Mark Lanegan Tag Archive

“Voglio Una Pelle Splendida” feat. Samuel Romano anticipa l’edizione speciale di HAI PAURA DEL BUIO?

Written by Senza categoria

Esce l’11 marzo, per Universal Music, l’edizione speciale di Hai Paura del Buio?, album storico egli AFTERHOURS, pubblicato nel 1997, e definito dalla critica musicale come miglior disco della musica indipendente italiana degli ultimi vent’anni. Il brano “Voglio Una Pelle Splendida” interpretato insieme a Samuel Romano anticipa il disco nelle radio a partire dal 28 Febbraio. Il progetto vede coinvolti diversi artisti di spicco della musica italiana ed internazionale che hanno collaborato con gli Afterhours: Hai paura del buio? feat. Damo Suzuki; 1.9.9.6. feat. Edoardo Bennato; Male di miele feat. The Afghan Whigs; Rapace feat. Negramaro; Elymania feat. Luminal; Pelle feat. Mark Lanegan; Dea feat. Il Teatro degli Orrori; Senza finestra feat. Joan as Policewoman; Simbiosi feat. Der Maurer + Le Luci della Centrale Elettrica; Voglio una pelle splendida feat. Samuel Romano; Terrorswing feat. John Parish; Lasciami leccare l’adrenalina feat. Eugenio Finardi; Punto G feat. Bachi da Pietra; Veleno feat. Nic Cester; Come vorrei feat. Piers Faccini; Questo pazzo pazzo mondo di tasse feat. Fuzz Orchestra + Vincenzo Vasi; Musicista contabile feat. Marta sui Tubi; Sui giovani d’oggi ci scatarro su feat. Ministri; Mi trovo nuovo feat Rachele Bastreghi; Televisione (2014) feat. Cristina Donà + The Friendly Ghost of Robert Wyatt; special track: Male di miele feat. Piero Pelù.

Il brano in questione prima dello scempio.

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Mark Lanegan – Imitations

Written by Recensioni

Luogo di ascolto: in macchina nel tentativo disperato di incassare un assegno prima del fine settimana.

Umore: come di uno che sta per fare un fine settimana dispendioso.

Mark Lanegan è affetto da un morbo serio e debilitante, nel suo caso è stato colpito da poco e la malattia è solo ai primi stadi: l’ex vocalist degli Screaming Trees è malato della sindrome di Morgan. Già, quella malattia che nei periodi di magra creativa spinge l’ex leader di una band ben riuscita ad uscire con dei dischi di meravigliose canzoni di altri, o come fa figo chiamarle, cover. Certo nel caso di Morgan la malattia che giustamente porta il suo nome è ai massimi livelli, il suo personaggio televisivo oramai è diventato ipertrofico rispetto alla caratura di artista di cui oramai non si ricorda nemmeno un pezzo degno di nota ma molte acconciature di gran bizzarria. Torniamo a Lanegan, Imitations (il titolo è chiaramente esplicativo degli intenti con cui lo si è registrato, evidentemente) è un disco di cover a cui non si può voler male ma nemmeno dire un mondo di bene. L’occhio tra le dodici canzoni che compongono la tracklist mi è caduto subito sull’ultima, “Autumn Leaves” quindi l’ascolto ha seguito una strada piuttosto sghimbescia (per quelli che leggono Signorini, significa storta): era troppa la curiosità di sapere come sir Lanegan avesse affrontato il pezzo più interpretato del sistema solare, sconquassato da sbrodolamenti jazzistici per 40 anni, infangato con versioni in inglese tradotte a membro di segugio (per i lettori di Signorini: a cazzo di cane), deturpato con pronunce francesi improponibili da parte per lo più di inglesi che non sanno altre lingue e dicono agli italiani che non sanno cantare in inglese. Direi che con “Autumn Leaves”, date le premesse, Mark se l’è cavata abbastanza bene; nulla di più però di un buon pezzo riarrangiato in maniera da calcare finalmente il battere di ogni accordo come mi ero disabituato a sentire dopo decenni di spostamenti ritmici swing, con un bell’arrangiamento di archi e batteria in modalità spazzole.

Mark Lanegan penso sia l’unico al mondo, al pari di Johnny Cash, a potersi permettere di cantare a tonalità subumane, avere la presenza scenica della stele di Rosetta (per i lettori di Signorini, il gossip qui non c’entra, Rosetta non è mai entrata nella casa del grande fratello) e al tempo stesso rapirti dal vivo come se non ti trovassi più a casa tua o in un palazzetto dello sport. Quando ascolti la voce di Mark Lanegan la sabbia che al mare trovi nelle pieghe dei pantaloni diventa terra rossa del deserto del Mohave e il cellulare in tasca diventa una pistola nella fondina. Quando ascolti tutte quelle chitarre arpeggiate dal suono così antico e al tempo stesso così caldo pensi di aver sbagliato a nascere nel vecchio continente e ti bombardi il cervello di suggestioni cinematografiche. Imitations poi non è cantato male, anzi; Lanegan dimostra di essere anche un ottimo emissore di note medio alte, arricchendo la sua tavolozza vocale di sfumature che sinceramente non credevo ci fossero. “Brompton Oratory” è un pezzone, davvero azzeccata l’interpretazione e la cornice, “Mack the Knife” è troppo simpatica in veste Country con le acustiche a fare il contrappunto alla melodia della voce, “Elegie Funebre” invece sembra cantata invece che in francese in coreano tanto è brutta la pronuncia . Il disco non è malaccio, ma è sempre un disco di cover e per di più senza nemmeno rischiare tanto, lo vedrei bene come colonna sonora di Nashville, la nuova serie Sky sul Country, ma nulla di più. Da un popò di artista così è lecito e doveroso aspettarsi un disco solo quando ha materiale per farlo, mica deve pagare le bollette come Morgan.

Almeno spero.

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Diaframma 06/12/2013

Written by Live Report

Sempre pieno di grinta Federico Fiumani con i suoi Diaframma è tornato il 6 Dicembre a calcare un palco in terre abruzzesi, più precisamente quello del Tipografia di Pescara. Ad aprire la serata sono stati gli Edith Aufn, gruppo influenzato da Sigur Ròs, Kyuss, Nick Cave, Radiohead, Mark Lanegan (e chi più ne ha più ne metta) che ha già un discreto curriculum di esperienze alle spalle ma che non ancora riesce a sfondare nell’Olimpo del Rock italiano. La loro esibizione passa comunque veloce perché tutti erano lì per vedere il grande gruppo fiorentino che gira in lungo e in largo l’Italia da trentacinque anni attraversando stili che vanno dal Dark al Post New Wave, dal Punk al Rock.

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Tuttavia l’anima cantautorale di Fiumani si fa spesso viva in maniera onirica ed acida, con la sua timbrica inconfondibile, aiutato da una sezione ritmica (Luca Cantasano e Lorenzo Moretto rispettivamente al basso e alla batteria) e da una seconda chitarra, Edoardo Daidone, che non gli ruba mai lo spazio da leader assoluto e che anzi riesce a ritagliarsi anch’essa un ruolo di rilievo. La formazione a quattro è ormai una solida realtà, brevettata già in precedenti concerti, ma per il sottoscritto è stata la prima occasione per ammirarla live. Il locale è pieno di fan che lo seguono da sempre, che ripetono a squarciagola le liriche delle canzoni, che però rimangono fermi ed impassibili quasi in adorazione del proprio idolo musicale. Quando vai a un concerto dei Diaframma sei già sicuro di ciò che trovi, ma l’occasione di ascoltare le canzoni del nuovo album Preso nel Vortice  alternate alle grandi hit quali “L’Odore delle Rose” e “Blu Petrolio” che rispettivamente aprono e chiudono il concerto è davvero ghiotta. Trova spazio anche una graditissima sorpresa, “Venus” dei Television di Tom Verlaine, Fred Smith, Billy Ficca e Richard LLoyd, da sempre uno dei gruppi più apprezzati e stimati da Fiumani. Rimane quindi da chiedersi se ci sarà mai qualcuno in grado di raccogliere l’eredità musicale che la band fiorentina sta lasciando nel corso degli anni…

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Tuttavia i Diaframma sono ancora lì a deliziarci con i loro capolavori sonori e di fermarsi non ci pensano proprio! Anzi…

Di recente hanno persino pubblicato una versione in vinile con allegato cd del loro grande classico Siberia che nel lontano 1984 aprì le porte ad un’intera generazione di musicisti che da anni cercavano invano di imporre l’Indie Rock al grande pubblico. L’edizione è stata stampata in sole 999 copie e perciò negli anni diventerà sicuramente un prezioso oggetto da collezionismo da non farsi quindi sfuggire! A fine concerto da segnalare che Federico Fiumani si è prestato volentieri anche a firmare autografi (solo al sottoscritto almeno una ventina!) e a fare foto e a scambiare due chiacchiere con tutti coloro che lo hanno atteso. Grande conclusione di una serata perfetta passata in compagnia del nostro direttore Riccardo, della sua fidanzata, di due loro amici e del mio fido compagno di avventure (e disavventure) concertistiche Carlo. Ma questi sono solo fatti miei, per cui ora prendete il cd di Preso nel Vortice e lasciatevi deliziare dalle sue note!

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Mark Lanegan & Duke Garwood – Black Pudding

Written by Recensioni

Mark Lanegan non è nuovo alle collaborazioni e questo connubio con Duke Garwood è azzeccatissimo. Chitarre sovrapposte, arpeggi eleganti e percussioni abissali per farci trasportare in questo fondale che è la musica di Lanegan. Garwood è un ottimo chitarrista e Mark, in un’intervista, rivela di aver sempre sognato di lavorare con lui un giorno, marketing a parte. Tutto il resto lo fa la sua voce che molti paragonano a Tom Waits o alla profondità di Leonard Cohen. Ed è così, nulla da eccepire, voce meravigliosa, stupenda. Qui voglio solo sottolineare che in questo album in particolare, la cadenza Minimal Blues la fa da padrona anche sulla voce. E se qualcuno dicesse che ascoltandolo tutto si annoia, probabilmente non si è lasciato trasportare da questo mood che riporta il Blues sui palchi del Rock. C’è da dire che chi si aspettava un lavoro simile agli ultimi da solista troverà sicuramente uno scostamento, soprattutto con il Lanegan degli esordi, ma nulla di stravolgente siamo comunque più o meno in linea con il precedente Blues Funeral uscito l’anno scorso. Probabilmente l’avanzare degli anni sta tingendo sempre più la sua anima “nera”.

Il titolo dell’album la dice lunga sulle loro intenzioni, Black Pudding, letteralmente “Budino Nero”. Non ci vuole molto a capire, ascoltandolo troverete ambientazioni Blues fatte da sfumature nere e malinconiche tipiche di questa musica. Tra i brani consiglio l’ascolto di “Mescalito” stupenda ballata lisergica con drum machine di sottofondo ad alzare il tiro o la passionale “Sphinx” che contribuisce a rendere l’ album un cult.  “Death Rides a White Horse” con la splendida chitarra di Garwood, un ronzio di violino in sottofondo,e la sua infinita poesia è il pezzo che più riassume questa impresa. “Cold Molly” e le sue percussioni sintetiche che la rendono incredibilmente sensuale (provare per credere). E “Shade of the Sun” brano fortemente spirituale dove Mark chiede a un Dio, indifferente nei suoi confronti e che vuole allontanarlo, di liberarlo dalle sue pene: “Kept a hammeringawayat the gate / I kept a-knocking / But I was far too late”. Tutto questo accompagnato da perfette ritmiche e arpeggi profondi di chitarra nel puro stile dei due.

Nel complesso l’ascolto conduce ad un’atmosfera che potrebbe essere perfetta per una colonna sonora di un film, ha tutte le carte in regola per condurre una narrazione on the road. Un connubio di chitarre Blues con la profonda voce di Lanegan, indiscutibilmente eccezionale, accompagnata da Garwood con i suoi  sottofondi campionati al dettaglio per centellinare la pienezza del suono e completare questa strepitosa opera.

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MARK LANEGAN: TORNA IN ITALIA CON LA SUA BAND!

Written by Senza categoria

Noto songwriter di raro talento, Mark Lanegan è in grado di elevare le proprie canzoni a vera trance folk. L’esordio solista risale al 1990 ed è negli stessi anni che Lanegan mostra il suo inestimabile talento musicale, dapprima con gli Screaming Trees, una delle band di punta del movimento grunge di Seattle, e successivamente con le numerose collaborazioni di cui si è circondato, tra un progetto solista e l’altro. Il primo album solista, The Winding Sheet, vede la collaborazione di Kurt Cobain e Krist Novoselic su una cover di Leadbelly.
Tra atmosfere dark, cantautorato americano, soul, blues e rock’n’roll, la voce baritonale di Mark Lanegan non può far altro che riflettere la vena tormentata dell’artista stesso, che non manca mai di affrontare tematiche personali. Nel 2004, con Bubblegum, a Lanegan si affianca una vera e propria band, che annovera membri di Guns N’Roses e Josh Homme dei Queens Of The Stone Age. Nello stesso anno l’artista inizia una collaborazione con Isobel Campbell, ex Belle & Sebastian, che sfocia nel 2006 con la realizzazione di un album acustico dal forte timbro inconfondibile di Lanegan.

Al primo disco ne seguono poi altri due, e nel frattempo l’artista americano collabora con Greg Dulli nel progetto Gutter Twins. Per citare altre prolifiche collaborazioni di Lanegan basta indicare Queens Of The Stone Age, Soul Savers, UNKLE e Twilight Singers. Nel 2012 Lanegan pubblica l’ultimo album solista, a distanza di otto anni dall’ultimo Bubblegum. Blues Funeral è un disco di straordinaria bellezza, tra aggressività rock, folk blues ed infuenze anni Ottanta. Osannato dalla critica mondiale e registrato ad Hollywood da Alain Johannes presso l’11ad Studio, l’album vede la partecipazione di Greg Dulli e Josh Homme dei Queens Of The Stone Age.
15 LUGLIO 2013

VILLA ARCONATI – CASTELLAZZO DI BOLLATE (MI)
Apertura porte Ore: 20.00 – Inizio Concerti Ore: 21.30
prezzo del biglietto: posto unico: 22 euro + diritti di Prevendita

Prevendite attive su Ticketone dalle ore 10.00 di mercoledì 27 marzo e dalle ore 10.00 di mercoledì 3 aprile in tutte le prevendite autorizzate

Informazioni su come acquistare i biglietti:

Ticketone – www.ticketone.it – 892.101

Vivaticket – www.vivaticket.it – 899.666.805

Mailticket – www.mailticket.it – 199.446.271

L’organizzatore declina ogni responsabilità in caso di acquisto di biglietti fuori dai circuiti di biglietteria autorizzati non presenti nei nostri comunicati ufficiali
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Mark Lanegan Band – Blues Funeral

Written by Recensioni

Ci aveva lasciato con Bubblegum nel 2004, otto anni d’altro in cui Mark Lanegan ha frequentato altre piste sonore, si è dato a nutrire amicizie collaudate e collaborazioni musicali lasciandosi alle spalle le sue ombre, l’alito alcolizzato ed il puzzo di nicotina come preso da un’ossessione di uscire dal seminato per far perdere le sue tracce da uomo dannato; poi il ripensamento, la voglia di tornare a scrivere di pugno la summa di queste nuove esperienze e le circoscrive in Blues Funeral, l’album del ritorno sulle scene nella morfologia come lo avevamo conosciuto, bello e dannato con i suoi fantasmi blues, le nevrosi rock e appeso ad una voce che fa salire e bollire il sangue come in un tino di mosto eccellente.

Nessuna trasformazione, nessuna sopravvivenza al tempo che scorre, solo un’ombra che si riforma per seppellirti d’eccellenze musicali floreali (già la cover è un preludio al divino fango in cui quei fiori hanno gli steli infilzati) e per condurti nel fondo delle sue stanche umane, senza maschere, parti o copioni da riassumere, Lanegan ama sempre la sua solitudine ma ha imparato a spalancare i suoi vizi al mondo, ci aggiunge un’ elettronica dosatissima e ci ospita  negli androni delle sue storie affaticate e splendide; un artista che è uscito dagli anni novanta col coraggio, da sempre nella maledizione umana delle grandi firme americane e presente nell’oggi con una forza malata che lo contraddistingue tra le poetiche più diverse e lo trascina a rappresentare ovunque quell’anima selvaggiamente irsuta che commuove e fa incazzare.

L’ex voce degli Screaming Trees, accompagnato da Greg Dulli, Josh Homme e Jack Irons e prodotto dal californiano Alain Johannes, srotola ben dodici tracce avvinazzate, laide di poemi e sguardi in tralice che tradiscono una vena – non più sclerotica – che pare sorridere sotto i baffi durante i resoconti sonori che passano uno dietro l’altro; orecchie dritte sui paesaggi oscurati che cadono in “Gray goes black”, sopra la magrezza intima ed acustica di “Deep black vanishing train”, il mantello wave che ricopre “Ode to sad disco”, i riff roboanti che graffiano “Ryot in my house”, “The gravedigger’song”, ed il blues denutrito ed impossessato che  si fregia in “Bleeding Muddy Waters”.  

Tutto quello che rimane intorno è vita vissuta fino alla ghiandole dello spirito, un Lanegan che muore e rinasce nello stesso momento che un brano finisce ed un altro che si fa avanti senza chiedere mai permesso.  

 

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