La musica d’autore italiana in qualche modo è viva, sono qui a renderlo noto con una felicità che mi stringe il cuore e con una notevole quantità di gioia interiore. L’album d’esordio di Cosmo ne è la prova, l’album d’esordio di Cosmo si chiama Disordine. Dietro l’artistico nome di Cosmo si “nasconde” il cuore pulsante dei Drink to Me Marco Jacopo Bianchi, un musicista con una vena artistica talmente in fermento da non riuscire a trovare mai pace e con una voglia di sperimentare ai limiti delle possibilità umane. Bene, ma siamo qui per parlare del disco e che disco. Come dicevo prima la musica italiana impatta contro qualcosa a cui non era certamente abituata, Disordine è cantautorato italiano in forma evoluta, una roba talmente ben confezionata da rimanerci spiazzati con grande interesse sin dalle primissime battute. Si canta e parecchio bene in questo lavoro, i testi sono curati (e molto belli) e la musica si mette sopra le spalle quintalate di elettronica propositiva, immaginate un Lucio Battisti catapultato negli anni dieci sopra una DeLorean con tutte le diavolerie tecnologiche di questo periodo storico e l’intenzione di incidere Anima Latina, il risultato sarà un disco terribilmente Elettro Pop come il sotto esame Disordine. Paragone forte ma sincero.
Cosmo butta dentro Disordine un’impressionante quantità di emozioni interstellari, le parole si fondono dentro le melodie sintetiche ma non troppo fredde, un equilibrio perfetto tra classico e sperimentazione.
Disordine si apre con “Dedica” e subito gli occhi diventano incessantemente sbarrati, molto intensa, il brano ci prepara alla più schizofrenica “Ho Visto un Dio” dalla quale è difficile scollegarsi. Non mi riprendo affatto quando subisco tre coltellate letali della lunghezza penetrante di “Le Cose Più Rare”, “Wittgenstein” e “Numeri e Parole”. Si torna prepotentemente al pop più popular esistente quando si ascolta “Ecco la Felicità”, un’orecchiabilità talmente schietta e sincera da prolungare l’ascolto per svariate volte prima di passare alle più intime tracce che vengono a seguire di cui non sto qui a farvi la noiosissima recensione step by step. Disordine rimane un disco da godersi nel complesso senza scendere nella banalità delle singole situazioni, ovviamente non tutto regge lo stesso livello (sarebbe la perfezione che non esiste) ma il prodotto aderisce precisamente al concetto del “disco” che tutti vorrebbero ascoltare. Un esordio che non poteva essere più colorato per Cosmo, l’elettro cantautore più impressionabile di questo già prepotentemente smezzato duemilatredici, mi verrebbe da urlare “Cazzo che disco” ma per educazione non è possibile.