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Deison & Mingle – Everything Collapse[d]

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I, I’ve been lonely
And I, I’ve been blind
And I,. I’ve learned nothing
(M. Gira)

Sono due o forse tre o più settimane che non riesco a sfilare dallo stereo questo disco del duo Cristiano Deison (electroning e processing), Andrea Gastaldello (piano, electronics) e non è precisamente perché di una qualità oltre la norma. Il dubbio è che faccio una fatica pazzesca a capire quanto mi piaccia davvero Everything Collapse[d] e quanto, invece, non lo faccia correre via nelle mie giornate con apatia, quasi senza forze, consapevole che potrà accompagnarmi fino alle ore del sonno senza tediare troppo la mia vita.  La prima notizia positiva, però, è che, a dispetto di uno stile non proprio tradizionale tra i nostri confini, Deison & Mingle è prodotto tutto italiano e lo avrete capito dai nomi di battesimo delle due anime che stanno dietro al progetto nato nel nord-est solo nella scorsa estate. Da un lato un navigato del settore sperimentale, Ambient ed Electronic Minimal, Deison, che già si è ritrovato negli anni a collaborare con mostri quali Lasse Marhaug, KK Null, Teho Teardo, Thurston Moore, Scanner. Dall’altro Mingle, alias Andrea Gastaldello, eccelso compositore minimale già al lavoro su svariati documentari. Non passa molto dalla collisione tra queste due inclinazioni e la nascita di Everything Collapse[d], album che trova la sua energia, il suo asse portante, la sua ragion d’essere nell’analisi psicotica dell’inquietudine e della disperazione umana, senza per questo non palesare momenti di speranza (“Optokinetic Reflex (Glassy Eyes)”) difficile da comprendere quanto illusoria e quanto reale.

Otto tracce che si plasmano e collassano, si amalgamano e si mettono in mostra attraverso droni disturbanti, field recordings, processed loops, ritmiche amorfe, armonie eclissate, soffuse e dilanianti, tutto appesantito da note di piano tormentose. Quarta opera di una collana che vede collaborare l’etichetta Aagoo Records con i Rev Laboratoires e che, in precedenza ha visto l’uscita delle sperimentazioni di Marcus Fjellstrom, Murcof & Philippe Petit e Connec_icut, già trattate sulle nostre pagine dal qui presente. L’opera è inquietante ma non troppo greve, multiforme ma con momenti di sana distensione e a lungo, come accennato all’inizio, mi sono dibattuto inseguendo una chiave di lettura più pertinente, che andasse oltre i concetti palesi e i suggerimenti di un titolo, Everything Collapse[d], tanto esplicito e categorico. Sul finire dell’album, troviamo “Static Inertia”, che, in un’ottica di speranza nella disgrazia si ricollega all’opening track, ma quest’ultimo pezzo non si chiude etereo ed estatico al minuto cinque e venti secondi. Fino a questo momento non c’è stato spazio per la voce, tutto era elettronica fredda. A stringere realmente il cerchio c’è una ghost track cantata da Daniele Santagiuliana (ottima la sua interpretazione). Si tratta di “Failure”, brano degli immensi Swans. Scelta scaltra, vista la nuova rinascita della band capitanata dal gigante Michael Gira ma anche perfetta per incasinare idee e sensazioni, alla fine dell’ascolto. “Some people live in hell, many bastards succeed. But I. I’ve learned nothing. I can’t even elegantly bleed out the poison blood of failure”.

E intanto continua a girare il disco nel lettore e non ho alcuna voglia di toglierlo e forse inizio a comprendere che Deison & Mingle hanno colto perfettamente nel segno, pungolando la parte più oscura e disturbata della mia anima. Mi hanno fregato, con furbizia e malizia ma ora non ho le forze per reagire, ho solo voglia di farmi fottere ancora.

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Marcus Fjellström – Epilogue M Ep

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Nato nel 1979 a Luleå, nella provincia di Norrbottens län in Svezia, il giovane artista e compositore ha presto intrapreso la difficile strada di una musica ineffabile e con notevoli difficoltà a far breccia nelle anime delle diverse tipologie di pubblico. Dall’esordio full lenght del 2005 di Exercises In Estrangement, album Electroacoustic il cui l’ultimo pezzo ha titolo italiano (“Campane Morti e Acqua Crescente”), passando per l’evoluzione Experimental e Dark Ambient di Gebrauchsmusik, fino alle conferme stilistiche e Modern Classical di Schattenspieler e gli eccessi di Library Music 1 (i cui diciotto brani non hanno un vero titolo e vanno da “LM-101” a “LM-118”) le sue realizzazioni sonore hanno affascinato sia per la commistione della parte orchestrale con quell’elettronica sia per la presenza di preziosismi visivi. Nonostante la sua musica si presenti come elaborata, complessa e strutturata, Marcus Fjellström, ora trasferitosi in Germania, non ha mai trovato il favore del pubblico italiano (più confacenti le scene nordeuropee e certamente l’ascolto vi aiuterà a capire perché) ma ora vuole provarci, sulla scia delle grandi sperimentazioni teutoniche che stanno interessando anche il pubblico nostrano (vedi Teho Teardo & Blixa Bargeld), pur non adattandosi al caldo clima mediterraneo ma sempre attraverso note fredde, taglienti, inquietanti e oscure.

La giovane età e lo scarso interesse della platea italiana non facciano però pensare a un artista inesperto e dal magro curriculum. Diverse sono le sue collaborazioni (Swedish Royal Ballet, Scottish Chamber Orchestra) intavolate dopo aver studiato composizione e orchestrazione presso la Scuola di Musica di Piteå e aver conseguito il diploma e svariate sono le opere audiovisive da lui realizzate. I sei pezzi di Epilogue M, comprovano tutta la saggezza di Marcus Fjellström e portano a compimento un processo di decostruzione e ricostruzione sonora tesa a unire gli opposti, elevando gli elementi più superficiali e popolari della musica elettronica e abbassando a un grado più accettabile dalle masse, quelli nobili e raffinati propri della musica classica. Una sorta di fusione, sempre in chiave Avantgarde e sperimentale, sulla scia dei maestri come György Ligeti e John Cage, tra classicismi moderni di Bernard Herrmann, Angelo Badalamenti e Zdeněk Liška e l’elettronica e l’IDM di Aphex Twin e Autechre.

Non è certo il capolavoro di una vita, né sarà il disco che farà da colonna sonora ai vostri giorni più felici; non è un traguardo originale visto che tanti hanno provato la stessa strada, da William Basinski a Jóhann Jóhannsson passando per tantissimi altri anche in ambito Soundtrack ma Epilogue M è comunque un’intelligente conferma per un artista ancora da scoprire. Chi di voi non ama ascoltare la musica classica nel vero senso del termine, quella di Bach, Mozart o Beethoven ma ha interesse a scoprirne il lato oscuro e sperimentale troverà in Marcus Fjellström un ottimo spunto.

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