Maria Petracca Tag Archive

Daughter – If You Leave

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È pieno inverno nel disco d’esordio dei Daughter, uno di quegli inverni che arrivano all’improvviso a spaccare mani e labbra dal freddo, e che sembrano non volersene più andare. “Winter comes, winter crush all of the things that I once loved” canta Elena Tonra in “Winter”, prima traccia di If You Leave, ma non è il canto disperato di chi vede scomparire il suo mondo sotto una spessa coltre di neve. La voce rimane pura, dolcezza e delicatezza conferiscono un tono più soft ai momenti tormentati della vita ampiamente trattati nei testi nell’album, non per sminuirli, ma per renderli semplicemente più leggeri; neve in gennaio che cade lenta e si appoggia, non raffiche di vento che spazzano via tutto.

È un inverno di un bianco minimalista quello dei Daughter, la chitarra di Igor Haefeli non si perde mai in inutili virtuosismi. Il silenzio leggero delle cose si palesa sotto la forma di un suono essenziale e pulito che crea un’atmosfera intima e raccolta con momenti di slancio, certo, (vedi il crescendo con cui si sviluppa “Smother”, vedi le distorsioni nella seconda parte di “Lifeforms”) senza però mai raggiungere momenti di esasperazione. Stesso discorso vale per la batteria di Remi Aguilella, mai protagonista assoluta; con la sua precisione ritmica preferisce spesso mettersi da parte (come nella prima parte di “Youth” ed in molti altri brani) piuttosto che rovinare l’armonia del tutto con un suono invadente.

È come un’ eco continua il disco dei Daughter , una presenza costante a volte più accentuata, a volte poi meno potente, sempre presente ma mai impattante. Un sottofondo, un sussurro, un respiro, ottenuti con effetti di riverbero ed estensioni del suono che conferiscono all’intero album un’atmosfera intima, profonda, ereditata probabilmente dai Bon Iver ma accentuata, rispetto a questi ultimi, dalla presenza della voce femminile di Elena Tonra, molto vicina a quella di Cat Power, intensa ma allo stesso tempo quasi al di sopra dei turbamenti che canta.

È un disco pieno di puntini di sospensione quello dei Daughter, per l’attimo di stupore che lascia al primo ascolto e per il futuro del trio, che se seguirà le orme del loro album d’esordio sarà sicuramente da tener d’occhio.

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Rivoluzioni musicali in mostra alle OGR di Torino

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Quando si parla di musica, ognuno ha senza dubbio i propri riferimenti, i propri miti, le stelle polari che lo guideranno lungo il corso della propria esistenza ,in lungo e in largo, a destra e manca, forever and ever, “finché morte non vi separi”. Alcuni di questi miti, però, non fanno solo parte del nostro universo musicale, ma sono delle vere e proprie pietre miliari della storia della musica, simbolo di un’ epoca, esempio per le generazioni future ed esponenti di rivoluzioni che hanno deviato il corso della storia stesso.  Ed è proprio a questi Dei dell’Olimpo musicale che fa riferimento Alberto Campo, curatore della mostra fotografica Transformers – Ritratti di Musicisti Rivoluzionari, allestita presso i Cantieri OGR di Torino e visitabile dal 28 settembre al 3 novembre 2013. Il filo conduttore che la caratterizza è quello della “Trasformazione”, tema tanto caro alle ex Officine Grandi Riparazioni Ferroviarie (una delle ultime testimonianze della storia industriale della città), oggetto di un recente restauro che le ha restituite alla popolazione torinese sottoforma di “Cantieri Culturali”, sede di eventi musicali, teatrali, mostre, fiere ecc.

Ed eccoli allora sfilare uno per uno i Grandi della musica, in una serie di scatti che li ritrae durante la loro vita di artisti (con una predilezione per quelli realizzati durante gli eventi live) e di comuni mortali; un richiamo all’idea della “Trasformazione” come trapasso dalla dimensione pubblica a quella privata. Le fotografie sono attinte dal vasto bacino messo a disposizione da Getty Images, ed abbracciano sessant’anni di musica (dall’avvento del Pop negli anni ’50 all’era del web e delle tecnologie digitali odierne); il sottofondo musicale è una lunga colonna sonora composta da canzoni-simbolo degli artisti considerati. Campo fa cominciare tutto con Elvis (e come dargli torto!), opportunamente inserito nella sezione “Origini della Specie” e fotografato durante una delle sue celebri mosse di bacino. La seconda tappa porta il titolo de “l’Invasione Britannica” ed i protagonisti non potevano che essere Beatles e Rolling Stones, considerati perennemente in antitesi. Gli anni ‘60 si tingono anche di Folk e dei ritratti di un giovanissimo Bob Dylan, che con la sua “Blowin’ in the Wind”, cantata come inno di chiusura dei comizi di Martin Luther King, diviene il rappresentante della “Canzoni di protesta”, mentre Miles Davis e James Brown lo sono del Jazz e del Soul-Funky nella sezione “Black Power”. Si conclude un decennio e ne comincia uno nuovo, segnato dall’ “Utopia Hippie” che vede i suoi massimi esponenti nei Doors e in Jimi Hendrix (immortalato mentre dà fuoco alla chitarra elettrica durante il festival di Monterey), mentre il Transformer per eccellenza, David Bowie (nelle vesti di Ziggy Stardust) trova posto nella sezione “Rock a Teatro” insieme alla primissima formazione dei  Velvet Underground (fotografati con l’immancabile Andy Warhol ), quella di cui faceva parte anche la splendida Femme Fatale Nico, immortalata in un primo piano stupendo, mentre indossa una maglietta riportante la scritta Fragile. Nella sezione “gli Outsider” si piazzano Tom Waits e Frank Zappa, mentre l’unico artista italiano preso in considerazione, Ennio Morricone, non poteva che collocarsi nella sezione “la Musica Come in un Film”. Passano gli anni, cambia il modo di far musica, che diventa “definitivamente prodotto dal vivo su larga scala”: Led Zeppelin e Pink Floyd sono esempio dell’ avvento dei grandi concerti che riempiono gli stadi. Dall’altro capo del mondo, sempre in quegli anni, “One Love”, Bob Marley si faceva portavoce di un nuovo genere musicale: il  Reggae. Altra rivoluzione musicale degna di nota in quegli anni è il Punk, rappresentato nella sua forma più grezza dai Sex Pistols (lo scatto che ritrae Johnny Rotten nel tentativo di armeggiare un paio di forbici enorme parla da sé) e nella sua forma più colta da Patti Smith, la sacerdotessa del Rock che sembra non aver alterato con gli anni l’espressione che ha in volto mentre canta. Gli anni ‘80 sono quelli dell’ Hip Hop dei Beastie Boys, del re e della regina del Pop: Michael Jackson e Madonna. Gli anni ’90 segnano una frattura col decennio precedente grazie all’avvento del Grunge e dei Nirvana: il primo piano di Kurt Kobain troneggia in sala (forse è una delle immagini più belle della mostra), mentre ha in mano la chitarra che riporta la scritta “Vandalism: beautiful as a rock in a cop’s face”. La mostra arriva fino ai giorni nostri, e si conclude con l’ “Evoluzione della Rockstar” verso una musica sperimentale e ricercata, i cui esponenti sono rappresentati da Björk e Radiohead (riconoscere una foto scattata durante il loro ultimo tour del 2012 ti fa sentire fiero di esserci stato) per chiudersi definitivamente con l’avvento della musica elettronica dei Kraftwerk e dei Daft Punk nella sezione “Technologia”.

I grandi assenti? Tanti, ognuno sicuramente troverà qualche suo “mito” mancante all’appello. In ogni caso, non è un buon motivo per privarsi di questa mostra, che non è una semplice esposizione fotografica, ma un viaggio visivo e sonoro indietro nel tempo, verso tappe della storia e rivoluzioni musicali compiute dai musicisti che tanto amiamo. Allacciate le cinture, si parte.

Fonti: http://www.ogr-crt.it/events/transformers-ritratti-musicisti-rivoluzionari/

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The Mad Scramble – Still Another Nightcap

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Dieci, come i bicchieri disposti in fila su di un bancone da bar immaginario in copertina, riempiti ognuno con una sostanza alcolica diversa. Dieci, come i musicisti che molto probabilmente andranno a sedersi a quel bancone immaginario per sorseggiare lentamente il contenuto di quei bicchieri. Dieci, quindi, come i componenti della band The Mad Scramble (Mr. Steve Tms, Mr. Roby ZZ, Mr. Tex, Mr. Fabulouse, Mr. Alex, El Guanaco, Mr. Joe, Mr. Fred, Mr. Flyin’e Mr. Winnie Dee): voci, chitarre, percussioni, basso e fiati, tutti protagonisti all’interno dell’album. Dieci (nove più una per la precisione) come le tracce contenute nel loro ultimo album Still Another Nightcap, il contenitore nel quale convogliano diversi generi musicali, dall’R&B al Funky, passando per il Soul e toccando perfino sonorità latine e Ska.

L’incipit del disco, “If I”, è come una goccia d’acqua che cade in altra acqua: un’ introduzione breve di bassi che si estende a dismisura dando spazio prima ai fiati, e poi alla voce calda e coinvolgente di Mr. Steve Tms. Con “The Road” il ritmo diventa più deciso, segnato da una sessione ritmica decisamente più energica e da fiati che trovano maggior respiro, mentre la voce si colora di un tono più Dark. “Every New Love” ti porta nuovamente in basso verso gli abissi dell’anima, in un’ intimità Soul fatta di voce e tastiere che si incamminano per incontrare nuovamente sessione ritmica, chitarre e fiati in un crescendo che scema nel finale. “My Dear” alterna un ritmo lento ad accelerazioni improvvise che a tratti sembrano arrivare a sonorità Ska. In “Love Is the Best Way to Cheat” le vere protagoniste sono le percussioni, decise è presenti in tutta l’estensione del brano. “Listen” abbassa nuovamente i toni col suo iniziale di piano e voce, per poi cambiare totalmente direzione, spingendosi a toccare sonorità latine. “It’s Not All About You” ha tutte le intenzioni di essere una Blue Song, ma come spesso accade cambia il suo corso, pur concedendo al piano momenti da protagonista. In “You and I” le percussioni ritornano in primo piano ma solo fino a quando non entrano in campo fiati e chitarra. “Beauty Is Inside” è la Ballad che chiude il disco, un elogio alla voce potente e profonda di  Mr. Steve Tms, prima di salutare definitivamente con una versione radiofonica di  “You and I”.

Un disco movimentato, ricco di variazioni e contaminazioni, che evidentemente non sono bastate se dopo questa sbronza sonora i musicisti al bancone, come titolo dell’album, chiedono ancora un altro cicchetto di note prima di andare a dormire (Still Another Nightcap). E noi fa piacere berlo insieme a loro.

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Umberto Maria Giardini – Ognuno di Noi è un po’ Anticristo

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Sono naufragata milioni di volte nel mare delle mie inquietudini, e Dio solo sa quante altre tempeste emotive dovrò superare. Ma c’è un modo per far tornare la quiete, là dove per troppo tempo tuoni e fulmini hanno avuto la meglio, e questo modo è spalancare i cancelli dell’anima e dare libero ingresso alla musica. Paradossalmente, però, non tutta riesce a passarci attraverso. Può farlo solo quella fluida come l’acqua, che scivola all’interno di percorsi della mente sconosciuti, capace di scovare i sentimenti più nascosti. Parlo, ad esempio, della musica contenuta in Ognuno di Noi è un po’ Anticristo, il nuovo EP di Umberto Maria Giardini, uscito il 20 settembre 2013.

Non è un disco dall’ingresso trionfale, odia i clamori. È un amico che conosci da sempre e sa come fare a raggiungerti. Parte sicuro, ma a passi lievi, e ti viene incontro con una sezione ritmica leggera accompagnata da una voce melliflua. Subito dopo, il suo incedere lento affretta il passo e si trasforma in corsa per entrare dritto dove vuole entrare (“Fortuna Ora”). E ce la fa. Bene, amico di cui sopra, ormai hai sfondato tutte le recinzioni, cos’altro dire? Prego, accomodati. E lui si accomoda e ti parla; con fare psichedelico e ossessivo (“Oh Gioventù”), e senza proferire parola, ti fa capire che sa tutto di te, delle tue inquietudini, delle dei tuoi scazzi, delle tue incertezze, delle tue solitudini. All’improvviso ti senti nudo, spiazzato, e pensi che da un momento all’altro se ne andrà via, schifato per tutto ciò che ha visto. Ma lui non lo fa. La musica non tradisce. Comincia invece a sussurrarti all’orecchio parole come il tempo è come noi, prende tempo e non perdona (“Regina Della Notte”).

Ed allora capisci nell’inganno in cui sei caduto, è tempo perso il loop in cui sei capitato. Pochi secondi con il fiato sospeso, e poi l’esplosione in un finale deciso, un misto di gioia per esserti ritrovato, e tristezza per esserci cascato ancora. Il resto è solo una parola: “Omega”. E’ ora di farla finita. La melodiosa bellezza della voce ed un sottofondo psichedelico carico d’inquietudine convogliano in un unico, solo finale Progressive. Non è da tutti fare certi viaggi all’interno di sé stessi; ci vuole coraggio, ma conto di averne a vagoni stracolmi al binario della tua città (“Tutto è Anticristo”). Non c’è da vergognarsi per quello che ne viene fuori quando ci si guarda dentro. C’è del bello e del brutto in ognuno di noi. In fondo, Ognuno di Noi è un po’ Anticristo.

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ESMA – Rivoluzione al Sole Vol.1 Impossibile è Solo Una Parola

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Dicono che le grandi rivoluzioni comincino sempre dal basso. Bisogna toccare a piedi uniti e fermi il fondo per potersi dare uno slancio verso la superficie, verso la luce, verso il Sole. Dicono anche che non vi è altra via per l’alba se non attraverso la notte. Forse questo concetto era ben chiaro nella mente di Enrico Esma quando si è trattato di impugnare penna e chitarra per la realizzazione di Rivoluzione al Sole Vol.1 – Impossibile è Solo Una Parola, prima tappa di un lavoro di più ampio respiro, organizzato in forma di concept album, che prevede, a breve, l’uscita del Vol.2.

La rivoluzione di Esma comincia a notte inoltrata, quando l’orizzonte è solo una linea immaginaria, ma non tutti sanno che quello è solo l’inizio. Scorrono le lancette dell’orologio, ed in lontananza si palesano luci fioche che aumentano man mano d’intensità, fino a trasformarsi in raggi solari. È questa la metafora che accompagna l’intero album, che si evolve in un crescendo dal buio alla luce: le sonorità ruvide del Grunge più primordiale, le distorsioni del Rock più duro, crepuscolare a tratti, vanno scemando man mano i toni fino ad arrivare a sonorità Alternative Rock decisamente più melodiose. Avrei dovuto intuirlo dalla copertina del disco che la parola Sole del titolo non avrebbe fatto alcuna allusione a sonorità caraibiche: di sole si tratta, certo, in primo piano, ma stampato su sfondo grigio, il colore che forse tinge troppo spesso il cielo di Orbassano, perché è in provincia di Torino che quest’album ha visto la luce. Se il filo conduttore che accompagna lo sviluppo del disco è abbastanza evidente nella parte strumentale, lo è meno nei testi, ancora troppo acerbi ed alla ricerca di allucinazioni oniriche in stile Verdena che talvolta risultano forzate, soprattutto nella prima parte.

“Faraon” è la prima traccia del disco. È questo il fondo dal quale comincia la risalita, la notte che si deve superare. Il suono è rude, graffiante, essenziale; un’operazione a cuore aperto senza “Anestesia” (secondo brano). “Dente di Drago” e “Resto Abile” smorzano un po’ i toni duri ed introducono i primi bagliori di luce all’orizzonte, ma i primi veri raggi luminosi si vedranno solo con “Pianoforte in Fiamme Sulla Spiaggia” ed “Universo”, dove le chitarre distorte lasciano il posto a quelle acustiche. Ed infine il Sole, lontano ed infuocato, avvolto in una luce tutta sua, “Come Una Stella”: ecco che spunta  l’alba, ecco la fine del disco. Un finale che non è un vero finale, ma apre lo scenario verso un nuovo inizio. Non ci resta che attendere l’uscita del Vol.2 per sapere come andrà a finire.

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Artefacendo Rock Festival: la musica dal vivo, la musica che vive! (con intervista ad Erica Mou)

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Sabato 22 Giugno 2013 @ San Giovanni Rotondo

Da queste parti, si sa, il Rock’n’Roll è roba per pochi; per questo  nessuno si è preoccupato più di tanto se la piazza non era gremita di gente. All’Artefacendo Rock Festival, chi ci doveva essere, c’era. Il contest, rivolto ai musicisti emergenti, organizzato e ideato dai Laboratori Urbani Artefacendo di San Giovanni Rotondo, è arrivato alla sua III edizione e ancora una volta ha dato la possibilità ai partecipanti di  poter vincere una borsa di studio a seguito di un’esibizione live.

A esibirsi sul palco, con un pezzo inedito ed una cover, sette band del territorio garganico e non. Ad accendere la musica ci hanno pensato  gli  Stereofab di Manfredonia, seguiti a ruota dai Red Dust di San Giovanni Rotondo, i Paper Walls di Mafredonia, i Blastorm di Manfredonia, i Johnny Freak di Cassino, i Figli di Bacco di San Giovanni Rotondo ed infine gli Psilocibe di Troia. Dopo le varie esibizioni è stato bello poter constatare che la maggior parte dei gruppi era ad un livello abbastanza buono per tecnica, capacità compositive, presenza scenica e comunicazione al pubblico, tanto che per l’assegnazione del premio è stato necessario valutare un’ulteriore esibizione dei due gruppi più votati dalla giuria.

Ed è così che Psilocibe e Red Dust sono scesi nuovamente in campo per contendersi la vittoria assegnata, infine, ai Red Dust.  Giovanissimi,  hanno sicuramente ancora molto da imparare, ma di certo non necessitano di lezioni di grinta e coraggio; il loro pezzo inedito e la loro cover di  “Time” dei Pink Floyd sono arrivati dritti sul pubblico come una valanga, sommergendolo di emozioni. Il premio della critica Rockambula è stato assegnato invece ai Jhonny Freak che, nonostante qualche problema tecnico con le chitarre, sono riusciti ad incantare il pubblico sia con il loro pezzo inedito (rigorosamente in italiano), sia con la stupenda interpretazione de “La Donna Cannone” di De Gregori.

Guest Star della serata: Erica Mou, che ha presentato il suo ultimo disco Contro le Onde, uscito lo scorso 28 maggio, eseguendo i brani “Mettiti la Maschera” e “Mentre mi Baci (Scena Madre)”, insieme a “Nella vasca da Bagno Del Tempo” (brano che l’ha portata a vincere il Premio della Critica Mia Martini a Sanremo 2012 nella categoria Sanremosocial) e “Oltre”, pezzo scritto alla sola età di 16 anni, suonato in occasione di diversi contest a cui la cantautrice ha partecipato, e con il quale ha augurato il suo personalissimo in bocca al lupo a tutti i musicisti presenti. Alle volte si dimentica che anche un artista ormai conosciuto al pubblico e con una carriera ben avviata ha dovuto fare anni ed anni di gavetta e cominciare da zero, proprio come tutti i grandi hanno fatto.

Chitarre in spalla, furgoni stracolmi di strumenti, chilometri su chilometri da percorrere, il tutto per giocarsi un’altra possibilità, per creare una nuova connessione col pubblico, per trasmettere a tanti l’emozione di uno, per generare un suono, per tirar fuori la voce, per improvvisare un assolo, per catturare anche per un attimo l’attenzione e generare all’interno di chi ascolta un piccolo grande wow! E’ così che forse succede quando la musica centra il bersaglio, e nessun ascolto “digitale” potrà mai generare questo tipo di emozioni ed improvvisazioni che può provocare solo un evento live. Per  un musicista emergente tale tipo di esibizioni è indispensabile, come lo è per il pubblico che ascolta, che ha la possibilità di apprezzare a 360° le doti di un artista dimenticando per una volta quel maledetto filtro con la realtà che è lo schermo, di un  pc, di un televisore o di qualsiasi altra diavoleria elettronica.

Iniziative come quella dell’Artefacendo Rock Festival, ed in genere di tutti i contest musicali di musica dal vivo, dovrebbero essere preservate e moltiplicate. Ognuno di noi dovrebbe dire grazie a chi, tra mille e più difficoltà, si impegna a diffondere e preservare quel bene raro che è la musica live, emergente e non, il più delle volte senza un preciso ritorno economico ma semplicemente in nome della propria passione per la musica, in nome del Rock’n’Roll.

Artefacendo Rock Festival, quattro chiacchiere con Erica Mou, sogni e progetti sparsi qua e là, sorrisi ovunque, qualche domanda sul suo presente e sul suo passato, una serie di belle risposte.  

Grazie, Mou!

Ciao Erica, in questo periodo sei impegnata con la promozione del tuo ultimo album “Contro le Onde” uscito lo scorso 28 maggio. Cosa sono per te le onde contro le quali bisogna andare? Cosa rappresentano?
Le onde sono prima di tutto quelle fisiche, quelle del mare. In tutto il disco parlo tantissimo dell’acqua e del mare visto sia come compagno di viaggio che come ostacolo da superare, come elemento rassicurante ma anche come pericolo.
Però le onde contro cui sono voluta andare in questo album sono anche più in generale le avversità della vita, tutto ciò che ti impedisce di viaggiare ma soprattutto tutti gli ostacoli che ci costruiamo da soli, che sono nella nostra testa.
Contro le onde è per me un inno a liberarsi, a rischiare.

Quali sono le maggiori novità di questo disco? (Ho letto di una collaborazione con Boosta dei Subsonica).
Sicuramente la produzione artistica di Boosta è una grande novità! Con Davide abbiamo davvero lavorato a quattro mani su queste canzoni, ne abbiamo anche scritte un paio insieme (“Il ritmo” e “Non dormo mai”) e anche scrivere con un altro artista rappresenta per me una novità. Le sonorità sono un po’ più elettroniche, senza rinunciare però ad un approccio molto suonato, molto “live”. Inoltre è la prima volta che do dichiaratamente un senso comune ad un album, c’è un unico concept che si sviluppa attraverso le canzoni.
E poi grazie a Davide sono riuscita a tirar fuori la parte più ironica di me senza perdere quella intimista, sono riuscita a scrivere e cantare con una libertà che finora non avevo mai avuto in uno studio di registrazione.

Oggi siamo ad un Rock Festival dedicato allamusica emergente, torniamo al tuo di esordio. Ne hai ripercorso le tappe sul palco del Roxy Bar di Red Ronnie il 15 giugno (il racconto, tra l’altro, è stato davvero bello ed emozionante). Hai definito la tua partecipazione al contest che ha “scatenato una serie di cose stupende”, “una serie di fortuite e fortunatissime coincidenze”. Credi davvero sia solo questo? Dicci la verità, quanta energia e quanto impegno ci hai messo per arrivare fin qui?
Io mi impegno da quando avevo cinque anni, dalla mia prima lezione di canto. La musica è un percorso infinito di studi, di ascolti, di incontri, di pensieri. Le coincidenze sono quegli avvenimenti magici che ti portano in un luogo al momento giusto, per me è stato davvero un caso iscrivermi a quel contest. Ma poi ovviamente… la performance sul palco non si fa con la fortuna, ma col portare il pubblico per un attimo a guardare dall’interno il punto in cui ti trovi in quel percorso infinito, tecnicamente ed emotivamente.

Il Rock Festival di oggi è organizzato dai Laboratori Urbani Artefacendo di San Giovanni Rotondo, uno dei 151 laboratori urbani la cui nascita è stata finanziata dalla Regione Puglia all’interno del programma Bollenti Spiriti, il programma della Regione Puglia per le Politiche Giovanili. Quanto hanno influito le politiche della Regione Puglia rivolte alla musica per il tuo esordio e per la tua carriera di musicista?
Per me sono state fondamentali sia a livello promozionale (per esempio un mio brano era inserito in una compilation allegata al mensile XL) che economico (grazie ai bandi di Puglia Sounds abbiamo avuto un sostegno per la Prima del mio precedente tour e per la realizzazione del mio ultimo videoclip “Mettiti la maschera”). Inoltre essere pugliese mi ha agevolato nel suonare all’estero ma, più di ogni altra cosa, grazie alle istituzioni della nostra regione ti senti parte di un sistema, senti di produrre qualcosa di concreto, qualcosa che fa parte nel suo piccolo di una economia. Ed oltre ad essere un musicista diventi anche una persona che fa il musicista.

Quale consiglio daresti oggi ad un artista, ad una band emergente?
Consiglierei di suonare ovunque, sempre, tanto. Di essere in movimento, di divertirsi, di studiare e di ascoltare. Alla fine dell’Artefacendo Rock Festival una giovanissima band mi si è avvicinata e mi ha detto: “noi ci siamo formati da pochissimo, come si fa ad avere un contatto con una casa discografica?”. Ecco, consiglierei soprattutto di ragionare sui propri obiettivi, di essere autocritici e non farsi mai domande come questa.

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Pills linggo ng dalawamput-apat (consigli per gli ascolti)

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“Le Pills sono l’armonia dell’anima”

Silvio Don Pizzica
The Black Dog – Tranklements    (Uk 2013)   Ambient Techno, Idm     3/5
Album magico, per quanto possa esserlo un moderno album Techno, in cui la storica formazione The Black Dog riversa tutta l’anima e tutta la propria ispirazione. Un lavoro che ogni appassionato del genere dovrebbe ascoltare ma che soffre il passare degli anni dei cuoi creatori, diventati The Black Dog nel lontano 1989.
The Black Heart Procession – 2   (Usa 1999)   Folk Rock, Slowcore    4,5/5
La coda dello Slowcore è diventato l’album che ha dato nuova vita al genere. Non solo fondamentale per la sua rinascita ma anche eccezionalmente suggestivo nella sua malinconia.

Max Sannella
Spaceman 3– Recurring   (Usa 1991)  Garage Rock  4/5
Vero manifesto della Garage-Psichedelic Wave inglese sempre sui binari di una stordita autodistruzione
The Seeds – Future   (Usa 1967)   Psichedelia  4/5
Scapigliatura a go go e bizzarrie elettriche, la California alcaloide in riscatto perenne
Shellac– Terraform    (Usa  1998)   Hardcore  5/5
La celebrazione urlata dell’odio, la comunione atea di uno Steve Albini con la furia high voltage.

Maria Petracca
Erica Mou – Contro le Onde   (Ita 2013)   Alternative Rock   4.5/5
L’intensità emotiva targata “Mou” che conosciamo benissimo, proiettata verso nuove sperimentazioni musicali ed una sonorità più elettro-rock. Imperdibile.

Lorenzo Cetrangolo
Sleep – Dopesmoker    (Usa 2003)   Doom Metal, Stoner    4,5/5
Poco da dire su questo disco dalla genesi complicata. Un’unica canzone lunga un’ora, un unico salto nel buio. Se siete fan della scena stoner/doom DOVETE ascoltarlo.
Damien Rice – Live From The Union Chapel    (Irl 2007)   Folk    4/5
Registrato nel 2003, non è mai stato messo ufficialmente in commercio, ma solo distribuito a scopo promozionale. Ascoltate i sussurri di “Delicate”, “The Blower’s Daughter” o “Vulcano” rigorosamente ad occhi chiusi.
Charlotte Gainsbourg – IRM   (Fra 2009)   Electro-Pop    3,5/5
Scritto quasi interamente da Beck, il terzo album in studio della figlia del grande Serge gioca abbastanza follemente con ritmi e melodie ipnotici e suggestivi. Un album particolare.

Ulderico Liberatore
Serge Gainsbourg – Histoire de Melody Nelson   (Fra 1971)   Cantautore   4,5/5
Dopo aver tamponato Melody Nelson con la sua Rolls Royce scoppia la passione fra i due che termina con la cruenta morte di lei in un incidente aereo. Gainsbourg riversa tutto il suo dolore nell’album e ne viene fuori un capolavoro che segnerà la storia della musica leggera.

Diana Marinelli
James Taylor – Walking Man   (Usa 1974)   Folk Rock   5/5
Un uomo che cammina con la sua chitarra e la sua musica rock, salutando i vecchi amici e migrando verso la terra promessa. La promessa di uno stile e una voce inconfondibile.
Marco Ligabue – Mare Dentro   (Ita 2013)   Pop Rock   2/5
La domanda sorge spontanea: non è che tutto questo interesse deriva dal fatto che lui è il fratellino di Ligabue Luciano? Anche a non saperlo si capirebbe comunque dato che lo stile, la voce e la musica sono una fotocopia.

Riccardo Merolli
Radiohead – Ok Computer    (Uk 1997)   Alt Rock   4/5
Rinnegato da tanti finti “intellettuali” musicali, anche dai Radiohead stessi. Un nuovo approccio al pop, una delle migliori band di sempre, un disco come pochi.

Marco Lavagno
Thirty Seconds to Mars – Love Lust Faith + Dreams   (Usa 2013)   Pop, Rock   2/5
Coretti fasulli e iperproduzione, putroppo tutto ciò di cui il rock oggi non ha bisogno. Le viscere sono ormai dei freddi robot.
Pierangelo Bertoli – A Muso Duro   (Ita 1979)   Cantautorato   5/5
Uno dei cantautori più sottovalutati e scomodi della storia italiana. Questo disco è contro. Questa è la corrente opposta di cui senti ancora il soffio se ti affacci alla finestra.

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Pills nädal kakskümmend kolm (consigli per gli ascolti)

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“Le Pills rappresentano il piacere che la mente umana prova quando gode senza essere conscia di godere.”

 

Silvio Don Pizzica
Surfer Blood – Pythons    (Usa 2013)   Power Pop, Alt Rock     3/5
Un disco freschissimo, estivo e con melodie eccezionali. Perfetto per accompagnarvi per i prossimi tre mesi. Pop in salsa Smiths, Vampire Weekend e Strokes ma nessuna idea che possa dirsi minimamente nuova.
Human Thurman – Bye Bye Umani   (Ita 2013)   Alt Rock    3,5/5
Un disco che può sembrare confusionario per la moltitudine di influenze e diverse scelte stilistiche utilizzate ma che, con gli ascolti, rivelerà essere proprio questa sua diversità di spirito il punto di forza.

Max Sannella
Soul Asylum – Hang Time   (Usa 1988)   Rock  4/5
La favola di 4 adolescenti di Minneapolis che trovano l’asse personale sulla via degli Husker Du.
Soul Coughing – Ruby Vroom   (Usa 1994)   Ibrid Rock   4/5
Background dalle forti tinte off, un art rock accattivante quanto sperimentale. Seminali.
The Style Council –  Cape Bleu   (Usa  1984)    Pop Wave   3/5
Spregiudicatezza e nuovi sodalizi stilistici per una band retrospettiva e dal grigio doc.

Maria Petracca
The Muse – Showbiz   (Uk/Usa 1999)  Alternative Rock   4,5/5
Le origini. Il primo album in studio. Quando le chitarre distorte di Matthew Bellamy arrivavano come lance appuntite al petto, e là rimanevano, immobili. Sospese tra stupore e dolore.

Lorenzo Cetrangolo
Brunori Sas – Vol. Uno   (Ita 2009)   Cantautorato, Pop   4/5
Vincitore della Targa Tenco come miglior esordio, il Volume Uno (autobiografico, per la maggior parte) del cosentino Dario Brunori ha fissato su disco lo standard cantautorale “vintage” di questi anni: canzoni semplici, arrangiamenti retrò, recording lo-fi. Da suonare sulla spiaggia.
Transplants – Transplants   (Usa 2002)   Rapcore, Hip Hop   4/5
Piccolo gioiello a metà strada tra punk e hip hop, una creatura ibrida (un “trapianto”) che vede Travis Barker di Blink-iana memoria alle pelli e un caleidoscopico Tim Armstrong (dai Rancid) a quasi tutto il resto. Il disco scivola che è un piacere tra beat californiani, ironia sopra le righe e durezza da ghetto.
AFI – Sing The Sorrow   (Usa 2003)   Alternative Rock, Post-Hardcore   3,5/5
Gioiellino da quella scena americana di punk preciso, melodico, pettinato, un po’ plastificato. Alcune idee ingolosiscono (“Death of Seasons”), altre ci lasciano un po’ interdetti. Se siete rocker (o punx) duri&puri, girate alla larga.

Marialuisa Ferraro
Foals – Holy Fire   (Uk 2013)   Alternative   5/5
Praticamente da sola la tripletta Inhaler, My Number e Bad Habit fa la forza di quest’album. Suggestioni diverse per genere, ispirazioni, contenuti letterari, sensazioni.
Queens of The Stone Age – …Like Clockwork    (Usa 2013)   Stoner Rock    2/5
Ssssse. A me loro non fanno impazzire e ok, sarò partita prevenuta, ma questo disco pretende di essere ruffiano per piacere un po’ a tutti e finisce per non piacere a nessuno, per di più mi trasmette davvero molto poco…

Ulderico Liberatore
Gary Wrong – Knights of Misery   (Usa 2013)   Total Punk   4/5
Stufi delle solite canzonette Pop Punk?! Ecco una band singolare che potrà resuscitare in voi lo spirito
lo spirito antagonista e anarcoide distrutto dai Green Day.

Diana Marinelli
Genesis – Foxtrot   (Uk 1972)   Rock Progressivo   5/5
Bellissimo Rock targato Genesis per un album emblema degli anni settanta. Oltre che a consigliarne l’ascolto mi permetto di consigliare anche di ascoltarlo su vinile.
Myranoir – Ely è Leggiera   (Ita 2013)   Dark Psichedelico, Ambient   3/5
Myranoir nella realtà è Valentina Falcone, musicista che scrive musica dall’età di quattordici anni. Una musica Cantautorale, Psichedelica, con una puntina di Dark e soprattutto coraggiosa nell’affrontare temi importanti come l’anoressia.

Simona Ventrella
Fine Before You Came – Come Fare a Non Tornare   (Ita 2013)   Post Rock    4/5
Dopo una pausa di circa un anno e mezzo il quintetto milanese ritorna con un mini-album. Cinque brani che svelano una nuova veste del gruppo, più matura, cruda e ricca. Il disco è scaricabile gratuitamente dal loro sito, un motivo in più per ascoltarlo.
Omosumo –  Ci Proveremo a Non Farci Male   (Ita 2013)   Elettro Rock   3,5/5
Progetto b-side per Dimartino, Roberto Cammarata e Angelo Sicurella, che si cimentano in questo EP con attitudini e sonorità distanti dalle forma canzone ai quali siamo abituati. Elettronica , synth, chitarre indiavolate e ritmiche da dancefloor, e un bellissimo video del brano omonimo, tutto direttamente da Palermo.

Marco Lavagno
Goo Goo Dolls – Magnetic   (Usa 2013)   Pop Rock   2,5/5
Più ottimista e diretto del precedente “Something For The Rest of us”, ma anche più gommoso e molle. La formula spesso vincente questa volta si infrange in uno scontato sorriso. L’onestà per fortuna rimane intatta.
Lucio Dalla – Canzoni   (Ita 1996)   Pop, Cantautorato   3,5/5
Anche nei momenti meno ispirati Dalla tira fuori interpretazioni come “Ayrton” (pezzo scritto da Paolo Montevecchi). E con estrema naturalezza il pilota ora vola in cielo e persino il suo bolide prende corpo. Una di quelle canzoni per cui vale la pena comprare un album.

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Artefacendo Rock Festival

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Ci sarà anche Rockambula alla terza edizione di Artefacendo Rock Festival. Il contest che si terrà Sabato 22 giugno, ore 21.00, San Giovanni Rotondo in Piazza Europa, prevede la partecipazione di sette band: saliranno sul palco Figli di Bacco, Speranze Perdute e Red Dust di San Giovanni Rotondo, Paper Walls e Stereofab di Manfredonia, Psilocibe di Troia, Johnny Freak di Cassino, nostra vecchia conoscenza.

La giuria sarà composta da Marco Di Sabato, Pasquale Arena, Maria Petracca, che rappresenterà proprio la nostra webzine; Michele Bisceglia e Donato Perrone.

Per tutti i dettagli, visitate il sito Artefacendo

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Pills dudek du semajno (consigli per gli ascolti)

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“Ascoltando Pills calme e malinconiche, quando, nell’isolamento di una malattia, il nostro passato si riduce a pura materia di contemplazione, siamo come trasportati in un senso dell’esistenza alto e rarefatto. E nelle Pills è qualcosa di una giustizia austera e tuttavia compassionevole, che toglie ogni cruccio al ricordo delle nostre sconfitte, e amorosamente ci distacca dai nostri stessi desideri..”

Silvio Don Pizzica
Sigur Rós – Kveikur    (Isl 2013)   Post-Rock, Dream Pop     3,5/5
Un tre e mezzo che domani sarà un quattro. Gli islandesi riescono a reinventarsi senza distruggere la loro natura. Un disco fremente come lo era Takk ma meno furbo di Takk, capace di suscitare atmosfere belliche con sonorità industrial per poi sfociare in paesaggi di Ambient delicatissimo. Una sorpresa, visto che non è proprio il loro esordio
These New Puritans – Field of Reeds   (Uk 2013)   Art Rock, Post-Rock   4,5/5
Dopo un esordio non brillante e un’ottima seconda prova, la band britannica sembra giunta al capolavoro di una carriera. Devo ascoltare ancora tante volte, prima di dare un giudizio definitivo ma quelle contenute in Field of Reeds più che canzoni suonano come opere d’arte. Disco dell’anno?
BeMyDelay – Hazy Lights   (Ita 2013)   Folk Rock   3/5
Per l’italianissima Marcella Riccardi un lavoro difficile da inquadrare, tra rimandi al Folk, al Blues e alla psichedelia, evidentemente sincero e pieno di sè che però  non riesce a trovare una propria dimensione compiuta, lasciandoci in un limbo privo di emozioni

Max Sannella
Ritmo Tribale – Psycorsonica   (Ita 1995)   Rock   5/5
Da Milano la risposta alle allucinazioni americane, un pezzo di storia rock italiano fondamentale degli anni 90
La Crus – La Crus   (Ita 1995)   Rock Cantautorale   4/5
Forte accento di cose importanti nella nuova canzone italiana, Giovanardi marca stretto poesia ed intimità d’autore
Mau Mau –  Soma La Macia   (Ita 1992)    Etno-Rock   4/5
Il circus fantasmagorico di Morino, tra calienti tracciati e ritmi world la rivoluzione meticciata per nuove frontiere sonore

Maria Petracca
A Toys Orchestra – Technicolor Dreams   (Ita 2007)   Alternative Rock   4/5
Ci sono sogni sonori di tutti i tipi in questo disco: tranquilli, malinconici, movimentati, aggressivi, macabri ed infine incubi che provocano veri e propri attacchi di panico. Tante tonalità emotive, in perfetto stile Technicolor
The Cure – Wish   (Uk 1992)   Rock, Dark   4,5/5
Quando la musica ha un carattere schivo ed introverso al quale si alternano momenti di euforia. Quando “To Whish Impossible Things” ti sbatte in faccia la triste verità: i tuoi desideri sono rimasti semplicemente tali. Quando lanceresti le gambe al vento gridando al mondo “Friday I’m in Love”

Lorenzo Cetrangolo
In Zaire – White Sun Black Sun    (Ita 2013)   Psichedelica, Rock    4/5
Disco concettuale e per gran parte strumentale per una band capace di portarti in viaggio lungo sentieri poco battuti ma molto interessanti. Da trip
Mamuthones – S/t   (Ita 2011)   Etnica, Ambient, Drone   3,5/5
Riti tribali e atmosfere inquietanti. Un disco da non ascoltare nella solitudine della notte. Tornate uomini primitivi tra le ondate ritmiche e ossessive di questi sette brani indefinibili
Ehécatl – S/t   (Fra 2011)   Stoner Doom, Psichedelica    3,5/5
La sezione ritmica dell’apprezzatissimo trio stoner francese Blaak Heat Shujaa sforna un disco di “stoner doom precolombiano”. Ascoltare per credere

Marco Lavagno
Linkin Park – Minutes to Midnight    (Usa 2007)   Rock, Crossover   3,5/5
Rick Rubin mette le mani su una miniera d’oro ma dal cuore di plastica. Plasma da dentro e dona linfa e personalità a vene sintentiche. I Linkin Park finalmente escono dalla triste omologazione del mainstream americano
Jovanotti – Ora   (Ita 2011)   Pop, Elettronica   5/5
Questa elettronica è calda, fuoco puro. Un’artista che trapassa i decenni e le mode con il suo immortale sorriso

Ulderico Liberatore
Christine Plays Viola – Innocent Awareness    (Ita 2008)   Darkwave   4/5
Uno modo originale di essere. I CPV hanno portato avanti un genere in cui in Italia non avrebbe scommesso nessuno ma loro ce l’hanno fatta ad uscire dal bel paese e presentarsi sui palchi europei con grande stile

Diana Marinelli
Carnicelli Martelli – Chitarra Pianoforte    (Ita 2012)   Musica Classica    5/5
Due importanti concerti di musica classica, eseguiti dal chitarrista siciliano Marco Vinicio Carnicelli e la pianista bolognese Alice Martelli. J. Rodrigo e Mario Castelnuovo Tedesco per una tecnica classica impeccabile.

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DotVibes – Shine a Light on me

Written by Recensioni

Sarò sincera: per chi non ama particolarmente la musica Regga e l’ascolto di un intero EP riguardante il genere può diventare una vera sfida. Tuttavia, lungi da me l’idea di chiudermi in inutili pregiudizi invece di spalancare le orecchie per ampliare i miei orizzonti musicali (e culturali). Le premesse che accompagnano il disco, tra l’altro, sono delle migliori: il singolo “Now Think About it”, uscito a Gennaio, è stato infatti trasmesso in alta rotazione su Mtv Music. Incuriosita premo play e mi addentro nel nuovo EP dei DotVibes, “Shine a Light on me”. “Ring my Alarm (Last Chance)” comincia a suonare a ritmo di Reggae senza però farsi mancare alcuni riferimenti elettronici: un modo originale per far suonare la sveglia del titolo.  In “I’m Here” gli effetti elettronici continuano a persistere, anche nelle distorsioni della voce, mentre l’intero brano si colora di una tonalità più Hip-Hop.

Con “Non mi Volto Mai” arriva il primo ed unico pezzo in italiano dell’EP (negli altri pezzi la lingua utilizzata è l’inglese) ed il primo brano del disco che vede l’utilizzo dei fiati.  Con “Now Think About me” e “Where Should I go” si ritorna all’inglese, le sonorità elettroniche rifanno capolino ed il ritmo diventa a tratti più sostenuto, un’altro dichiarato tentativo di avvicinarsi in alcuni momenti all’Hip-Hop. Nel primo pezzo, in particolare, di una potente bellezza sono i bassi che si fanno sentire senza nascondersi, insieme ai fiati che ritornano a fine canzone e ben si sposano con i suoni elettronici che accompagnano tutto il brano.

“Dub a Light on me” è un pezzo che si proietta su di uno scenario ancora diverso: quasi totalmente strumentale, diventa a tratti più inquieto perdendo il ritmo spensierato del Reggae che inevitabilmente  trascina verso uno stato d’animo di spensieratezza e relax. Per questo pezzo esiste inoltre una Dub version (non presente nell’EP) che porta la firma di Paolo Baldini. Alla fine del mio ascolto posso ritenermi soddisfatta e contenta di non aver ceduto a qualsiasi forma di pregiudizio. Lo stile dei DotVibes si colora di sfumature sonore, contaminazioni di stili e pluralità linguistiche che lo rendono pienamente originale. Se l’intento del gruppo è quello di rompere gli schemi, a mio parere, l’obiettivo può ritenersi raggiunto.

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Tunatones – Vulcano

Written by Recensioni

Vi è mai capitato di precipitare in un Vulcano e ritrovarvi ad intraprendere un viaggio nel tempo verso sonorità appartenenti agli anni ‘50? A me si, ed è stato un viaggio per niente spiacevole. Comincia così la mia avventura in compagnia dei Tunatones e del loro ultimo album: Vulcano, per l’appunto. Il sottotitolo del disco parla chiaro: a New Exotic Rockabilly Adventure! Ok. Tra vulcani ed avventure esotiche credo che dovrò prepararmi a un’atmosfera molto hot. E così è, infatti! Già dalla prima traccia, “El Tiburon”, totalmente strumentale, capisco che in questo disco non si scherza affatto; qui ragazzi si rockeggia alla grande. L’album ha un incipit pazzesco, capace di creare la stessa suspance e che potrebbe provocare la caccia di uno squalo in mare; il pezzo lo immagino perfetto come colonna sonora di un film di Tarantino.

A partire dalla seconda traccia“Rockin’ The Highway” il genere musicale dominante in tutto l’album diventa pienamente riconoscibile. Il Rockabilly prende il sopravvento e l’immaginazione si sposta verso un’autostrada di suoni fatti di ritmo e velocità, da percorrere in moto ascoltando magari “Me And my Motorbike”; è la stessa autostrada dove qualche volta capita anche di dare un’accelerata alla propria vita, che inaspettatamente sembra decollare fino a farti sentire -perché no? – “Like a Goddess”.
Quando arriva il momento di “B.F.D.” la velocità incalzante del Rock’n’Roll cede il posto ad un ritmo più calmo, romantico; il lento perfetto per un ballo scolastico di vecchio stile. Nel pezzo successivo, “Night Has Never Been”, il ritmo continua la sua discesa verso il basso fino ad arrivare a toccare le note del Blues.

Con “Bonneville Speed” il disco riprende la sua corsa veloce per condurci al gran finale con “Heavy Medley”, un medley nel quale vengono riproposti tre grandi capolavori del Rock (“Hells Bells” degli AC/DC, “Run to The Hills” degli Iron Maiden ed “Enter Sandman” dei Metallica) tutti rivisitati ovviamente in chiave Rockabilliana stile Tunatones.
Non poteva esserci titolo diverso per quest’album, un concentrato di energia esplosiva che coinvolge a tal punto da non riuscire a rimanere fermi: sfido chiunque a non battere i piedi a ritmo di musica durante l’ascolto. Energia, movimento e tanta voglia di prendere la vita con più leggerezza; questi ed altri ancora gli ingredienti del disco dei Tunatones. Un vero Vulcano, insomma.

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