Si chiama “Una strana commedia” ed è l’ultimo lavoro di Mario Cottarelli. Una produzione giunta a quattro anni di distanza da “Prodigiosa macchina” per regalarci un universo sonoro più accattivante ed orecchiabile. Il disco apre bene con il pezzo di circa 10 minuti che è anche il titolo del nuovo lavoro. Un intro sorprendente, in grado di trascinarti nel vortice tipico delle sonorità progressive. Poi, nei minuti successivi, si sente netta l’influenza dei mitici Jethro Tull. Una chicca per appassionati. Segue “L’occhio del ciclone”, mix esplosivo di alti e bassi ben orchestrati, tra i quali, spuntano tastiere taglienti tipiche del genere. Il terzo pezzo, “Corto circuito”, nei testi, richiama le tematiche ascoltate in “Pensiero dominante”, ma questa volta, il ritmo è molto più incalzante, notevoli anche gli intermezzi di chitarra distorta. Più vicina alle tendenze pop o comunque meno infarcita di sonorità progressive, la quarta traccia, “Bianca scia”. Chiude il lavoro, un pezzo più fresco e giocoso “L’orgoglio di Arlecchino”, un brano di 12 minuti strumentali che regalano anche qualche sorriso. Un gesto spontaneo nato dalle strane alchimie della musica di Cottarelli che appunto, descrive con le note – ditemi voi se questa non è una dote – una delle maschere più amate del carnevale. Sullo sfondo resta un lavoro degno e complesso, decisamente dedicato anche agli appassionati del genere, che fa onore alle grandi capacità di composizione di Cottarelli. Non solo, mentre ascoltavo, mi è venuto più volte in mente che questo disco, come altri dell’artista cremonese, potrebbe diventare ancora più incisivo, se i brani venissero liberati dei limiti del sintetizzatore e venissero eseguiti da musicisti singoli. Suonatori dotati di strumenti veri e soprattutto, di carattere musicale, per lo meno, come quello di Cottarelli. Insieme, per imboccare una versione “live”, di questo e degli altri lavori. Un invito senza pretese, ma che spero venga accolto.