori indipendenti ed artisti, Produzioni dal Basso, tra le principali piattaforme di crowdfunding in Italia, e due importanti webzine d’informazione culturale e musicale: Rockambula e Radiocorsara. La compilation di beneficenza sarà inoltre presentata in occasione del prossimo MEI 2014 (Meeting delle etichette indipendenti, 26 – 27 – 28 settembre, Faenza).
Report sull’andamento della compilation
1. Don Vito e i Veleno – La vita è un videogame (I) 2. Tre Allegri Ragazzi Morti – La tatuata bella (E) 3. Management del dolore Post Operatorio – La Pasticca Blu (E) 4. Laika Vendetta – Le tue fobie (I) 5. Giorgio Canali – Rossocome (E) 6. Dieci Unità Sonanti – Con tutta calma (I) 7. Kutso – Via dal Mondo (E) 8. Majakovich – Giro di vite (E cover) 9. Giovanni Truppi – 19 Gennaio (E) 10. Nobraino – Le leggi del mercato universale (E) |
11. Ilenia Volpe – Preghiera (E) 12. Gabriele Deriu – Carcasse (I) 13. Sikitikis – Hey tu! (E) 14. Alcova – Adelheid (I) 15. Linea 77 – Un uomo in meno (E) 16. At The Weekends – Eastern Lights (E) 17. The Cyborgs – My sharona (E – cover) 18. Train to roots – Mommy’s Boy Gangsta (I) 19. Cosmetic – La cura (demo version) (R ) 20. Unorsominore – Ci hanno preso tutto (E) 21. Adji – Pleure d’une femme (E) |
The Monkey Weather – The Hodja‘s Hook
Se i The Monkey Weather fossero nati in Gran Bretagna probabilmente li vedremmo in cima a tutte le classifiche scalzando dal podio artisti quali Franz Ferdinand, Arctic Monkeys e Kasabian da cui traggono spesso ispirazione pur mantenendo quella componente Punk n’ Roll che li caratterizza e li distingue dai loro più affermati colleghi. The Hodja‘s Hook è il secondo disco dei The Monkey Weather, che segue a due anni di distanza l’esordio bomba Apple Meaning e che contiene undici canzoni che testimoniano lo stato di grazia di una delle più divertenti Indie Rock band del nostro Paese. Probabilmente non eravamo di fronte a una band così ben assemblata proveniente dal Piemonte sin dai tempi degli esordi dei Marlene Kuntz che con l’album Catartica portarono una ventata di novità all’intero panorama musicale italiano troppo appiattito dai picchi cantautoriali e dalla filodiffusione delle radio “commerciali”.
Che la band si sia formata dopo un viaggio a Liverpool sulle orme dei The Beatles nel 2010 appare evidente sin dalle prime note di “Let’s Stay up Tonight”, dove il batterista Miky The Rooster “dà il La” ai suoi colleghi Jolly Hooker (chitarre e voce), Paul Deckard (basso e voce). Tanta energia e tanto sudore speso nella scrittura di tutti i brani sono evidenti anche in “Sometimes” e “Lies”, brani antitetici per caratteristiche sonore ma dalla qualità eccelsa. Le voci di Jolly Hooker e Paul Deckard sono certamente molto diverse fra loro ma ciò permette loro soluzioni assai varie e gradevoli all’ascolto. Del resto i The Monkey Weather avevano già dimostrato il loro valore durante i live spesso persino accanto a nomi quali The Vaccines, Linea 77, LnRipley, Pan del Diavolo, The Fire e tanti altri. Durante i quasi quaranta minuti dell’album trova persino spazio un’inaspettata ed alquanto insolita cover di “Firestarter”, brano contenuto nel disco The Fat of the Land che spalancò le porte del successo mondiale ai The Prodigy nel lontano 1997. L’unico rimprovero che si possa fare alla band è nei titoli, dai nomi troppo “classici” (“Sometimes” ad esempio era una hit mondiale degli Erasure!) ma i The Monkey Weather, ruvidi quanto gli Stooges di Iggy Pop e raffinati quanto i Blur, hanno fatto della semplicità e dell’immediatezza le loro migliori armi a disposizione. Un’altra (ennesima) grande produzione a nome AmmoniaRecords che certamente non vi deluderà!
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Rainska – Media Stalking
Ci sono voluti ben cinque anni per sfornare il primo disco dei Rainska, Lo Specchio delle Vanità ed altrettanti per la loro seconda fatica discografica, Media Stalking. Prodotto con l’etichetta discografica Udedi, registrato presso gli studi de La Baia dei Porci di Nereto, e mixato e masterizzato presso l’Indie Box MusicHall di Brescia, il disco vede la partecipazione di Totonno DUFF nell’opening “Le Bocconiane”, Maury RFC ne “Il ‘93” e Clode LAZULI in “500 Lire”. Oggi lo Ska (o Bluebeat, chiamatelo come volete) non è certamente più di moda come quando nacque nei primi anni Sessanta quando da esso derivarono altri generi che poi divennero persino più famosi quali il Reggae e il Rocksteady. Lorenzo Reale (voce), Angelo Di Nicola (chitarra e voce), Giulio Di Furia (basso e voce), Lorenzo Mazzaufo (batteria), Pierpaolo Candeloro (sax), Eliana Blasi (tromba) e Martina D’Alessandro (sax) ce la mettono tutta quindi per emozionare l’ascoltatore sin dall’incipit della già citata “Le Bocconiane”.
Il risultato è certamente egregio, ma forse da un gruppo che ha festeggiato il decennale della carriera (pochi vi riescono) ci si aspettava anche qualcosa di più. Gli spiriti di Madness e The (English) Beat per fortuna rimangono costanti con i sette teramani sino alla fine garantendo loro un buon fine. Un ulteriore sforzo poteva essere fatto inoltre anche a livello di testi, talvolta troppo semplici ma certamente di sicuro effetto ed il sospetto è che si sia badato più agli arrangiamenti dei fiati che a tutto il resto. Del resto di esperienza ormai ne hanno accumulata talmente tanta da garantire loro la presenza su prestigiosi palchi al fianco di artisti famosi quali Shandon, Punkreas, Velvet, Piero Pelù, Teatro degli Orrori, Giuliano Palma & The Bluebeaters, Paolo Benvegnù, Linea 77, Vallanzaska, Africa Unite e Bandabardò. Dopo tanti e ripetuti ascolti ci si abitua anche al sound che a tratti ricorda persino quello della premiata ditta Sting / Summers / Copeland, ovvero dei Police, e talvolta persino quello del Punk anni Novanta dei Green Day e degli Offspring. Consigliato a chi vuol passare quaranta minuti circa in allegria, da evitare per chi non sa apprezzare Ska e Reggae.
MyBad – Parabellum
In un certo senso non tutte le cose arrivano per nuocere, non sempre qualcosa apparentemente in vecchio stile infastidisce l’approccio mentale che un ascoltatore tipo cerca di mettere nelle proprie esperienze. Insomma quel sound stravecchio sentito e risentito riesce delle volte a regalare piccole pillole di zucchero superando, anche se per poco tempo, l’amarezza della banalità. Questo succede quando quattro ragazzi con esperienza decennale (soprattutto Punk Rock) nella musica live prevalentemente locale decidono di unirsi per dare vita al progetto MyBad e registrare il loro disco d’esordio Parabellum uscito sotto etichetta Red Cat Records. Parabellum unisce la velocità prettamente testata nel Punk Rock melodico commerciale e l’orecchiabilità di quelle band adolescenziali come Blink 182 o come i nostrani Finley, un mix di aggressività poco impegnata e voglia di avere quattordici anni. “Fly” apre il disco e sembra essere poco intenzionata a lasciare il segno, molto intensa nel cantato (in italiano badate bene) e con chitarre che suonano davvero bene mentre l’incazzatura nel finale scivola nella routine.
Basso in grande stile nell’apertura di “Mondo Perfetto”, un testo poco impegnato ma simpaticamente efficace recupera un sorriso involontario ma sincero. Sensazioni troppo contrastanti nell’andare avanti e ricordo che comunque all’uscita del tunnel c’è sempre qualcosa di buono. O meglio, c’è sempre la luce. “Madre” suona come un pezzo molto intimo e sembra discostarsi dai brani ascoltati fino a questo momento, una ballata con i suoi momenti emozionali per capirci, neanche una traccia di Punk questa volta per i MyBad. Poi torniamo a ritmi forsennati e decisamente più consoni all’attitudine della band in “Mika Facile” (Mika o Mica? È scritto in entrambi i modi nell’artwork) e sembra di ricordare quel ritornello che più o meno suonava così: “Diventerai una star…na na na… Una celebrità…na na na”. “Lucifero” senza un motivo preciso suona Nu Metal pesante, una versione Grind dei Linea 77 di Ketchup Suicide, i MyBad sono intenzionati a rompere i timpani e fanno di tutto per non lasciarsi intimorire dagli eventi che si potrebbero scatenare da questa dura melodia. Della serie noi spacchiamo tutto.
“Apollo 20” chiude Parabellum e lascia una ventata di speranza nelle intenzioni di questi musicisti, la canzone più personale dell’intero lavoro che tolto qualche infeltrito riff potrebbe sembrare una retta strada da seguire per impegnarsi a composizioni meno omologate. Parabellum dei MyBad trova sicuramente la propria fetta di pubblico e sarei curioso di assistere a una live performance per saltare e bere birra come non ci fosse un domani, il problema è che quattordici anni li ho superati da un pezzo e per lasciarmi di stucco ci vuole ben altra situazione; comunque sia i MyBad hanno un loro perché. Scopritelo.