Una volta un componente dei Duran Duran disse che loro non erano una boy band perché si erano formati fra i banchi di scuola a differenza della maggior parte dei gruppi di oggi provenienti dai talent show televisivi. Come quella della band inglese sembra essere l’origine degli Aut in Vertigo, band italiana nata nel 2004 che nonostante qualche variazione di line up è riuscita a trovare una giusta dimensione e a dare vita al disco In Bilico.
Le radici sono quelle del Classic Rock anni 70, il quale costituisce un punto di riferimento imprescindibile senza inibire il bisogno di sperimentazione caratterizzante dei vari percorsi compositivi. Il tutto attraverso un concept che trae spunto dalle riflessioni e dalle autoanalisi (“Passi”), dall’osservazione del mondo che ci circonda (“Volto Fragile” e la title track “In Bilico”), delle nuove città in cui tanti stronzi si accusano l’un l’altro di quello che non va (“Pelle e Peccato”) differenziandosi così nella pelle dai cosiddetti nonluoghi tanto cari a Marc Augè in cui differenti categorie di persone si mischiano e interagiscono nella vita di tutti i giorni.
La soluzione?
La potete trovare nella canzone “Rivoluzione”, in cui il cervello elabora nuove idee fuggendo dalla realtà proponendo ideali scontati attraverso gadgets del comandante Che Guevara.
Non manca anche il tema più classico, l’amore, in “Chiara”, nome che sintetizza bellezza e verità spesso uniformando le due cose, decantando l’inverno nel non averti a fianco.
Undici tracce che sembrano avere il proprio punto di forza nelle liriche, sempre molto profonde (“Fratello Gert” e “Olè Olè”) e mai banali in cui la band propone un Rock semplice ed essenziale dove si evitano (probabilmente volutamente) inutili virtuosismi che offuscherebbero il potenziale che viene fuori dalla sinergia dei singoli elementi.
Come dire: “L’unione fa la forza”. Magari se non ci fosse stata qualche similitudine troppo accentuata nell’inizio di “Deep Sigh” e “Breathe” dei Pink Floyd ci sarebbe stato anche un punticino in più nella valutazione. Meno male che gli Aut in Vertigo lasciano il meglio alla fine con “Radio Aut”, aggressiva e sempre veloce come un treno perché cominciare bene (con “Passi”) è sì importante, concludere al top è invece una scelta alquanto insolita. Quindi se volete trovare un ulteriore piccolo difetto, è solo nella tracklist.
Per il resto nulla da eccepire!